renzi migranti

IL BLUFF DEGLI AIUTI - IL 34% DEI SOLDI DESTINATI A TRATTENERE I MIGRANTI A CASA LORO, LI ABBIAMO SPESI PER OSPITARLI A CASA NOSTRA – LE RISORSE PER L’AFRICA DESTINATE A COOP SOCIALI E PROFUGHI – ANZICHE’ SPENDERLI “LA’”, RENZI LI HA SPESI “QUA”

 

Lodovica Bulian per il Giornale

 

salvataggio migrantisalvataggio migranti

Tra la realtà dell' emergenza migratoria e la sterile querelle per stabilire se il copyright «dell' aiutiamoli a casa loro» sia di destra o di sinistra, c' è un mare di slogan. Dietro a quello della cooperazione internazionale, il capitolo degli aiuti ai Paesi d' origine dei migranti rivendicato ogni due per tre da Matteo Renzi come risultato del suo governo e come ricetta universale per fermare l' esodo, ci sono bilanci risicati e soldi spesi non per le finalità sbandierate dall' ex premier.

 

«Aiutarli a casa loro è un principio di buonsenso, non è né leghista né di sinistra - ha ribadito anche ieri Renzi dopo gli attacchi ricevuti per le assonanze dei suoi proclami con i toni del Carroccio - C' è un abisso tra noi e la Lega. Noi pensiamo sia fondamentale investire sulla cooperazione internazionale e lo abbiamo fatto». Sì. Ma sulla carta.

 

centri di accoglienzacentri di accoglienza

Perché negli anni del suo governo una buona fetta di quelle risorse stanziate per migliorare le condizioni di vita nei territori di provenienza degli oltre 180mila tra profughi e migranti economici sbarcati in Italia solo l' anno scorso, in realtà non ha mai varcato le nostre frontiere. Altro che Niger, Sudan, Gambia. Rivelano i dati pubblicati dall' Ocse riferiti al 2016, che il 34% dei fondi destinati dall' Italia alla cooperazione internazionale non sia mai arrivato ai Paesi beneficiari.

 

RENZI E I MIGRANTIRENZI E I MIGRANTI

Una consistente fetta della torta «Aiuto pubblico allo sviluppo», è stata impiegata sul suolo italiano per la crisi migratoria sotto l' etichetta «rifugiati nel paese donatore», che raccoglie il budget per i rifugiati in Italia. Insomma, anziché aiutarli «là», li abbiamo aiutati «qua», con i soldi che dovevano entrare «a casa loro».

 

Un circolo vizioso dovuto alla necessità di far fronte a numeri da record. Così dei 4,8 miliardi di euro previsti nel 2016, ben 1,6 si sono dileguati nella voragine finanziaria dell' accoglienza, sono serviti per mantenere centri e strutture gestite dalle cooperative e per affrontare arrivi in costante aumento. Renzi ha ragione quando rivendica gli investimenti in cooperazione deliberati sotto il suo esecutivo, ma non sono serviti a disincentivare le partenze.

 

centri di accoglienza 8centri di accoglienza 8

Tra il 2015 e il 2016, quando il segretario dem era a Palazzo Chigi, i fondi sono aumentati del 20%, da 3,9 miliardi a 4,8, passando dallo 0,22% allo 0,26% del Pil, registrando un trend positivo sebbene ancora lontano dall' obiettivo fissato allo 0,7% del Pil di ogni Stato Ue entro il 2020.

 

Ma è salita anche, e ben del 69%, la quota di denari che anziché raggiungere scuole, ospedali, villaggi, zone di povertà tramite i progetti delle organizzazioni non governative operanti in Africa, è rimasta qui a finanziare la costosa macchina dell' accoglienza. L' Italia è in buona compagnia, nella classifica Ocse, insieme ad Austria, Germania e Grecia, che con lo stesso sistema hanno dirottato una vasta porzione dei fondi dello sviluppo all' assistenza domestica dei rifugiati.

 

migranti 2migranti 2

Un meccanismo consentito da una clausola del regolamento Dac dell' Ue, che permette di conteggiare le spese per i profughi sotto la voce «aiuto allo sviluppo» se spesi entro l' anno del loro arrivo. E che ha fatto sì che nonostante gli annunci rimbalzati come un mantra a ogni vertice dei leader europei, a conti fatti le risorse ricevute effettivamente dalle zone epicentro delle migrazioni siano scese del 3,9% rispetto al 2015.

 

centri di accoglienza 5centri di accoglienza 5

Nel complesso con lo stesso «trucco», la parte sottratta ai 142 miliardi stanziati da 22 Paesi nel 2016, supera oltre il 10%. Tanto che il segretario generale dell' Ocse Angel Gurría ha lanciato l' allarme: «Le nazioni principali dei donatori si sono impegnate a concentrarsi nuovamente sui paesi meno sviluppati. Ora è giunto il momento di trasformare questi impegni in azione. Insieme, dobbiamo prestare molta attenzione a dove sta andando il denaro e ciò che viene incluso nell' aiuto estero». Ma i numeri degli sbarchi del 2017, 85mila persone da gennaio a oggi, non promettono un' inversione di rotta. Nemmeno quella degli slogan.

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…