RUTTO LIBERO E PALLA AL CENTRO - TOTTI 225 E CLAMOROSO CAMBIO D’ATMOSFERA AL CIBALI DOVE IL FUNERALE DELL’INTER DECASSANIZZATA SI TRASFORMA IN INOPINATA RESURREZIONE. MORATTI&STRAMACCIONI A UN SOLO PUNTO DALLA TERZA PIAZZA E TENGONO VIVA L’UNICA REALE INCERTEZZA ANCORA SUL TAVOLO, LA LOTTA PER IL SECONDO POSTO – CASSANATE: “ECCO, HA FISCHIATO MOURINHO” - MILAN, EDIZIONI RIZZOLI - EUROPA IN VIOLA - QUELLI CHE NON CE LA FARANNO…

DAGOREPORT
Duecentoventicinque applausi a Francesco Totti e clamoroso cambio d'atmosfera al Cibali dove il funerale dell'Inter decassanizzata, sotto di due gol alla fine del primo tempo, si trasforma in inopinata resurrezione. Tre punti firmati Palacio che spingono Moratti&Stramaccioni a un solo punto dalla terza piazza e tengono viva l'unica reale incertezza ancora sul tavolo, la lotta per il secondo posto. Finisce infatti in pari, dopo una settimana baciata dall'atterraggio a Capodichino di Maradona (plebiscito popolare e assembramenti) e dall'autocandidatura del Pibe alla panchina di Mazzarri, la gara verità tra Napoli e Juventus.

Novanta minuti accesi e combattuti che nonostante il gran pubblico, la nostalgia degli anni '80 il deprimente corollario di calci e sputi in campo e sassi al pullman della Juve appena fuori dal San Paolo, non spostano nulla e confermano una sensazione. Il titolo va verso Torino. Anche a causa del doppio impegno la squadra di Conte non è forse la stessa dell'anno scorso, ma al Napoli, per competere al suo livello, manca ancora molto. Questione di approccio (la Juve va subito via con Chiellini), di nervi (la pressione è tutta sulle spalle di chi insegue), di uomini chiave più o meno appannati (Cavani non segna da 540 minuti) e di forza complessiva.

Nel mezzo, una sfida che il Napoli prima rischia di perdere, poi raddrizza con uno dei meno lucidi del mazzo, Inler, e infine si illude di vincere sfuggendo al proprio destino. Quello di rimanere a sei punti dalla Juve, difendere il secondo posto nelle prossime undici domeniche dagli assalti di chi rincorre a cinque e pregare che in primavera, per qualche imperscrutabile ragione, la Juve crolli.

1 - STRA(M)OURINHO
Chi ha certamente pregato all'intervallo (Stramaccioni) è stato misericordiosamente ascoltato. Sullo 0-2 all'intervallo, sotto nel punteggio e anche in classifica rispetto al Catania, l'ex allenatore prodigio si è giocato il futuro con una mossa di puro buon senso applicata con inquietante ritardo.

Togliere il decadente Rocchi per Palacio e spiegare ai vari Jean Jesus che dopo un primo tempo imbarazzante (in stile derby) c'era da riaprire il vocabolario alla voce dignità. Complice un Catania remissivo, ubriaco dalla perfezione mostrata nella prima parte (Bergessio-Marchese in 19 minuti), l'Inter è risalita con il vecchio leone Stankovic, con i chili di Guarìn e con la corsa di Gargano dopo aver evitato con Handanovic il terzo gol in avvio di ripresa.

Dopo 52 minuti il Movimento 5 Stelle della serie A, la sporca dozzina del torneo, sparisce. In scena, per una mezz'ora bruciante e inattesa, il Palacio show. Assist per Alvarez e personale doppietta per un successo arrivato in pieno recupero che fa piangere Maran, spinge l'Inter a raggiungere la Lazio a 47 e restituisce vita a Stramaccioni. Lo fa correre paonazzo ad abbracciare anche i magazzinieri al fischio finale.

Dopo una settimana che aveva visto nell'ordine il taglio dello svincolato John Carew dopo due giorni di imbarazzi e visite mediche negative e la rissa con Cassano, almeno nell'esultanza il tecnico imita Mourinho.

L'alterco con il fantasista al termine della partitella (rilevato da una gola profonda) e dopo mesi di stravaganza più o meno tollerate (addio a giugno certo) e frizioni con lo spogliatoio era nato proprio da un'infelice battuta del barese diretta al tecnico: "Ecco, ha fischiato Mourinho", da un'evocazione ironica, da un vestito e da un ruolo troppo larghi per essere indossati da un allenatore quasi esordiente che con il portoghese condivide l'arroganza di fondo (Cassano l'ha voluto lui), ma guida un organico infinitamente meno valido. Per ora, nel campionato che permette di correre per la Champions a chi ha già perso otto partite va bene così. In Europa, per fronteggiare spagnole, tedesche o inglesi, è un po' poco.

2 - MILAN, EDIZIONI RIZZOLI
I più in forma abitano, sempre a Milano, sull'altra sponda. L'arbitro Rizzoli (è vero, errore grave) sperequa le forze in campo prendendosi circa novanta secondi per decidere se espellere (sbagliando) Candreva, ma il Milan straripa e infine merita il largo successo finale. In questo momento, in attesa del ritorno Champions al Camp Nou con il Barcellona in crisi, il gruppo di Allegri è il più sveglio dell'intera camerata. Il tecnico è stato bravo. Anzi bravissimo.

Delegittimato un giorno sì e l'altro anche, irriso in veneto stretto da Berlusconi ("El non capisse un casso"), dato per partente a ogni lunedì, si è isolato e ha pensato solo alla domenica. Lavorare. Recuperare posizioni in classifica. Resistere. Ora Allegri, che ha lanciato giovani che possono garantire un decennio di sorrisi (El Sharaawy, Niang, De Sciglio), recuperato alla causa vecchi arnesi che parevano inservibili (Ambrosini, Flamini, Pazzini) dato forma a incognite diventate giocatori (Constant), può raccogliere. Nelle prossime undici giornate l'occasione di raggiungere il secondo posto si presenterà. Non ci stupiremmo se venisse colta.

3 - EUROPA IN VIOLA
Da domenica di sofferenza (a un tratto il Catania la supera di slancio) a domenica perfetta. La Fiorentina batte il Chievo con un gol in fuorigioco di Larrondo a dieci minuti dalla fine (Montella ammette il regalo) e grazie all'ungiata di Palacio al Massimino si scrolla di dosso i siciliani. Il Chievo si chiude troppo e paga dazio, Montella che aveva chiesto rabbia la trova insieme a tre punti che spianano la settimana in vista della sfida all'Olimpico contro una Lazio uscita da Milano con pochissima fiducia. Fiducia che invece trova una concretissima, non bella Roma, vittoriosa in casa con un bel Genoa in una partita che è più di un romanzo. Segna Totti su (generoso) rigore procurato da De Rossi.

Realizza nonostante l'opposizione di Frey e diventa, con abbraccio collettivo e baci dei figli al centro del campo, il secondo marcatore di sempre in serie A. Fino a quando Burdisso non abbatte in area l'ex Borriello, il risultato viene conservato dal miglior Stekelenburg mai visto a Roma. Poi sull'1-1, quando il Genoa gioca meglio e si trova spesso a un passo dal 2-1, la notte dell'Olimpico si veste di aspetti fiabeschi grazie alla favola di Simone Romagnoli, 18 anni appena compiuti, uno che quando Totti si affacciava in A non era neanche nato.

La punizione dipinta dal numero dieci gli va sulla testa, leggera torsione e primo e decisivo gol (venato da mille simbolismi) utile alla Roma per rivedere a distanza credibile la chimera Champions. Che la parola fine sul match la metta Simone Perrotta, ex epurato d'estate, ancora su cross di Totti non è che un'altra certificazione di quanto la congiunzione astrale arrida alla solitaria corsa del signor Andreazzoli Aurelio, quello che parla un italiano ottocentesco, dà del tu a tutti e dopo il primo scivolone, ha vinto tre partite di seguito. O è un genio oppure, come si diceva un tempo, a decidere onori e ombre dei maestri sono come sempre le inclinazioni degli allievi.

4 - QUELLI CHE NON CE LA FARANNO
La Roma è attesa a Udine dove Guidolin, arrivato a quota 40 con i tre punti di Pescara, merita un applauso a prescindere. A ogni inizio stagione, il sapiente Pozzo gli smonta la squadra e puntalemnte, lui la riaggiusta con gli scarti dei campionati più lontani. In Abruzzo, nel mezzo di una contestazione che insieme alla sconfitta spazza via ogni residua speranza di salvezza per i locali, Guidolin non vede la migliore Udinese dell'anno, ma assiste al consueto show dell'eterno Di Natale, in gol per la 150esima volta in serie A. Pescara, Palermo e Siena a 21 punti.

Cinque dalla salvezza. Troppi vista le falle mostrate in più occasioni. Le retrocesse sembrano già scritte. Del Pescara (pronto ad allontanare anche Bergodi) abbiamo detto. Il Siena (con il fardello dei sei punti di penalizzazione) sbaglia la gara più importante di tutte e crolla al Franchi (0-2) con l'Atalanta dell'eccellente signor Bonaventura. Il Palermo si butta a Torino conquistando senza giocare il quarto inutile pareggio (al quarto cambio tecnico).

Nella stessa zona, alle sconfitte delle predestinate, fanno eco i lampi delle possibili rivali. Quelli di una Sampdoria (1-0 al Parma, ancora Icardi) praticamente in porto e giunta (grazie al bravo Delio Rossi) al sesto risultato utile di seguito e quelli del fantastico Diamanti ispiratore di un luminoso 3-0 del Bologna sul Cagliari di Cellino (ai domiciliari, auguri). A un passo dalla Pasqua, il bolognese Pasquato si inventa un gol pazzesco da 35 metri. Una colomba sfuggita alle pieghe della routine.

 

 

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