1- SIETE PRONTI PER IL FILM PIÙ SGANGHERATO E TRUCULENTO E VOLGARE (FRA I SUOI TOP: “ME SE RANTOLA IL CULO”, “ME STA A VENÌ ’NA PROSTATA GRANDE COME ’NA NOCE DE COCCO!”)? 2- FIGLIO STRETTO DI BOMBOLO, FRANCO & CICCIO E DEL CAPOLAVORO DI DINO RISI “I MOSTRI” MA ANCHE DELLA CULTURA DELLA GLORIOSA MTV ITALIANA, DELLA DIGESTIONE RAPIDA DEL ROMANO DI SORDI-VERDONE-FUNARI-CIPOLLA, “I SOLITI IDIOTI” CON BIGGIO E MANDELLI È QUALCOSA DI PIÙ DEL TENTATIVO DI RIPETERE IL SUCCESSO DI CHECCO ZALONE 3- UN FONDAMENTALE ARTICOLO DI CONCHITA DE GREGORIO, IN PRIMA PAGINA SU “REPUBBLICA”, CERCA DI CAPIRE PERCHÉ I RAGAZZETTI PREFERIRANNO QUESTO FILM A “THIS MUST BE THE PLACE” CON SEAN PENN DI “INCALCOLABILE BRAVURA”. LA VERA RIUSCITA DEL FILM, MAGARI NON COSÌ RAGIONATA, È PROPRIO NELLA SUA COSTRUZIONE LINGUISTICA E NEL RAPPORTO PADRE-FIGLIO MESSI IN SCENA. “DAI CAZZO!”. E’ QUESTO CHE LO RENDE COSÌ MODERNO, IRRIVERENTE E SCATENATO. MOLTO PIÙ DI SEAN PENN IN “THIS MUST BE PLACE”

LO SPECIALE SUL FILM, 13 MINUTI DAL SITO DI MTV
http://ondemand.mtv.it/serie-tv/soliti-idioti/s03/soliti-idioti-il-film-speciale

Marco Giusti per Dagospia

"Dai cazzo!". 550 copie. Un produttore, Pietro Valsecchi, che giura che gli incassi saranno da 8 milioni di euro in su. Minimo. Gli avremmo dato del megalomane, ma dopo gli incassi dei due film di Zalone... Un regista, Enrico Lando, classe 1966, non un ragazzino insomma, già autore delle due stagioni dell'omonima sitcom in tv (e autore di un corto con Marco Paolini nel 2009) che non viene mai nominato (così va la vita...).

Due protagonisti, Francesco Mandelli, già noto come il "non giovane" o "nongio" dei migliori anni di MTV, poi triturato nei natali di De Laurentiis e negli spot dell'Acqua Rocchetta, e Francesco Biggio, da anni suo partner a MTV, che nessuno sa bene che faccia abbiano. Qualche ragazzetta in carne, come Madalina Ghenea, modella rumena già vista negli spot della Tre con Raoul Bova, già fidanzata del calciatore Borriello e ora addirittura di Di Caprio. Ovviamente studia da Belen.

Tutto girato tra Milano e Bergamo, coi nordici che fanno i romani (questo per i romani è inconcepibbile...). E, soprattutto, un fondamentale articolo di Conchita De Gregorio che in prima pagina su "Repubblica", sgomitando con Natalia Aspesi impazzita dietro lo "scapolone impenitente" Maurizio Cattelan in mostra al Moma di New York, cerca di capire perché i ragazzetti preferiranno questo film a "This Must Be The Place" con Sean Penn di "incalcolabile bravura". Ovviamente si scorda di dire che anche questo è prodotto da Medusa-Berlusconi.

Il tutto mentre il paese affonda e i soliti idioti del titolo del film, più che autori e produttori, magari siamo proprio noi. E' il grande evento della stagione, forse anche più della mostra al Moma di Cattelan ("e' un cinquantunenne molto giovanile", cinguetta l'Aspesi), più dell'arrivo al Festival di Roma di Richard Gere ("Richard Gere ce fa na pippa", già cantava Gmax), più della prima tv del nuovo programma di Michele Santoro, "Servizio Pubblico", relegato a pagina 60 da "Repubblica" assieme alle notizie che Belen è davvero incinta e Hugh Grant è diventato papà.

"Dai cazzo!" E' l'Italia che amiamo. "Ma che paese è questo?" si domandano i protagonisti del film, il nerd Gianluca (Biggio) e il terribile padre romano Ruggero "Dai cazzo!" De Ceglie (Mandelli) di fronte alla coda in autostrada per un incidente stradale. Loro, scambiato il Jaguar con un'autoambulanza per avere il via libera sulla corsia di servizio, passano via senza neanche soccorrere il malconcio.

Figlio stretto del capolavoro di Dino Risi "I mostri" (a Dino sarebbe piaciuto, così volgare e sgangherato), ma anche della cultura della gloriosa MTV italiana, della digestione rapida del romano di Sordi-Verdone-Funari-Cipolla, "I soliti idioti" è qualcosa di più del tentativo di Valsecchi di ripetere il successo di Zalone&Nunziante.

Intendiamoci, più che probabile che il film faccia successo, soprattutto tra i ragazzetti del nord che hanno già reso di culto la serie su You Tube, ma proprio l'amore che un pubblico di giovanissimi nutre per questi personaggi ripugnanti e adorabili, così legati all'Italia di questi ultimi vent'anni, ci dovrebbe fare aprire gli occhi.

Conchita non l'ha capito, troppo impegnata a capire Renzi, ma Ruggero, il padre sboccato e truculento (fra i suoi top: "Me se rantola il culo", "Chi è? Sto cazzo!", "Me sta a venì 'na prostata grande come 'na noce de cocco!") è il più perfetto esempio di come i nostri ragazzi vedono la generazione che li ha preceduti e che li sta mandando alla rovina.

Stretti, con l'amore paterno, in un rapporto sadomaso dal quale non c'è via di uscita. "Ma che giornata po-po-popio-de-merda!", ripete Ruggero alla fine di un percorso che, seguendo il celebre episodio di Risi con Tognazzi padre che educa al male il figlio, lo porterà a Roma, colpendo ogni ciclista che incontra, spingendolo agli spinelli, invitandolo a cena da un bel gruppo di mignotte, cercando di farlo scopare, solo per vincere una scommessa con il suo trucidassimo amico Chicco, con certa Irina Ciancikova, la bella Madalina Ghenea, testimonial del marchio Smutandatissima. Lei ci starebbe, si prodiga pure in una rielaborazione del celebre striptease di Sofia Loren in "Ieri, oggi, domani" di fronte a Gianluca. Rivela pure di essere zoppa per non avere solo il ruolo della figona....

E' un peccato che dopo un inizio abbastanza folgorante, con una serie di volgarità da far impallidire il Cipolla, il film perda un po' di centro. Troppe canzoncine, intanto, che a parte qualche perla, come quella del gay che pensa di essere incinto ("sarà il figlio del futuro, lo partorirò dal c..."), rallentano il ritmo e non funzionano sempre da momenti distensivi del racconto.

Nella seconda parte, poi, si perdono completano gli altri episodi, sempre con Biggio e Mandelli protagonisti, che, nelle intenzioni degli autori, avrebbero dovuto formare una specie di film corale con tutti i personaggi noti della sitcom. Forse per un eccesso di girato, forse perché al montaggio qualcuno si è accorto che funzionava di più l'episodio di Ruggero&Gianluca, alla fine è rimasto solo quello.

Meglio, magari, ma così rimane un totalmente in sospeso la prima parte. Lasciati padroni del film, anzi, dopo essersi inghiottiti gli altri personaggi, Ruggero e Gianluca dilagano allegramente, alla faccia delle intenzioni degli autori, come se fossimo nel più sgangherato film di Franco e Ciccio. E questo è uno dei lati più assurdi e divertenti del film, finalmente libero di improvvisare.

Ha poi ragione Mandelli. Il finto romano di Ruggero, così eccessivo e grottesco come il suo stesso pesante trucco, alla fine funziona. Non è solo costruito su come i milanesi pensano che parlino i romani, è una vera mutazione genetica sociale e politica. E' come il romano del cinema e della tv sia diventato un linguaggio chiave per la contaminazione tra figure paterne e figure politiche.

Complice un funarismo d'antan, è la messa in scena del vecchiume politico attuale dei partiti del nord (l'asse Berlusconi-Bossi) contaminati dal potere romano (il romano di Andreotti prima e poi dei vari Lavitola e Bisignani). Magari c'è dentro anche la visione del vecchiume dei padri, che il simil romano esalta come un orrore adorabile alla post-Bombolo.

La vera riuscita del film, magari non così ragionata, è proprio, anzi po-po-popio nella sua costruzione linguistica e nel rapporto padre-figlio messi in scena. "Dai cazzo!". E' questo che lo rende così moderno, irriverente e scatenato. Molto più di Sean Penn in "This Must Be Place".

 

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