IL DIVINO ARBASINO: “NELLA ‘’GRANDE BELLEZZA’’ SI RIMANE SOPRATTUTTO STUPITI PER L'ETÀ AVANZATA DI QUESTA SOCIETÀ IN PREDA A SOLLAZZI. IN UNA ROMA STUPENDA, “CREDONO DI ESSERE NOI”, DIREBBE FLAIANO”

Alberto Arbasino per "Il Corriere della Sera"

Flashback. Ed ecco fra noi, eccellente ottantenne, Burt Bacharach, «gran signore del pop americano», nonché gran crooner nato a Kansas City. Oltre mezzo secolo fa, accompagnava al pianoforte Marlene Dietrich al Tivoli di Copenaghen. In un caffè all'aperto, con famiglie e gelati. E lei lo presentava e ringraziava e abbracciava profusamente.

Ma mentre sveltamente rimava «Lola» con «pianola», dalle prime file si osservava il suo abito di scena. Secondo le leggende, sotto quei pizzi ormai sporchetti c'era una tutina rosa che simulava un'epidermide freschissima, però d'estate c'era da temere un effetto-scafandro? Qualche piegolina tuttavia non bastava a stabilire definitivamente un effetto-pelle. E intanto: Lili Marlene, Mean to Me, Must I Go...

In quelle estati lontane, ci si fermò per qualche tempo a Modena, girando La Bella di Lodi. E lì ci si vedeva spesso con Antonio Delfini, ammiratore della bella Stefania Sandrelli. Una volta facemmo le comparse, quali distinti avventori in blu, in un famoso ristorante all'aperto. E poi vidi tagliare le nostre immagini, per un montaggio spietato.

Torna in mente, poiché Einaudi ripubblica le sue Poesie della fine del mondo, ma a Modena si parlava soprattutto di Ciro Menotti, vecchio amico della sua famiglia, pratico di certi sottopassaggi li accanto, e poi tradito dall'infame finto amico Francesco IV. Donde Stendhal, e la sua decisione di spostare a Parma la Certosa e la Corte di Modena.

A Roma invece si pranzava insieme da Cesaretto, in via della Croce, proprio davanti alla legatoria di G. B. Vicari, e dei suo mensile «Il Caffè», ove Delfini pubblicava i Comunicati (pieni di Espulsioni) della sua Accademia degli Informati, già «degli Informi». La sua formula preferita: «Sono nominati accademici e immediatamente espulsi G. Debenedetti, pubblicista; G. Noventa Ca' Zorzi, poeta veneziano; G. Piovene, del "Corriere"...».
«...E poi, che si fa? Dove si va, a Roma?», chiedeva Delfini, prima di ogni Dolce Vita.

E Flaiano gli faceva notare che fra gli «Amici-al Caffè» (da Aragno) vigevano lunghi silenzi, nella generazione precedente. Come alle Giubbe Rosse fiorentine. Poi, magari, una china calda alla farmacia Garinei, a San Silvestro. E Moravia ricordava che fra quei mutismi usciva a contare le macchine al Corso; e ne passavano sei o sette ogni ora.

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Ah, quegli esami di Maturità (o «licenza liceale», come si diceva), nel 1947, a Voghera. I professori venivano da Pavia; e come avremmo imparato l'anno seguente, su carri-bestiame ferroviari, dunque in piedi, e sopra tre ponti bombardati e deviati: Staffora Po, Ticino, o viceversa. Presidente, l'insigne latinista Enrica Malcovati, che si firmava «Henrica», sorella di un clinico illustre. E lo storico-filosofo Mariano Suali, che si sdraiava senza giacca sui gradini, e faceva osservare che certe scarpe tipo sandali non si addicevano al mio vestitino da dopoguerra, blu.

Altro che ammicchi al Grande Gatsby, allora. Canti di Dante a memoria, traduzioni dal greco a prima vista, matematica e fisica alla lavagna... Ero fra i più piccoli, perché nelle famiglie dabbene sì usava allora «far saltare le classi» ai figli promettenti. Fra la «buona» borghesia (dei professionisti), di fronte a qualunque novità si usava ripetere: «Tutte stupidaggini! Son cose da neanche dire!». E talvolta: «Vada a contarle al Kaiser! Forse ci crederà!».

Ma il film dal Grande Gatsby finisce per deludere, giacché i più mirabolanti congegni e dispositivi continuamente si accompagnano alla staticità delle espressioni, nelle facce.
Mentre nella Grande bellezza si rimane soprattutto stupiti per l'età avanzata di questa società in preda a spassi, svaghi, sollazzi. In una Roma stupenda, «credono di essere noi», direbbe Flaiano. E talvolta capita di trovarsi in una mondanità di anziani dove non si conosce quasi nessuno. Ma gli attempati «senior» e le loro signore non appaiono scatenati festaioli da Dolce vita in ritardo.

Con lo sfondo del Colosseo, vastissima si presenta la terrazza del ricchissimo scrittore. E dunque non può essere la sola prospiciente, della famiglia Amati. Qui ricordo un ricevimento per Wanda Toscanini, consorte di Vladimir Horowitz. Si andava a tutti i suoi ultimi concerti, ma una volta - era di Giovedì Santo - non appena arrivati a New York si andò in un locale alla moda, Mortimer's, e lì si vedeva lui, beato a un tavolino in vetrina, con Wanda e il suo agente di allora, poi sovrintendente al Metropolitan.

Gli si fecero tanti auguri per la Pasqua russa, e siccome i passanti lo additavano, Wanda (che non ne poteva più) ci chiese di convincerlo: andare a dormire! (Ma lui, che era stato depresso e recluso per anni, non ne voleva sapere).


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Quali sono i tre colori della bandiera italiana? Macché «bianco, rosso e verde». All'esame universitario di diritto costituzionale, un celebrato docente milanese rinviava a un prossimo appello i candidati che non rispondevano esattamente: «A partire dall'asta, verde, bianco e rosso»


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Non si usa più l'imperativo o congiuntivo presente? Viene da domandarselo, davanti a tutti quei «finissero, smettessero, andassero» - che grammaticalmente sono al passato - invece dei più logici «smettano, vadano, dicano».


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Bufera su... Alzare le asticelle, aprire un tavolo, far saltare il tavolo, cospargersi il capo di cenere... Tutto gratis, dunque tutto ok, ma in tempi di crisi economica può venire a costar troppo anche stracciarsi le vesti, benché umili e scabre secondo le regole francescane e i jeans.

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Fibrillazioni imperdibili o insostenibili? Quanta movida, in giro. Dovunque? Troppa? Ma allora, perché solo a Roma si biasimano e deplorano gli iniziatori e propugnatori dell'«Estate Romana?».

 

Burt BacharachMARLENE DIETRICH stefania sandrelli STEFANIA SANDRELLI ENNIO FLAIANO IL GRANDE GATSBYsorrentino sul set di La grande bellezza Vladimir Horowitz

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