
“IO VOGLIO VOTARE PERSONE CHE INSEGUANO DEMOCRAZIA E LIBERTÀ E NON SI DIMENTICHINO DI COSA È STATO IL PASSATO” – GIORGIO ARMANI ERA DEMOCRATICO E ANTIFASCISTA, VESTIVA I POLITICI MA DIFFIDAVA DI LORO - IL NO A CRAXI, LA PRIMA VOLTA AL COLLE CON COSSIGA, IL TRIBUTO AL CAV, RENZI CHE “CON QUELLA CAMICIOLA BIANCA NON VA BENE”, LA STIMA CON MATTARELLA (ANCHE SE NON VOLEVA L'INVESTITURA A SENATORE A VITA) – DRAGHI? “LO VORREI COME PADRE” – NESSUN ENDORSEMENT A MELONI: “MI SECCA A VOLTE VEDERLA COSÌ PICCOLINA E MINUTA, NEGLI INCONTRI IN EUROPA, IN MEZZO A TANTI SIGNORI STATUARI ED ELEGANTI” – E SULLE TASSE…
Maria Corbi per “La Stampa” - Estratti
Se Giorgio Armani si è sempre tenuto lontano dalla politica, la politica lo ha sempe corteggiato. Il primo fu proprio Bettino Craxi che usò anche l'estetica per rompere con il Pci e disegnare un mondo «da bere», a iniziare da Milano, per uscire dal clima di piombo degli Anni '70.
La moda diventa un'arma di consenso e sono molti gli stilisti che siedono alla corte del leader socialista. Ma non lui, Armani, che non vuole essere preso per la giacchetta, esposto, usato. Un senso di indipendenza e di pudore che ha conservato fino alla fine, come anche la paura di quello che era stato.
La dittatura, la guerra, vissuta sulle rive del Trebbia, a Piacenza dove suo padre era un impiegato negli uffici del Partito nazionale fascista, cosa che gli costerà, dopo la guerra, anche 8 mesi di carcere prima di emigrare a Milano con la famiglia.
«Io voglio votare sempre e solo persone che inseguano democrazia e libertà e non si dimentichino di cosa è stato il passato», amava ripetere a chi gli chiedeva cosa votasse.
Quando Giorgia Meloni per l'insediamento del Consiglio dei Ministri, a ottobre 2022, sfoggiò un suo tailleur, nessun endorsement, nemmeno estetico, più una questione di stile che di politica.
«Credo che Giorgia Meloni abbia due attributi del corpo abbastanza robusti – disse alla fine della sfilata milanese –. Non li ha, ma è come se ce li avesse. Su politica e strategie non sono così competente. Mi secca a volte vederla così piccolina e minuta, negli incontri formali in Europa, in mezzo a tanti signori statuari ed eleganti. Ha un bellissimo viso».
Nemmeno il Pd è riuscito a fargli fare un endorsement nonostante Armani nel tempo, decidendo chi vestire, ha in qualche modo fatto capire chi preferisse, almeno in estetica, da quando cambiò il look alla neo ministra Giovanna Melandri passata dai gonnelloni gruppettari ai suoi tailleur essenziali.
Altra donna politica apprezzata dal maestro, Anna Finocchiaro, con quel suo stile naturalmente armaniano. E poi c'è Liliana Segre invitata più volte negli ultimi anni alle sue sfilate, proprio quando la senatrice a vita era minacciata e insultata sui social.
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Non voleva, dicono i suoi amici, l'investitura a senatore a vita, lui un ruolo istituzionale in Italia sentiva comunque di averlo, simbolo dell'eccellenza creativa, orgoglio e ambasciatore del Made in Italy. «La politica m'interessa perché cerca di modellare le nostre vite – ha detto una volta –. La seguo a distanza per mantenere un punto di vista equilibrato ma consapevole. Sono nato e ho passato la mia infanzia negli anni della dittatura e della guerra. Ho visto cambiare il mio Paese che ha scelto, a prezzo di lacrime e sangue, la democrazia e di questa scelta sono molto orgoglioso».
Alcuni leader politici gli piacevano sicuramente più di altri. Mario Draghi, ad esempio.
«Lo vorrei come padre – ha confidato quando Draghi era a Palazzo Chigi -. Mi piace molto: ho sempre amato il suo atteggiamento distaccato quando serve, dà una forma di sicurezza che piace».
Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, nonostante i due fossero divisi da un mondo, dal modo di concepire etica ed estetica, fece il suo tributo: «Un leader indiscusso al di là dell'orientamento politico. È stato l'artefice di un cambiamento profondo nella vita, nella società e nell'imprenditoria di questo Paese».
Su Renzi un giudizio con tirata di orecchie sul look. «Renzi è bravissimo perchè spinge in maniera decisa , ma con quella camiciola bianca... non va bene... Sì, anche Obama resta in camicia ma la porta con la cravatta e ha un tocco un po' sexy». Quando poi si dimise dopo il fallimento del referendum istituzionale gli concesse l'onore delle armi: «Un gesto responsabile e corretto». E ancora: «Ha commesso errori di carattere come spesso accade a chi ha una forte personalità».
Un rapporto di stima reciproca con il presidente Sergio Mattarella, «una persona molto affabile». L'incontro a Parigi, appena usciti dal lockdown. Al Quirinale lo stilista nel dicembre del 2020 dona un grande tappeto in seta grigia con effetto tridimensionale per la sala da pranzo del Belvedere di Torrino, dove avvengono gli incontri più riservati. L'anno dopo Mattarella lo nomina cavaliere di Gran Croce, massima onorificenza della Repubblica Italiana. La prima volta di Armani al Quirinale fu nel 1986, su invito di Francesco Cossiga.
«Mi sentivo intimidito, anzi piccolo piccolo dalla magnificenza di quel palazzo». Eppure aveva già una ventina di copertine internazionali compresa quella di Time che lo definiva il più importante degli stilisti italiani («Giorgio's gorgeous style»).
L'amore per il suo Paese senza mai nessuna tentazione sovranista. E senza invocare il taglio delle tasse: «La crisi economica non dipende dal fatto che si pagano troppe tasse ma al contrario perché molti non le pagano». Stile Armani.
leo dell'orco giorgio armani
giorgio armani sfilata primavera estate 2015 a milano
giorgio armani
GIORGIO ARMANI - FOTO LAPRESSE