
“PARLARE DI LIBRI IN TV E’ DIVENTATO IMPRATICABILE: DIRIGENTI TELEVISIVI E AUTORI DETESTANO I LIBRI” – LO SCRITTORE PAOLO DI PAOLO SCRIVE A DAGOSPIA: “L’UNICA RELAZIONE POSSIBILE TRA LIBRI E TV SI ESAURISCE NEL PASSAGGIO PROMOZIONALE E NON SERVE A NIENTE, NEL PIÙ DEI CASI. SONO LONTANI I TEMPI IN CUI SEDENDOSI DA FAZIO SI SVOLTAVA. ANCHE FAZIO È MENO SENSIBILE ALLA CAUSA, SALVO CHE NON SI TRATTI DI UN VOLUME FIRMATO DAL PAPA - TOLTI DAI PALINSESTI MARZULLO E STRABIOLI, CHI SI OCCUPA DI LIBRI? SÌ, C’È L’ETERNO E BENEMERITO AUGIAS. MA E' POSSIBILE CHE NELLA DIVULGAZIONE CULTURALE, DAI TEMPI DI BARICCO (ANNI NOVANTA!), NON ESISTA CHI RIESCA A ESSERE PERSUASIVO RACCONTANDO I LIBRI? SERVIREBBE UN..."
Lettera di Paolo Di Paolo a Dagospia
Caro Dago,
coincidenza ha voluto che di nuovo, come l’anno scorso, la finale del premio Strega andasse in onda in concorrenza con “Temptation Island”, o viceversa. Il risultato è facilmente immaginabile, ma al di là del fatto che, come ha osservato opportunamente Guia Soncini, «è difficile spiegare la letteratura a chi non ha mai visto “Temptation Island”», ecco, al di là di questo, può essere una buona occasione per ragionare sui libri in tv. Ovvero, su un binomio che non è stato mai facile, ma che negli ultimi anni sembra diventato impraticabile.
Un amico libraio mi ha fatto osservare che – laddove fosse passato su Rai3 durante la diretta della premiazione – il “non lettore” o il lettore debole avrebbe faticato a orientarsi. Non l’ha detta così, ma devo proporla in questa formula eufemistica. I dirigenti televisivi, gli autori televisivi, i redattori televisivi hanno terrore dei libri. Paura o in qualche caso qualcosa di più o di meno: li detestano.
Non leggono: come d’altra parte non leggono i ministri, i politici in genere, gli imprenditori, la classe cosiddetta dirigente, come non leggono i giornalisti (farei un sondaggio nelle redazioni per sapere quanti hanno anche solo sfogliato i finalisti allo Strega: poi però fanno ironia su Sangiuliano!), come non leggono gli editor (fatte salve le bozze su cui lavorano), gli uffici stampa (fatte salve le bozze che, poveracci, gli tocca almeno scorrere).
Già mi pare di avere ricordato, proprio in questa sede, che il problema della lettura in Italia è che a non leggere sono gli stessi che retoricamente la promuovono, che si impegnano (male) nello sforzo retorico sulla nobiltà dell’atto.
Quanto al comparto televisivo, l’unica relazione possibile tra libri e piccolo piccolissimo schermo si stabilisce e si esaurisce nel passaggio promozionale. Ospitata, copertina. Ospitata, copertina. Non serve a niente, nel più dei casi. Sono lontani i tempi in cui sedendosi da Fazio si svoltava. E anche Fazio è meno sensibile alla causa, salvo che non si tratti di un volume firmato dal papa o da Whoopi Goldberg.
A ogni modo, chi ha un libro da promuovere sa che deve ricordare – ricordare ossessivamente! – ai redattori tv con cui parla di mostrare per quei venti inutili secondi la copertina dell’opera. Vale nei talk del pomeriggio e in quelli notturni, vale a Unomattina e ovunque. Serve? Poco. Ma meglio che niente. Tolto Zanchini su Rai3, le trasmissioni di qualunque sorta non spingono all’acquisto.
Tolti dai palinsesti l’antelucano Marzullo e Strabioli all’alba, chi si occupa di libri? C’era quel bellissimo programma con Piero Dorfles, “Per un pugno di libri”. Non c’è più.
Sì, c’è l’eterno e benemerito Augias che sventola libri nel corso di lunghi e dotti conversari. C’è la “Biblioteca dei sentimenti”, sempre su Rai3 e un esperimento annunciato per i nuovi palinsesti con Francesca Fialdini.
Ma resta una domanda: possibile che nella divulgazione culturale esistano figure magnetiche come Angela figlio o Barbero, e che ci sia stato uno come Philippe Daverio, ma che – dai tempi di Baricco (anni Novanta!) – non esista chi riesca a essere persuasivo raccontando i libri? Raccontando i libri, non promuovendoli.
Trovando una cifra, un mood, direbbe Baricco, in uno studio (com’erano quelli in cui si muoveva lui) che – per dirne subito una – non abbia la solita scenografia triste e trita fatta di libri. O meglio ancora: fuori dallo studio. Togliamo le musichette, togliamo gli attori che leggono, possiamo togliere perfino gli scrittori. In molti casi è un bene.
Caro Dago, non mi appello ai dirigenti Rai, non mi appello a quelli della 7, non mi appello a nessuno in particolare, sarebbe anche patetico, ma dico che la vecchia scassata tv generalista può ancora qualcosa per recuperare qualche millimetro di disaffezione e di disinteresse. I booktoker fanno il loro altrove, e ecco: portarli in tv non è detto che sia sempre una buona soluzione.
In tv serve una strambata, un ponte ideale fra Beniamino Placido e i programmi radio con estensione visiva di Fiorello (forse solo lui potrebbe salvare i libri in tv, in effetti), un arco eccentrico che va dall’Aldo Busi che, travestito da Alice nel paese delle meraviglie, raccontava i romanzi agli Amici di Maria De Filippi a Daria Bignardi, da Luciana Littizzetto, autentica e appassionata iper lettrice, allo spirito dei mockumentary e/o della posta del cuore di Leonardo Parata a Propaganda Live.
Ma sto sognando: perché ai dirigenti tv poco importa dei libri, dico proprio nelle loro vite effettive. E così continuiamo a perdere terreno, a lasciare che si allarghi la voragine fra i libri e la vita reale del Paese (uso parole di Anna Maria Ortese), e che la lettura sia promossa svogliatamente solo fra chi già legge.
Ps: e se al falò di confronto Bisciglia regalasse una copia di “Madame Bovary” ai bovaristi in gioco o dell’“Educazione sentimentale” agli ineducati? Sarebbe quasi un gesto dadaista. Ma forse ci vuole Maria, che tutto può. L’unica rubrica di libri efficace in tv sarebbe durante “Uomini e donne”, due minuti con Mastrota, Tina Cipollari e Massimo Cacciari prima della telepromozione.
Paolo Di Paolo