PREZZO ABBASSATO FLOP ASSICURATO - I PRODOTTI TECNOLOGICI LOW-COST SEMPRE PUNITI DAI CONSUMATORI

Valerio Maccari per "Affari & Finanza - la Repubblica"

Sarà il desiderio dei fan della tecnologia di volere il meglio, di esibire uno status symbol. O forse è per via degli sconti ritenuti insufficienti o di una sottile sfiducia nei confronti dei brand percepiti come minori, un po' come accade per quelle persone che non vogliono prendere i farmaci generici pur riconoscendone l'efficacia. Sta di fatto che nella tecnologia il low-cost fa flop.

E' capitato perfino alla Apple: il lancio dell'iPhone 5c, il suo primo smartphone a basso costo, è stato accolto da pubblico e critica con un entusiasmo decisamente inferiore alle aspettative della casa, vendendo - secondo le rilevazioni di Consumer Intelligence Research Partners - circa la metà dei pezzi del suo corrispettivo di alta gamma, l'iPhone 5S. Addirittura, il 5C ha mancato il sell out - l'esaurimento delle scorte disponibili - nei primi giorni di lancio, una novità nella storia di iPhone.

E un dato sorprendente per Apple, che aveva scommesso sul modello, il cui prezzo è di circa 100 euro inferiore al 5S, proprio per allargare la base utenti dello smartphone più famoso del mondo. Ma i consumatori, vuoi per uno sconto percepito troppo basso, vuoi perché decisi ad investire sulla migliore tecnologia possibile, non si sono lasciati convincere, convergendo in larga parte sull'acquisto del 5S, che costituisce il 67% - spiegano i dati Cirp - dei 9 milioni di nuovi iPhone venduti nella prima settimana di lancio.

Tanto da spingere la Apple, secondo quanto dichiarato da numerosi analisti e fornitori di componenti, a invertire la rotta e a ridurre consistentemente (si parla del 20%) la produzione dell'iPhone low-cost, incrementando allo stesso tempo quella della versione di alta gamma, che invece ha riscosso sui mercati il consueto successo. Ma non è certo l'unico caso.

La rivale Samsung, che in occasione del lancio dello smartphone Galaxy S4 aveva introdotto anche una versione mini, nelle caratteristiche e nel prezzo (di poco superiore ai 300 euro), si è scontrata con lo scarso interesse dei consumatori. Secondo la rivista DigiTimes, il piccolo smartphone, non ha fatto breccia nel cuore degli utenti, che hanno deciso di risparmiare orientandosi sul Galaxy SIII full-size, ormai reperibile allo stesso prezzo del nuovo S4 mini ma dotato ancora delle caratteristiche - come lo schermo di grandi dimensioni - tipiche dei dispositivi top di gamma. Stesso discorso per Nintendo.

Il gigante giapponese dei videogiochi, che sta attraversando una profonda crisi di vendite, ha puntato sul low-cost per recuperare posizioni. E ha immesso sul mercato il 2ds, versione riveduta e corretta (al ribasso) della sua console portatile 3ds. Il nuovo modello, come suggerisce il nome, elimina la capacità di visualizzazione in tre dimensioni dello schermo, oltre a presentare un fattore di forma ridotto e senza possibilità di essere ripiegato su se stesso.

Una strategia di progettazione il cui obiettivo è ridurre sia il consumo della batteria che il prezzo per l'utente finale: circa 130 dollari, 20 in meno del 3ds ufficiale e circa 50 in meno della versione dallo schermo più grande, il 3ds Xl. Anche in questo caso, però, la risposta da parte dei consumatori è stata molto fredda: lanciato ad inizio ottobre, il 2ds non deve aver goduto di una ricezione attenta, se alcune catene di retailing di videogiochi e console hanno già iniziato tagliarne ulteriormente il prezzo: è successo, ad esempio, nel Regno Unito, dove le catene Sainsbury e Tesco hanno provato a rivitalizzare l'interesse dei consumatori abbassando il price-point da 109 sterline a 99.

Lo stesso accadde all'arci-rivale di Nintendo, la Sony: nel 2011 la casa giapponese ha lanciato una versione economica della Playstation portatile, la Psp-E1000, per aumentare le vendite delle sue console mobili. Ma il modello ha fatto un buco nell'acqua, mancando perfino l'arrivo sugli scaffali in molte catene di retailers.

Colpa, sostengono gli esperti di marketing, della percezione dei nuovi dispositivi lowcost come alternativa economica, ma nel senso deteriore del termine, dell'oggetto del desiderio. Un fenomeno di cui ne sono ben coscienti i rivali di Apple. Che nel tempo ha accumulato intorno ai suoi brand un capitale di fiducia che li rende inattaccabili dalla competizione di modelli più budget-friendly.

E' quello che è capitato a Google, che con il suo Chrome-Book ha sfidato sul piano del prezzo il MacBook Air e ne è uscito sonoramente sconfitto. Ma il fenomeno si osserva ancora più chiaramente nel mercato dei tablet, dove iPad di Apple è diventato un punto di riferimento che non teme rivali low-cost. Che, nonostante la maggiore convenienza, non sono riusciti a scalfire il domino della tavoletta della mela, come insegnano le esperienze di Asus e ancora di HTC e Google: i consumatori continuano a scegliere iPad, visto come il top dell'offerta tecnologica.

Ne è testimonianza la parabola del Touch-Pad, il tablet di HP: lanciato nell'estate del 2011 con un prezzo di qualche centinaio di dollari inferiore al contemporaneo iPad 2 di Apple, la tavoletta è passata praticamente inosservata agli occhi dei consumatori, nonostante un rapporto capacità/prezzo decisamente vantaggioso e caratteristiche tecniche di tutto rispetto.

Tanto da costringere HP prima a un taglio di altri 100 dollari sul prezzo, e poi a staccare la spina, dopo appena 7 settimane. Il bilancio del tentativo di HP è stato decisamente in rosso: per acquistare Palm, la casa produttrice del sistema operativo del TouchPad, la società aveva speso appena un anno prima 1,2 miliardi di dollari.

 

 

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