UNO SPASSOSO RICORDO DI NICOLINI BY STEFANO DISEGNI – “IO SONO STATO UNO DEGLI AUTORI DI 'SCHERZI A PARTE'. ECCO, L'HO DETTO. VENDUTO A BERLUSCONI PER ALMENO TRE MESI. INVENTAMMO, IO E ALTRI VENDUTI AL BIECO IMPRENDITORE, UNO SCHERZO DI UN TIZIO CHE VOLEVA BUTTARSI DAL SESTO PIANO PERCHÉ IL COMUNISMO ERA FALLITO - L'UNICA CONDIZIONE CHE PONEVA PER NON COMPIERE L'INSANO GESTO ERA...PARLARE CON RENATO NICOLINI, IL SUO MITO. E RENATO ABBOCCÒ”…

Stefano Disegni per Il Fatto (inserto Misfatto)

La settimana scorsa, quando l'ho saputo, avevamo già chiuso il numero e non mi è stato possibile raccontare quello che voglio raccontare. Lo racconto ora, mi scuserete se la notizia non è di giornata. Renato Nicolini era un mio amico. Frequentazione non giornaliera, ma molto affettiva in ogni occasione d'incontro. Uno di quelli simpatici nel DNA, che non li vedi per un anno, poi quando li rivedi sembra che li hai salutati ieri.

S'è già detto di quando, con la Sinistra che aveva vinto le elezioni a Roma, io, Nicolini, Mannelli e Vauro, tutti vestiti con le divise dell'armata rossa (Vauro, da vecchio comunista trinariciuto qual è - la definizione è sua, altrimenti non mi permetterei - ne ha una collezione a casa) siamo andati, commandos di 'Cuore', ad abbeverare i motorini nelle fontane di Piazza San Pietro.

Finimmo tutti al commissariato vestiti da cosacchi, con un poliziotto che mi parlava in russo (e poi denigrano le nostre forze dell'ordine) mentre gli ripetevo 'So' de San Giovanni'. Memorabile il ritorno a casa, a piedi sfilando in quattro per via dei Fori Imperiali, così conciati e con Nicolini in testa, coi turisti che fotografavano la scena pittoresca. No, quello che vorrei raccontare è qualcosa che forse pennella con maggiore chiarezza chi fosse Renato Nicolini.

Io sono stato uno degli autori di 'Scherzi a parte'. Ecco, l'ho detto. Venduto a Berlusconi per almeno tre mesi. La televisione paga il triplo della carta stampata, specie della carta stampata militante che a volte non paga proprio per niente, ricordo dei fantastici furfanti molto impegnati, solidali e di sinistra coi cassetti che tracimavano vertenze sindacali di gente che non pagavano da mesi né avevano intenzione di pagare, ma questa è un'altra storia, restiamo al tema.

In quel periodo Nicolini era molto Nicolini, l'estate romana era ormai un trionfo consolidato di cui era stato artefice e promotore, e Renato era divenuto un personaggio molto popolare. Un comunista, o meglio ex-comunista famoso. Inventammo, io e altri venduti al bieco imprenditore, uno scherzo su misura per la sua fisionomia.

Un tizio che voleva buttarsi dal sesto piano di un palazzone nel quartiere periferico di Prima Porta perché il Comunismo era fallito (questo a Vauro non gli è mai venuto in mente, il ragazzo in fondo è sano). L'unica condizione che poneva per non compiere l'insano gesto era...parlare con Renato Nicolini, il suo mito. E Renato abboccò.

Arrivò prelevato da una finta macchina della polizia nel cortile del palazzone dove comparse si sbracciavano e gridavano, tenute a freno da poliziotti finti, indicando un forsennato in canottiera che cantava Bandiera Rossa a cavalcioni di un balcone. Il fintissimo commissario chiese a Nicolini 'Se la sente?' e Nicolini se la sentì. Salirono in tre, Renato, il commissario e un vero psichiatra che faceva finta...di essere uno psichiatra che avrebbe assistito al dialogo col matto.

Entrato nell'appartamento che traboccava di telecamere nascoste, Renato fu abbracciato e sbaciucchiato dal matto (un bravissimo attore) che lo prese per mano e lo portò nientemeno che davanti a un altarino con le candele accese sotto le foto di Togliatti e Berlinguer, dove intonarono insieme l'Internazionale, dopo una tacita occhiata dello psichiatra che invitava ad assecondare lo squilibrato.

Seguirono lunghe dissertazioni ideologiche con Renato che dimostrò una pazienza e un coraggio non da poco (il 'matto' ogni tanto si ricordava di Gorbacev e della Perestroika e dava in escandescenze). Nicolini visitò le stanze dell'appartamento, tutte arredate in stile sovietico, sempre parlando col militante impazzito, sempre blandendolo, sempre invitandolo a calmarsi e a rinunciare al suo proposito. Tacque solo quando il matto parlò istericamente della nuova dirigenza.

La gentilezza, l'umanità, la partecipazione di Renato Nicolini in quel frangente così assurdo, la sua disponibilità verso l'altro trasformarono lo scherzo in qualcosa che colpì tutti noi nascosti in regia. 'E' un grande' ci dicemmo l'un l'altro ed era vero. Riportò giù il matto, uscì dal portone tra le acclamazioni dei condomini (finti) sorridendo e quando gli rivelammo che era tutto uno scherzo, rispose, con quella sorridente, bellissima, eterea flemma che gli era universalmente riconosciuta 'L'avevo capito, ma era troppo divertente'. Ciao, Renato.

 

 

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