IO SONO LA MIA FICTION - OCCHIO ALLA STRAORDINARIA MOSTRA DI VEZZOLI AL MAXXI: RACCHIUDE UNA PERLA DEL 2004 CHIAMATA “COMIZI DI NON AMORE” – ESSI’: I “COMIZI” DI PASOLINI DI IERI, SONO DIVENTATI I REALITY DI OGGI (I PRIMI 4 MINUTI DEL VIDEO)


1- «GALLERIA VEZZOLI», IN SCENA AL MAXXI
Corriere della Sera- Roma

Uno, dieci, cento e mille Francesco Vezzoli. L'artista che gioca spesso con il proprio volto dentro le opere che crea, ha inaugurato il 29 maggio una grande esposizione al Maxxi di Roma dal titolo «Galleria Vezzoli». In un dialogo tra antichità e il contemporaneo sono esposte novanta opere che ricoprono l'arco della carriera: quadri, marmi, fotografie e video in un allestimento pieno di drappi rossi e pavimenti vermiglio.

LA MOSTRA - «Una volta terminato il mio percorso da Brescia ad Hollywood, da Iva Zanicchi a Lady Gaga, a un certo punto nella nuova fase mio lavoro c'è stata la voglia di confrontarmi con l'antichità». Dalle lacrime d'oro o color sangue delle sue icone più popolari e cinematografiche, ai ricami e centrini, ai poster giganti, agli arazzi, fino alle statue di marmo in stile classico dei divi-imperatori. Ultima invenzione dell'artista. I temi legati alla celebrità, ai media e al confronto con la vanità, invitano a una riflessione sulle contraddizioni del nostro tempo.

Il dialogo dell'arte non è solo per le antiche statue di marmo che tengono in braccio i monitor con i modernissimi video delle dive, ma nell'allestimento della mostra in stile ottocentesco accostato alle linee sinuose del modernissimo Maxxi, il museo del XXI secolo disegnato dall'archistar Zaha Hadid. Vezzoli è nato nel 1971 a Brescia ed è tra gli artisti contemporanei più affermati dello scenario internazionale.

Gli studi a Londra, la biennale di Venezia, le esposizioni nelle maggiori città del mondo da New York a Milano a Londra. Quest'ultimo lavoro è l'inizio di una trilogia: la mostra dopo il Maxxi, sarà proposta in autunno al Ps1 di New York con una chiesa medievale ricostruita nel chiostro del museo e a fine anno al MoCa di Los Angeles con altre sinergie e novità.

2. PASOLINI REALITY SHOW - UN AUTORE DI CULTO. TRE DIVE DEL PASSATO. UN ARTISTA - CONTEMPORANEO. IN UN'OPERA CHE SFIDA LA PEGGIORE TV

Alessandra Mammì per "l'Espresso" dell'11 marzo 2004

Se non fate parte dello show, per favore spostatevi... Via tutti. Si spostano Germano Celant, Miuccia Prada, un giornalista americano e la direttrice artistica della British Academy, Cristiana Perrella. Vagano sperduti nei 3 mila metri quadri di un padiglione di studi tv, mentre al centro, in un set perfettamente allestito e tutto blu, urla il legittimo pubblico di un reality show.

Cinque ballerine vestite in improbabile stile egizio si esibiscono in siparietti annunciando il trionfale ingresso in scena di una monumentale Ela Weber che, con accento tedesco, esclama: «Benvenuti a ‘Comizi di non amoreeee'...». Nessuno tra il pubblico sembra cogliere l'omaggio a Pasolini. Tutti sono convinti di partecipare a una puntata pilota di un nuovo format televisivo.

Mature signore con scarpe comode, messa in piega gonfia e maglionicini in lurex applaudono all'arrivo di una raffinatissima Catherine Deneuve. Ma applaudono per dovere, sono molto più eccitate dalla vista della Weber. La Deneuve, arrampicata su un trono dallo stile finto Memphis televisivo, si sente un pesce fuor d'acqua. Tre ragazzotti palestrati le si presentano annunciandole che tenteranno di sedurla: a lei la scelta del migliore.

Partono, prima che la Deneuve riesca a muovere un sopracciglio. Il primo massacra una canzone di Battisti; il secondo agguanta un'egizia ballerina e si lancia in una lap dance; il terzo improvvisa uno strip tease. Il pubblico vota, tifa, discute. È il reality show, bellezza. Dopo la Deneuve altre icone vengono sacrificate all'altare della verità televisiva: Antonella Lualdi, Marianne Faithfull, Jeanne Moreau.

Che ci fanno lì, insieme a Celant, il fantasma di Pasolini, Miuccia Prada e i tecnici veraci che urlano al pubblico: «Animo! Ma che 'sti applausi li mandate per fax?». «Sono sempre stato un destabilizzatore», dice Francesco Vezzoli. Artista eclettico, videomaker, appassionato ricamatore e collezionista di star, nonché autore di tanta messa in scena. Aveva già destabilizzato il pubblico alla Biennale di Venezia del 2001 con un'altera Veruschka con il tombolo in una installazione live circondata da altri ricami tutti fatti a mano da Vezzoli.

Ha sempre destabilizzato critici e pubblico per il collage di riferimenti alti bassi, per i bruschi passaggi fra glamour e kitsch, per quella capacità che molti gli invidiano di convincere star d'altri tempi, da Helmut Berger a Valentina Cortese, a partecipare ai suoi video e quelle citazioni che molti contestano di mostri sacri del nostro cinema, da Visconti a Rossellini.

Destabilizza questo uso disinvolto e predatorio della storia recente a cui lui si rifiuta di attribuire un'eccessiva interpretazione teorica: «Sono icone del mio immaginario, appartengono al mio inconscio e forse non solo al mio, ma non pretendo con questo di rileggere la storia del Novecento. Non sono un teorico, sono un artista, lavoro con dei materiali, produco delle immagini». Ora però Vezzoli corre il rischio di essere lui il destabilizzato.

«Si sposti anche lei signor Vezzoli», e passa un carrello con telecamera. La televisione è una bestia strana e il reality show è la pancia del mostro. «Lo so. Ma stavo ragionando su Pasolini e sul suo film ‘Comizi d'amore'. Mi sono convinto che l'equivalente di quel cinema verità sia oggi il reality show e ho proposto alla Fondazione Prada di fare questo esperimento: costruire un vero show; mettere al centro icone del nostro immaginario; creare un corto circuito fra cultura televisiva, cinematografica e sistema dell'arte. Un esperimento, una conquista di un nuovo territorio, un confronto fra linguaggi».

"Comizi d'amore" era un'inchiesta sulla sessualità e l'amore firmata, nel 1964, da Pier Paolo Pasolini insieme a Cesare Musatti e Alberto Moravia. Una testimonianza di passione civile divisa in capitoli, montata su interviste carpite a Giuseppe Ungaretti, Antonella Lualdi, Camilla Cederna, ma anche Peppino di Capri, i calciatori del Bologna e gente comune.

Pasolini qui s'interroga continuamente sul proprio ruolo di intellettuale e intervistatore. Anche Vezzoli qui s'interroga sul suo ruolo di artista? «Vezzoli rischia il proprio ruolo di intellettuale, entrando a contatto con un sistema come quello televisivo che può fagocitarlo e contaminarlo», risponde Germano Celant: «Lo fa senza protezione, entra nella massa, diventa lui stesso pubblico, si mette in gioco. Sa di poter essere sbranato. In questo mettersi a rischio in quanto artista ripete l'operazione di Pasolini». Intanto lo show va avanti: Vezzoli partecipa al dibattito.

Difende l'omosessualità di una concorrente che rivendica il diritto a giocare sebbene donna. Entrano in scena travestiti carioca, giovanotti tatuati, un'inquietante Marianne Faithfull con cappottino in cuoio e stivali neri, Jeanne Moreau che chiude a sorpresa lo show. Chi ha vinto? Realtà o finzione, alto o basso, televisione o arte, star o pubblico?

Lo vedremo presto: "Comizi di non amore" andrà in onda alla Fondazione Prada a Milano dal 25 marzo al 16 maggio, proiettato in una installazione a forma di sala cinematografica fantasma con 120 sedie Mackintosh più schermo con la parola ‘Fine' ricamata dallo stesso Vezzoli. Altro omaggio al Pasolini di ‘Salò o le 120 giornate di Sodoma'. Ma le signore dello show con il maglione che luccica saranno deluse. Speravano almeno in una seconda serata, sono finite in un'opera d'arte.

 

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