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WARREN BEATTY, FENOMENOLOGIA DI UN SEX SYMBOL - UNA VITA RIMBALZATA TRA NARCISISMO E VOGLIA DI ESISTERE OLTRE LA SFERA DEL DESIDERIO: DOPO 15 ANNI DI LATITANZA DAGLI SCHERMI SARÀ IL PLAYBOY MILIARDARIO HOWARD HUGHES - UNA RENTRÉE CHE HA MOLTO DI PERSONALE

WARREN BEATTYWARREN BEATTY

Stefano Pistolini per “Il Venerdì di Repubblica”

 

 

Erano 40 anni che ci lavorava. Adesso, quando ne ha 77, non dirige un film dal '98 (Bulworth, scritto da Aaron Sorkin, con incassi appena dignitosi) e non recita in una pellicola dal 2001 (Amori in città… e tradimenti in campagna, memorabile flop), Warren Beatty corona il sogno e dall' 11 novembre torna nei cinema come interprete e regista della storia che ha voluto ostinatamente raccontare.

 

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Il personaggio che riesce finalmente a portare sullo schermo è quello dell' eccentrico miliardario Howard Hughes, figura che catturò la fantasia di Beatty nei primi anni 70, attratto dal prodigioso andirivieni femminile attorno agli appartamenti occupati da Hughes al Beverly Hills Hotel, l' Hotel California cantato dagli Eagles.
 

All'inizio dev'essere stata soprattutto una questione di rispetto tra due inveterati donnaioli, ossessionati dalle conquiste seriali. Poi il progetto ha preso veramente forma, se undici giorni dopo la morte di Hughes, nell' aprile '76, Variety esce con la notizia di un film di Beatty sul magnate, in avanzato stato di preparazione.

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Peccato che per finirlo si sia arrivati al 2016: «Non ho mai perso interesse per Hughes. Ma non è che io pensi al cinema 24 ore al giorno» si giustifica Beatty, annunciando l' uscita di Rules Don' t Apply (Le regole non valgono). Warren poi si premura di precisare che non si tratterà di una biografia del suo eroe, ma di una commedia, «con molte risate».
 

Il plot, ambientato nel 1958, è incentrato sul triangolo amoroso tra Hughes - Beatty con baffetti d' ordinanza - una giovane attrice che ha appena messo sotto contratto, Marla Mabrey, reginetta di bellezza della Virginia di fervente fede battista, e Frank Forbes, l' aitante autista che le è stato assegnato.

 

La «regola» da non infrangere mai, citata nel titolo, è quella promulgata da Hughes che proibiva ogni genere di relazione tra i suoi dipendenti. Tutto attorno però il mondo stava cambiando, gli anni Sessanta erano alle porte e un nuovo ordine morale era pronto a sostituire le vecchie gerarchie, anche quelle sessuali.
 

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Il cast del film è ricchissimo: i due giovani personaggi sono interpretati dalla britannica Lily Collins e da Alden Ehrenreich, che nel 2018 sarà il nuovo Han Solo di Guerre stellari. Il contorno è d' eccezione: Alec Baldwin, Matthew Broderick, Candice Bergen, Steve Coogan, Martin Sheen, Amy Madigan, Ed Harris e naturalmente Annette Bening, consorte di Beatty e madre dei suoi quattro figli. Budget da 27 milioni di dollari e location emblematiche della Hollywood classica, dal Biltmore Hotel al Musso & Frank Grill, celebrato ritrovo delle star.

 

Niente altro è trapelato, perché Beatty è uno che della riservatezza fa una religione: alla sola Lily Collins sarebbe stata concessa la lettura integrale del copione - e a pensarci bene, viene da chiedersi il perché.
 

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Interessante a questo punto formulare qualche ipotesi sulle reali motivazioni all' origine di questa inattesa rentrée, dopo un ritiro così prolungato. Di sicuro Beatty non ha mai manifestato un bisogno fisico del set: 21 film in 38 anni di attività, accuratamente selezionati tra migliaia di offerte, dopo che nel giro di poche stagioni era divenuto uno divi più ricercati di Hollywood, per il suo fascino conturbante e per la recitazione innovativa, che l' affiancava a Brando e a Paul Newman.

 

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Lanciato da Elia Kazan in Splendore nell' erba, Beatty a soli 29 anni è già produttore di se stesso per Bonnie e Clyde, poi tiene testa a Elizabeth Taylor ne L' unico gioco in città e nel '71 è una trionfante figura della vecchia frontiera ne I Compari di Robert Altman. Quando nel '75 Hal Ashby lo dirige in Shampoo, Warren è già un classico, che satireggia sulla materia del sex in the city di cui pure è una flagrante incarnazione.
 

L' Oscar lo vince nell' 81 per la regia di Reds, dopo 14 nomination andate a vuoto e quindi, poco alla volta, comincia ad amministrare la carriera con un misto di oculatezza e pigrizia. Tutti motivi per i quali il copione che l' ha spinto a ricominciare deve contenere motivazioni irrinunciabili. A questo punto, raccogliendo i suggerimenti del bravo Peter Biskind autore della biografia Star.

 

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How Warren Beatty Seduced America (inedita in Italia), viene da pensare che con il film Warren voglia offrire un proprio punto di vista su alcuni leitmotiv della sua vita privata e professionale: ad esempio il tema della seduzione, inteso come strumento di conquista, potere e controllo, sviscerato da uno come lui che, secondo Biskind, ha avuto 12 mila donne, con una predilezione per quelle di successo - Cher, Madonna, Twiggy, Diane Keaton, Julie Christie, Isabelle Adjani, Goldie Hawn, Joan Collins, Jacqueline Onassis, Brigitte Bardot, Jane Fonda, Joni Mitchell, Maria Callas e chissà quante altre, tra cui Carly Simon, che gli dedicò una crudele canzone: You' re so vain, sei così vanitoso.
 

E perché non concedersi un guizzo su un altro tema che lo tallona: il rapporto con la celebrità e la condanna a essere famoso e ammirato. Quando Beatty sbarcò a Hollywood, trovò l' industria del cinema ad accoglierlo a braccia aperte per la potenza erotica trasmessa dalle sue apparizioni. Di lì in poi, per una trentina d' anni, si direbbe che la sua vita sia stato un rimbalzare tra l' onnipotenza del sex symbol e i relativi obblighi, tra il narcisismo e la voglia di esistere oltre la sfera del desiderio.
 

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Lui dice: «Nel mio mestiere i sottotesti contano. Io rispetto i testi, ma sono più interessato a sottotesti e sfumature». E dunque può darsi che questo attore atipico, amico d' intellettuali come James Baldwin e Tom Wolfe, si sia infine concesso un film che somiglia a una fenomenologia: a modo suo ci racconta cos' ha significato tutta questa folle corsa. E quanto sia stato difficile mantenersi lucidi, mentre gli altri ti consideravano il più potente degli afrodisiaci.
 

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