edmondo berselli dago roberto dagostino d agostino d'agostino

“UNA VOLTA C’ERA IL PENSIERO FORTE. ADESSO C’È DAGOSPIA” – CORREVA L’ANNO 2006 QUANDO USCI' IL LIBRO DELL'INIMITABILE EDMONDO BERSELLI, "VENERATI MAESTRI", OPERETTA IMMORALE CHE FACEVA A PEZZI GLI INTELLIGENTI D'ITALIA: DA ECO A MIELI, DA CALASSO A BATTIATO (OGGI RIPUBBLICATO DA QUODLIBET) - IN UN CAPITOLO SI LEGGE: “ROBERTO D'AGOSTINO HA INVENTATO UNA SOVRAREALTA'. DAGOSPIA E' RIUSCITO NELL'IMPRESA ECCEZIONALE DI SOSTITUIRE LA REALTA' CON UNA QUASI-REALTA' - PRIMA PUBBLICAVA PETTEGOLEZZI. MENTRE ADESSO HA MODELLATO UN MONDO FINTO, VERO, IPERREALE CHE HA SOSTITUITO IL SUO SITO ALL'ITALIA CONTEMPORANEA” – “È LA PROVA CHE SIAMO PASSATI DALL'IDEOLOGIA NOVECENTESCA AL CAZZEGGIO TOTALE DEGLI ANNI DUEMILA. IL MONDO DI DAGOSPIA È UN TEATRO…”

Estratto da “Venerati Maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia”, di Edmondo Berselli (ed. Quodlibet), pubblicato per la prima volta nel 2006

EDMONDO BERSELLI - VENERATI MAESTRI

 

[…] Mettiamola così: una volta c'era il pensiero forte. Adesso c'è Dagospia. Perché è stato proprio Roberto D'Agostino a inventare, anzi a creare, una sovrarealtà.

 

Prima pubblicava pettegolezzi. Mentre adesso ha modellato un mondo. Un mondo finto, un mondo vero, un mondo comunque iperreale, dove tutti agiscono e parlano come personaggi di quella galassia, di quell'universo.

 

Questo vuol dire che D'Agostino non è soltanto un fissato che se ne sta chiuso in casa sua a Roma a leggere rotocalchi gossipari, e a telefonare alle sue spie, ma ha sostituito il suo sito all'Italia contemporanea. Tronchetti Provera non esiste più come manager o imprenditore, ma più che altro come marito di Afef, e le sue iniziative finanziarie contano forse un po' meno delle sue presenze mondane.

 

EDMONDO BERSELLI - VENERATI MAESTRI

Sicché quando uno incontra Tronchetti non sa bene in quale contesto narrativo è collocato, e con ogni probabilità non lo sa neppure Tronchetti, perché ormai l'unico Tronchetti esistente e percepito è il «Tronchetti della felicità», come lo chiama Dagospia.

 

E allo stesso modo, con lo stesso processo, tutti gli altri protagonisti della nostra società contemporanea esistono in quanto figurine di D'Agostino: Luca Cordero di Montezemolo, Francesco Cossiga, Romano Prodi, Silvio Berlusconi.

 

Dagospia è riuscito nell'impresa eccezionale di sostituire la realtà con la sua quasi-realtà. Un gioco di prestigio, et voilà.

 

Anche tu, Paolo, sei un personaggio di Dagospia, tua moglie, i tuoi collaboratori, a cominciare da Pierluigi Battista. Voi credete di esistere, e invece esiste soltanto la vostra immagine riflessa nel pianeta artificiale di D'Agostino.

 

DAGO DAL DENTISTA

La realtà italiana ci ha messo quasi due giorni per capire che il direttore del «Corriere», Ferruccio De Bortoli, stava per essere sostituito da Stefano Folli.

 

Ma nel mondo di Dagospia il cambio era già avvenuto, ed era stato annunciato con sicurezza, senza che nessun giornale si potesse permettere la stessa spregiudicatezza.

 

Con un pensiero reverente agli anni Ottanta, e anche a Renzo Arbore e a «Quelli della notte», possiamo dire che ci troviamo davanti al trionfo finale dell'insostenibile leggerezza dell'essere, conclude il professor Ernesto.

 

Vabbè d'accordo, concede Mieli, ma come possiamo trattarla questa idea, dal punto di vista culturale? Galli della Loggia capisce di avere aperto un varco, e dunque affonda il colpo. D'Agostino è la prova che noi siamo passati dall'ideologia novecentesca alla modalità postrema e metasemiologica degli anni Duemila. Dal linguaggio ai linguaggi, dalle idee alle impressioni, e, in ultimo, dal discorso al cazzeggio.

 

PAOLO MIELI DA PIERO CHIAMBRETTI

Meglio, al cazzeggio totale.

 

L'Italia come entità reale non esiste più, esiste una dimensione parallela in cui se si parla di Salvatore Sottile e di Elisabetta Gregoraci, di veline che la danno o la promettono o la ritirano all'ultimo momento ma sempre per questioni di carriera televisiva, non ci si scandalizza e non si invocano riforme, non si fa del moralismo che suonerebbe ovviamente «d'accatto», ma si commenta con una risatina, sperando che non ti intercettino, altrimenti nel cazzeggio ci finisci tu.

 

I SOPRANNOMI DI DAGOSPIA

È un paese delle meraviglie, dice Ernesto, in cui tra Luciano Moggi e Stefano Ricucci il demiurgo D'Agostino sceglie Ricucci, ma solo perché ha detto frasi memorabili come «So' bboni tutti de fa' i froci cor culo degli altri»;

 

e in cui nulla importa: miliardi di euro, o di «euri», possono venire inceneriti da investimenti fallimentari, interi programmi di governo possono essere annichiliti dalla demenza di un sottosegretario, ma con il corollario di un chissenefrega, perché l'importante non è la salvezza del paese reale, ma che il cazzeggio continui.

 

Perché il mondo di Dagospia è un teatro, dove Marchionne ribattezzato Marpionne gioca certe sue indecifrabili strategie all'interno della famiglia Agnelli, e potendo dà un colpettino di gomito, una gomitatina a Montezemolo, mentre Bazoli con l'aiuto di Passera muove le pedine della finanza cattolica contro la finanza laica che fu di Enrico Cuccia, e alla fine dello spettacolo salta fuori una soubrette, che li sistema mediaticamente tutti grazie all'aiuto interessatissimo di un portavoce politico, e guadagna il proscenio, e alla fine sposerà un calciatore, o un finanziere, o un imprenditore, o un immobiliarista, oppure, chissà, si butterà in politica e anche con un certo successo, perché la politica non è più quella di una volta quando c'erano le Frattocchie e l'Azione cattolica, ma è quella di oggi, dove ciò che serve è l'immagine, la presenza, un Dasein minore ma irresistibile.

 

LA REDAZIONE DI DAGOSPIA - DAGO - ANNA FEDERICI E ROCCO D'AGOSTINO A LONDRA

D'altra parte, sibila Galli della Loggia, anche tu l'hai saputo da Dagospia che Folli se ne andava e tornavi a fare il direttore del «Corriere», mica dal consiglio d'amministrazione.

Ernesto, conclude Mieli, sei sempre un maestro.

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