IL CINEMA DEI GIUSTI - STAVOLTA TOM CRUISE SI E’ ROTTO I DRONI

Marco Giusti per Dagospia

Basta con sta rottura di droni! E aggiusta i droni, rompi i droni, rimettili a posto i droni... Ci avete rotto i droni. In questo "Oblivion", ricchissimo ma non del tutto risolto film di fantascienza diretto da Joseph Kosinski, architetto e designer già autore di un interessante "Tron: Legacy", il povero Jack Archer, cioè Tom Cruise, vivrebbe anche felice nel 2077 in quel che resta del pianeta Terra dopo che la solita guerra nucleare l'ha resa un po' invivibile.

Ha una bella donna tutta per sé, certa Vika, l'elegante Andrea Riseborough, che lo coccola, gli cucina, lo sveglia ogni mattina, gli controlla le spalle quando scende dalla loro casetta spaziale con piscina dove lei si ostina a fare il bagno nuda. Cosa volere di più? La sola rottura è che quando si rompono i droni che controllano la Terra, Tom Cruise deve correre a aggiustarli. E spesso se la vede con gli alieni rimasti sulla Terra, i bellicosi Scavengers, che di solito hanno la peggio.

Distrattamente si domanda che ci facciano ancora lì... Poi torna su da Vika e la vita procede come sempre. Se non ci fossero ogni tanto dei sogni di una memoria di chissà quando che gli riporta a galla la bella Olga Kurylenko in cima all'Empire State Building come se provenisse da qualche film mal digerito di Terrence Malick.

Il fatto è, ci spiega lo stesso Jack Harper, che, prima di andare in missione sulla Terra, dal Tet, la base spaziale che controlla la loro casetta e i droni, e dove dovrebbero vivere tutti i terrestri sopravvissuti, lui e Vika hanno avuto un raschiamento di memoria. Così conoscono solo quello che hanno fatto nel presente della loro missione. Nel bel quadretto familiare, insomma, qualcosa non torna.

Anche perché questi Scavengers, apparentemente degli alieni tipo Predator o degli zombies alla Walking Dead, hanno lo stesso nome degli eroi di un vecchio film western sadico fuori di testa di Robert Lee Frost del 1969. E, stranamente, non vogliono uccidere Jack Harper, ma solo attirare la sua attenzione.

Mettiamoci anche che Jack, di nascosto da Vika, ha un suo luogo segreto, una casetta nel verde con laghetto, dove ascolta vecchi vinili, si mette il cappellino da baseball, legge libri assurdi, poesia dell'Antica Roma in versione americana e anche un manuale di pesca (boh?).

Poi un giorno arriva da chissà dove una navetta spaziale che era in viaggio dal lontano 2017, l'anno dell'inizio della guerra aliena, e tra i piloti ibernati nelle loro navicelle, che i droni assurdamente iniziano a eliminare sotto i suoi occhi, Jack riesce a salvare proprio la bellissima Olga Kurylenko dei suoi sogni.

La cosa non piacerà affatto a Vika. Tutto questo scatenerà, assieme a un incontro ravvicinato cogli Scavengers, la riattivazione della memoria di Jack spiegandoci cosa è veramente accaduto al pianeta e ai suoi abitanti. Diciamo che fino a qui, cioè fino a dove si può raccontare il film, "Oblivion", ha un certo fascino.

Come tutti i post-atomici, da "Occhi bianchi sul Pianeta Terra" a "Walle" a "Io sono leggenda", fino a quando non arrivano le spiegazioni, le chiarificazioni, il meccanismo dell'uomo solo nella Terra distrutta funziona benissimo.

Inoltre Kosinski, che ha scritto la graphic novel originale da cui Karl Gajdusek e Michael DeBruyn hanno tratto la sceneggiatura, ha un grande gusto nel riprendere le scenografie e gli ambienti del futuro disegnati da Darren Gilford e riprese da Claudio Miranda. Sono elementi bellissimi la casa di Vika e Jack, la navicella spaziale, la motocicletta estraibile, i freddissimi droni.

Ma il regista se la cava molto meno bene quando affronta la memoria della Terra, con le banalità sul rugby, la vita Americana, e l'amore di Jack Harper per la ragazza piovuta dal cielo. Inoltre è terribile il confronto fra la Vika interpretata dalla raffinata attrice inglese Andrea Riseborough e la Julia Rusikova di Olga Kurylenko, terribile attrice. Ma saranno un po' banali anche gli altri umani che prenderanno corpo nella seconda parte del film, da Morgan Freeman (ancora...) al forzuto Kikolaj Coster-Waldau.

Meglio, in piccolissimi ruoli, Melissa Leo e la stunt-woman tarantiniana Zoe Bell che abbiamo imparato a riconoscere e che avevamo lasciato nascosta da un fazzoletto in "Django Unchained". L'unica cosa davvero interessante in questo film, che, come "Tron: legacy", non fa altro che rimettere in moto i pezzi di vecchi immaginari anni '70 e '80, è proprio l'ossessione dei droni.

Che non ci riportano al vecchio simpatico "WALLE", ma alla follia delle ultime guerre americane e alla pericolosità della civiltà delle macchine che dominano l'uomo. In questo il film funziona. E i droni sono davvero paurosi. In sala dall'11 aprile.

 

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