giorgia meloni giornalisti

BREVE PROMEMORIA PER GIORGIA MELONI: SOLO NEI REGIMI CHI È AL POTERE NON RISPONDE ALLE DOMANDE DELLA STAMPA – LA DUCETTA EVITA LE INTERVISTE, SE NON AI MEDIA “INGINOCCHIATI”, DISERTA LE CONFERENZE STAMPA E DUE SETTIMANE FA, ALLA CASA BIANCA, HA AMMESSO CANDIDAMENTE: “IO NON VOGLIO MAI PARLARE CON LA STAMPA ITALIANA” – FABIO MARTINI: “NELLE DEMOCRAZIE TUTTI I LEADER SENTONO IL DOVERE NEL RISPONDERE ALL’OPINIONE PUBBLICA. SAREBBE POCO PATRIOTTICO ALIMENTARE L’ANOMALIA ITALIANA DI UN CAPO DI GOVERNO CHE SCANSA I GIORNALISTI...”

 

Estratto dell’articolo di Fabio Martini per www.professionereporter.eu

 

IL FUORIONDA DI GIORGIA MELONI SUI GIORNALISTI ALLA CASA BIANCA

Le frasi sussurrate da Giorgia Meloni dentro la Casa Bianca sui suoi rapporti col mondo dell’informazione e la discussione che ne è seguita sono diventati – e possono ancora diventare – un’occasione seria per riflettere su una questione che può apparire retorica ed è invece concretissima.

 

E cioè se in un Paese democratico vada salvaguardato, o vada invece considerato un orpello, un canale trasparente e permanente che metta in connessione un capo di governo e un’opinione pubblica che non si limiti ad ascoltare messaggi, pur legittimi, ma che arrivino solo dall’”alto”.

 

Le frasi captate dai microfoni interni della Casa Bianca hanno restituito quel che la Presidente del Consiglio sinceramente pensa del suo personale rapporto con il mondo dell’informazione (“Io non voglio mai parlare con la stampa italiana”) ma anche sul ruolo che in senso più generale assegna al sistema mediatico: “Penso – ha detto, rivolta a Trump – sia meglio non rispondere alle domande, siamo troppi e andremmo troppo lunghi”.

 

MEME SU GIORGIA MELONI E I GIORNALISTI - BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA

Frase trascurata nelle polemiche successive ma altrettanto importante della prima. Perché è come se Meloni dicesse: quel che conta è il “benessere” dei leader, mentre è da considerare un bene accessorio consentire alla pubblica opinione di tutto il mondo, di essere informata attraverso le parole dei capi di governo, più interessanti proprio perché stimolate e arricchite dalle domande dei giornalisti.

 

L’indiscutibile sincerità delle parole di Meloni e la loro chiarezza hanno suscitato inevitabili polemiche e anche argomentate domande, in particolare da parte di una testata autorevole sui temi dell’informazione come Professione Reporter.

 

[...] un capo di governo non ha un obbligo formale di rispondere alle domande dei giornalisti. Il suo compito istituzionale è parlare, informare e rispondere al Parlamento.

 

Ma se questo è vero sul piano teorico, è altrettanto vero che la “Costituzione materiale” e una prassi stra-consolidata in tutte le moderne democrazie vanno in direzione opposta: tutti i leader di governo sentono il dovere – oramai un obbligo istituzionalizzato – nel rispondere all’opinione pubblica, passando attraverso il canale di chi propone domande per professionale, i giornalisti, interpretando così una divisione informale dei poteri.

 

la faccia di giorgia meloni quando trump le chiede dei giornalisti

In Italia, per restare alla Seconda Repubblica, i presidenti del Consiglio avevano assolto questo dovere attraverso diversi canali: le tradizionali interviste a giornali o a televisioni; la conferenza stampa dii fine anno organizzata dall’Ordine dei giornalisti; le apposite conferenze stampa nella saletta riservata alla “Delegazione italiana” a Bruxelles, a conclusione delle riunioni del Consiglio europeo; dopo i grandi vertici internazionali, dal G7 in giù [...]

 

Giorgia Meloni -dopo una partenza in linea con i predecessori- ha modificato la prassi seguita dai Presidenti del Consiglio della Seconda Repubblica, a partire da Silvio Berlusconi sino a Mario Draghi, per la verità il più restio a concedersi.

 

GIORGIA MELONI CONTRO I GIORNALISTI - VIGNETTA DI ELLEKAPPA

La presidente Meloni ha quasi cancellato le interviste; ha mantenuto l’appuntamento di fine anno, radicato, rituale e di fatto incancellabile, ma oramai diserta quasi puntualmente le conferenze stampa al termine dei Consigli europei a Bruxelles, quelle dopo i vertici internazionali e quelle a conclusione dei Consigli dei ministri.

 

In compenso non si sottrae ai colloqui a margine, i “mischioni” formati da giornalisti ammucchiati in uno spazio ristretto, dietro una transenna leggera a Bruxelles e anche in altre occasioni internazionali: in questi casi le domande sono appannaggio dei giornalisti di ugola squillante e le risposte spesso si riducono a battute volanti.

 

Per bilanciare questi ”vuoti” comunicativi la presidente Meloni è stata altrettanto innovativa nella comunicazione personale, quella senza intermediazioni: nessun presidente del Consiglio prima di lei ha prodotto altrettanti video e post sui social. Nessun presidente del Consiglio ha così tante volte parlato davanti ai giornalisti, limitandosi al semplice statement, la dichiarazione senza possibilità di porre domande.

 

GIORGIA MELONI E I GIORNALISTI

Dunque, Meloni ha diradato al massimo le occasioni formali di incontro-confronto con il sistema dell’informazione e questa rappresenta un’anomalia rispetto ai grandi Paesi europei, nei quali – occorre ammetterlo – i leader di governo sanno di non potersi sottrarre perché questo andrebbe contro le abitudini consolidate di quel “sistema-Paese”, mentre da noi la sfortunata esternazione sussurrata alla Casa Bianca non ha aperto una discussione sui media.

 

Chiunque abbia accostato – o visti da vicino – i presidenti del Consiglio degli ultimi 30 anni sa che tutti, o quasi tutti, hanno nei confronti dei giornalisti un sentimento che, a seconda dei casi, oscilla tra diffidenza, ostilità, autentico disprezzo.

 

BATTIBECCO DI GIORGIA MELONI CON I GIORNALISTI

In alcuni casi hanno le loro buone ragioni: la superficialità, la faziosità e i refrain (come quello sul “fascismo” di Meloni) di alcuni giornalisti possono autorizzare sentimenti di avversione.

 

Ma nel loro complesso i media assolvono una funzione fondamentale, sacra sempre e persino di più in una fase come quella che stiamo vivendo. E allora questa sommaria ricognizione sullo stato dei rapporti tra capi di governo e media si può concludere con una domanda.

 

Una sola: la presidente del Consiglio, che ha l’ambizione di lasciare un segno nella vicenda politica italiana, riconosce che sarebbe poco patriottico alimentare l’anomalia italiana di un capo di governo che scansa i giornalisti e dunque sarebbe cosa molto giusta e molto utile per tutti i cittadini, rendere permanenti, trasparenti, formali e non episodici dei canali, dove sia possibile porre liberamente domande al capo del governo italiano?

giorgia meloni e i giornalisti vignetta by rolli il giornalone la stampaLO SPIONAGGIO SUI GIORNALISTI - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...