TORNA TRUCE, IL VECCHIO BRUCE CON UN NUOVO DISCO, “WRECKING BALL”, PALLA DA DEMOLIZIONE, CHE VUOLE MISURARE “LA DISTANZA TRA LA REALTÀ AMERICANA E IL SOGNO AMERICANO” - “SOSTENGO ANCORA OBAMA, MA AVREI PREFERITO VEDERE PIÙ MIDDLE CLASS ALLA CASA BIANCA” - ‘’UN DISCO POCO ROCK, INFIAMMATO DA CITAZIONI FOLK, REMINISCENZE CELTICHE FILTRATE DA QUELLE CHE ERANO LE MUSICHE AMERICANE AI TEMPI DELLA GUERRA CIVILE’’. INSOMMA, DUE PALLE DA DEMOLIZIONE…

Gino Castaldo per "la Repubblica"

Duro, magnificamente ruvido, disperato e alla fine speranzoso. Il nuovo disco del Boss si propone con un´intensità drammatica e coinvolgente, comincia con "We take of your home", letto da molti come reazione alla disillusione delle speranze offerte dall´era Obama. Ma Springsteen smentisce: «Sono ancora un suo supporter, ha fatto molte cose buone, anche se avrei preferito vedere più persone della middle class alla Casa Bianca», ma poi insiste, affonda il coltello nella piaga di un America disillusa e annientata dalla crisi economica.

In "Easy money" il protagonista decide di andare in città, in cerca di "soldi facili" e si porta dietro una Smith & Wesson calibro 38, e poi ancora in "Shackled and drawn" si parla di pietre da portare con sofferenza, in "Jack of all trades", bellissima, un suono lento da marching band porta i fiati a evocare il cammino di gente disperata, ma alla fine fiduciosa: «Baby ce la faremo, sento che il mondo cambierà».

Springsteen commenta accorato la sua ultima fatica, seduto su uno scranno del piccolo teatro Martigny, vestito come un militante working class, stivali e giaccone scuro. Appena arrivato a Parigi dal New Jersey, dove sta provando il tour che tra poco lo porterà in tutto il mondo. «Sì, è vero» racconta, «la prima parte del disco è piena di rabbia. Tutto parte dal 2008, c´era la crisi, la gente perdeva la casa, e nessuno ha pagato per questo».

D´altra parte molti di questi pezzi sembrano nuovi inni, quasi una risposta a quanti lamentavano la mancanza di un´adeguata colonna sonora ai nuovi movimenti di contestazione. E infatti su questo è molto netto: «Prima di Occupy Wall Street non c´era nulla. Io credo che possa cambiare il dialogo nel nostro paese. Siamo stati bloccati per anni. Soprattutto, da almeno due decenni nessuno parlava più di eguaglianza economica. Ora se ne parla, e già questo cambia la prospettiva».

Il disco s´intitola Wrecking ball, palla da demolizione, «e in questo c´è molto l´idea che volevo trasmettere, distruggere, per poi ricostruire, come dice la canzone: hard times come, hard times go...». Ma è anche un disco sorprendente, poco rock, infiammato da citazioni folk, reminiscenze celtiche filtrate da quelle che erano le musiche americane ai tempi della Guerra Civile.

«E direi che è un disco mio, al 95 per cento. Non è un disco della E Street Band». Che però c´è, anche se con l´aggiunta di molti ospiti, Tom Morello dei Rage Against Machine, una giovane sconosciuta cantante che riempie, con un coro di voci femminili, la canzone "Rocky ground", uno splendore dai toni evangelici che nella seconda parte del disco apre all´idea di redenzione e rivincita.

«In fin dei conti», spiega Springsteen, «gran parte del mio lavoro è stato indirizzato a misurare la distanza tra la realtà americana e il sogno americano. È quello che ho sempre fatto, l´ho fatto in dischi come Nebraska e Tom Joad, ed è quello che faccio ancora adesso».

Tra richiami alla Grande depressione, città devastate dallo tsunami economico, il disco procede con solennità e furore per arrivare al finale, a un omaggio straziante al suo vecchio amico, lo scomparso Clarence Clemons, the big man, il simbolo stesso della irripetibile storia della E Street Band. Nel suo primo disco inciso dopo la morte di Clemons, ha inserito una versione live di "Land of hopes and dreams" con un superbo assolo del sassofonista.

Un omaggio commovente, quasi scioccante in questo contesto di amarezza e di ricerca di redenzione. «Le cose cambiano quando scompare uno come lui, e non potranno mai più essere le stesse, è come se mi mancasse qualcosa di primario, come la pioggia o l´aria che si respira, ma la vita ci chiama, ci spinge a continuare e nei concerti che stiamo provando ho deciso che l´unico modo per sostituirlo era una intera sezione fiati, che comprende suo nipote Jack che oggi ha 22 anni».

Ma su certe affermazioni che nel disco suonano come macigni, ha qualcosa da specificare: «Non m´interessa essere così chiaro, essere da una parte precisa, quella giusta. Le mie sono soprattutto domande, nella prima parte, e poi una ricerca di risposte, una specie di arrabbiato patriottismo, ma senza voler semplificare troppo quello che mi sento di dire.

Ci sono domande, scenari, esempi di folk music che richiamano periodi precedenti della storia americana, molto gospel. E del resto per tutta la mia infanzia sono stato "brainwashed" (ha subito il lavaggio del cervello dice ridendo, ndr) dall´educazione cattolica, preti e odore d´incenso ovunque, ma è qualcosa che in parte mi è rimasto. Poi si sa, quella del rock è una vita brutale, ma anche benedetta.

Con Little Steven abbiamo sempre avuto un insano amore per il rock´n´roll, e ci vogliono amici per condividere questa pazzia, ore e ore a parlare dei Led Zeppelin o delle Supremes, anche con Jon Landau, che sa tutto di queste cose. Quello che m´interessa, sempre, è cercare di illuminare per quanto è possibile, la vita che facciamo, capire, dare un senso alle cose».

E in questo disco di luci e ombre ce ne sono tante. Un disco che si chiude con un pezzo "We are live", che dice tutto quel che c´è da dire: un inizio scarno, voce e chitarra, e poi frasi mozzafiato che incitano a combattere «spalla a spalla, cuore a cuore», che si chiude con un disincantato fischiettare. Il guerriero Springsteen è tornato, come sempre, in prima linea.

 

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