ANNI ’80! - RISCOPERTO IL DECENNIO PIU’ DETESTATO DALLA SINISTRA (AH! CRAXI, TOH! LA DISCO, OHIBÒ! L’EDONISMO) – UN PEZZO DI GRASSO, UN VECCHIO ARTICOLO DI DAGO

1. LA ‘'CONTROCULTURA'' DEGLI ANNI 80
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Correva il decennio. È sempre difficile raccontare la storia per decenni. Cosa sono stati gli anni Ottanta? Gli anni del riflusso? Gli anni dell'edonismo reaganiano? Un prolungamento dei favolosi Sessanta, il decennio, come sostengono molti, che ha illuminato di una luce diversa anche i decenni successivi? National Geographic Channel propone una rivisitazione di quegli anni, pieni di avvenimenti importanti, ma la cui caratteristica principale sembra essere questa: è il periodo in cui la «controcultura» è andata al potere (martedì, ore 20.55, canale 403 di Sky).

Basterebbe solo accennare alla meravigliosa avventura di Steve Jobs: «Le persone che hanno inventato il XXI secolo erano hippy della West Coast che fumavano erba e andavano in giro in sandali come Steve, perché vedevano le cose in maniera diversa». Sono parole di Bono Vox, il cantante degli U2.

Sono stati anche gli anni in cui la tv ha reso memorabile il suo agire, a qualunque prezzo. Proprio nel 1981, le telecamere documentano in diretta l'assalto del colonnello Tejero alle Cortes di Madrid, i quattro colpi di pistola a Ronald Reagan, l'attentato al Papa, l'assassinio di Sadat.

Da allora, la morte è diventata parte della cerimonia. Ma è anche il momento, secondo Robert J. Thompson, in cui la tv prende coscienza di se stessa: «In qualche momento degli anni 80, la Tv divenne arte. Raccolte di sceneggiature televisive cominciarono ad apparire nelle librerie B. Dalton; i dipartimenti universitari di letteratura iniziarono a offrire corsi con titoli come "L'analisi della immagine televisiva" e ben noti scrittori e registi di romanzi, cinema e teatro iniziarono clamorosamente a lavorare nel medium una volta disprezzato».

Correva il decennio in cui si è fondata la società contemporanea.
Quello di NatGeo è un modo pop di fare storia, dove spesso la suggestione è più forte dell'approfondimento.

2. EDONISMO REAGANIANO
Roberto D'Agostino per La Stampa (del 29 gennaio 2011)

All'inizio, pare soltanto un tormentone di "Quelli della notte", gag priva di senso, battuta demenziale, sandwich di termini, anche astrusi. Invece, sorpresa, l'Edonismo Reaganiano travalica il piccolo schermo e gli addetti alle opinioni di massa dichiarano pensosamente che non è solo un goliardico scherzo catodico ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli anni Ottanta. Apre il varco il filosofo Gianni Vattimo, oracolo del nichilismo post-moderno e agit-prop del "pensiero debole", celebrando la nuova etichetta su "La Stampa" con un editoriale che si intitola proprio Edonismo Reaganiano.

Ma i consensi dotti e intellettuali all'uso e abuso dello slogan provengono anche da voci più ortodosse. Dice Giuseppe Vacca, deputato comunista e pensatore di un certo impegno: "Apprezzo molto questa formula. Sono riusciti a nominare "la cosa" con un linguaggio metaforico tutt'altro che banale. Credo che il loro sia il primo contributo di pensiero critico diffuso attraverso i mezzi di comunicazione di massa, particolarmente utile per la percezione dei cambiamenti che stiamo vivendo".

Ancora. "Non si capisce di questi anni Ottanta se non si prende atto di questi cambiamenti e si continua a ragionare come negli anni Settanta", osserva il filosofo Salvatore Veca. Che aggiunge ("Panorama" del 30 giugno 1985): "Anche nell'epoca della felicitα privata si può mantenere la capacitα di raziocinio, non demonizzare né santificare quel che succede, ma cercare di distinguere". E' questa la grande sfida che la sinistra, il Pci di allora, raccoglie nel peggiore dei modi, continuando imperterrita a demonizzare l'essere e il benessere (e il risultato, dieci anni dopo, si chiamerà berlusconismo senza limitismo - e senza il reaganesmo un berlusconi non sarebbe mai sbucato dallo Stivale).

Il giochino di prestigio è riuscito. Il coniglio sbuca dal cappello a cilindro. In precario equilibrio tra l'ironico e il grottesco, spiego, trasmissione dopo trasmissione, quali sono i pensatori che tramano dietro la formuletta edonista, personaggi scelti con cura in base alla struttura del nome (Milan Kundera, Gianni Vattimo, Gilles Lipovetsky, Sebastiano Maffettone, Karl Rosenkranz, Achille Bonito Oliva). Ma soprattutto in base ai titoli dei loro libri: "L'insostenibile leggerezza dell'Essere" per Kundera, "Il pensiero debole" per Vattimo, "L'impero dell'Effimero" per Lipovetsky, "L'estetica del brutto" per Rosenkranz, "L'ideologia del traditore" per Bonito Oliva. Ecco, basta mettere in fila indiana i titoli di cui sopra per ottenere la soluzione dell'ambo Edonismo Reaganiano.

Aggiungere infine il titolo definitivo: Post-politica, e il cerchio si chiude. Siamo al di qua e al di là dei partiti, in un paesaggio che vede l'economia schiacciare la politica (la famigerata "reaganomics"), in cui sale alla ribalta il leader che si fa partito. Addio scudo crociato, in soffitta falce e martello, benvenuti negli anni Ottanta. Si è chiuso il ciclo della politicizzazione, del protagonismo collettivo e della ricerca della felicitα sociale, secondo l'espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann, autore appunto del libro "Felicitα privata e felicitα pubblica" (che spiega come i pendolarismi della storia derivino dall'oscillazione dei gusti del pubblico fra questi due poli). Di qui, complice la delusione sui risultati delle battaglie sociali e ideologiche, finite nell'assassinio di Aldo Moro, inizia un nuovo ciclo, quella della felicitα individuale, della affermazione personale, della fine degli steccati e dei ruoli consolidati.

Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal Noi all'Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal significato al significante, dalle fratte ai frattali, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. E' un Pediluvio universale. Impara l'arte e mettila nei party. Peperoncino dall'inizio alla fine. Conciliare l'alto e il basso. L'est e l'ovest. La Storia e la scoria. La qualitα e la quantitα. Lo snob e il Blob. I Dik Dik e i Duran Duran. Le Botteghe Oscure e le boutiques lucenti.

Del resto, lo scavalcamento dei ruoli, la sapienza combinatoria, il desiderio di sedurre, è ben rappresentato e legittimato dalle culture emergenti degli anni Ottanta: il Post-moderno nell'architettura, la Transavanguardia nella pittura, il "pensiero debole" nella filosofia, la New Wave nella musica giovane, il miraggio del look nelle tribù giovanili, il computer come memoria istantanea, il video come operazione di smontaggio e rimontaggio della realtα.

Se non si può opporre l'avanguardia alla tradizione, né l'avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il "doppio-gioco" dell'Edonismo Reaganiano è allora un tentativo positivo di mettersi in comunicazione con l'astuzia del tempo e l'ambivalenza del presente. E non è singolare che sia toccato proprio a Umberto Eco di diventare con l'intercontinentale e incontinente trionfo popolare del "Nome della rosa" il garante dello slittamento, della doppia identità.

L'Edonismo Reaganiano sbandiera la "democrazia del frivolo", sfacciatamente, portando con sé non solo trash e flash, ciarle e ciarlatani, cloni e coglioni, ma anche i bollori della creativitα individuale e del pluralismo, e riconcilia la tecnologia con il gioco, il potere politico con la seduzione, il sesso con il piacere, il divertimento con la vita. Sedotta da una ideologia zero che preferisce l'immagine alla cosa, la copia all'originale, la rappresentazione alla realtα. E la ottengono, anche se in forme mascherate da Kitsch sfrenato.

Dunque, gli Ottanta di mezzo non sono solo il nostro momento di massimo "orgiasmo", come scrive il sociologo francese Michel Maffesoli ne "L'ombra di Dioniso", ma anche l'apoteosi del Gusto del Cattivo Gusto. Dietro il quale, riassume brutalmente Milan Kundera, "c'è il bisogno di negare e nascondere "la merda", il bisogno di occultare il lato fecale dell'esistenza".

 

 

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