mario draghi ucraina guerra kiev

IL BAGNO DI REALISMO DI DRAGHI - DALL’EUROPA ALLA NATO FINO ALLE ARMI E ALL'ENERGIA, IL DISCORSO DI “MARIOPIO” IN PARLAMENTO È UNA LEZIONE A PACIFISTI, GRETINI E UTOPISTI VARI E AVARIATI, CHE PENSAVANO DI VIVERE NEL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILE - SUL GAS, IL “GRANDE GESUITA” HA DETTO CHE “NEL BREVE TERMINE” NON CI SARANNO INTERRUZIONI. EVIDENTEMENTE, IL PROSSIMO ANNO SARANNO DOLORI… - LA CITAZIONE DEL PENSATORE NEOCON ROBERT KAGAN - VIDEO

 

Fausto Carioti per “Libero quotidiano”

 

MARIO DRAGHI

L’unico problema è l’oratoria. Mario Draghi fa qualunque discorso come se stesse leggendo il bollettino della Bce, quello con le aspettative d'inflazione nell'area euro. Ed è un peccato, perché nei momenti storici (questo purtroppo lo è) l'ars declamandi aiuta, e la sostanza delle parole dette ieri in parlamento dal premier gronda sano realismo.

 

ROBERT KAGAN

Dopo decenni di allucinazioni collettive sull'Europa continente di pace e gli stili di vita ecosostenibili, ce n'era un gran bisogno. Avesse avuto una copertina, la sua orazione avrebbe potuto intitolarsi "Come eravamo".

 

Sino a pochi giorni fa ci cullavamo nelle «illusioni» (parola di Draghi) che «l'integrazione economica e politica perseguita con la creazione dell'Unione europea ci mettesse a riparo dalla violenza»; che «le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda guerra mondiale», ovvero le mitiche Nazioni Unite, «fossero destinate a proteggerci per sempre». Ecco, è giunto il momento di uscire dal Paese delle Meraviglie: non è così.

mario draghi parla al senato

 

A SCUOLA DAI NEOCON

Per spiegarcelo, Draghi cita Robert Kagan e dice che «la giungla della Storia è tornata, e le sue liane vogliono avvolgere il giardino di pace in cui eravamo convinti di abitare». Kagan, esperto di storia e geopolitica, è il padre dei pensatori neoconservatori statunitensi e ha lavorato al dipartimento di Stato dal 1984 al 1988, nel secondo mandato di Ronald Reagan.

 

lorenzo guerini

In Italia lo conoscono in dieci, ed è un bene che Draghi sia tra costoro. Ha scritto un libro, Il ritorno della giungla, dal quale il premier ha preso quella frase. In un altro, Paradiso e potere, accusa gli europei di essersi convinti che «la caduta dell'Unione sovietica aveva eliminato non soltanto un avversario strategico, ma in un certo senso anche la necessità della geopolitica. Nella fine della guerra fredda molti europei hanno visto la possibilità di prendersi una vacanza dalla strategia», riducendo costantemente i bilanci della difesa.

 

LUCIANA LAMORGESE MARIO DRAGHI

I testi su cui si è formato Draghi sono questi. Una simile lente gli consente di vedere l'invasione dell'Ucraina decisa da Vladimir Putin per quello che è: «Tollerare una guerra d'aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa».

 

VOLODYMYR ZELENSKY FA IL PUGNO CHIUSO IN VIDEO CONFERENZA AL PARLAMENTO EUROPEO

Se la diagnosi è spietata, la terapia non può essere indulgente. La reazione deve essere «rapida, ferma e soprattutto unitaria». Quella militare inizia incrementando «la postura di deterrenza sul confine orientale dell'Alleanza»: uomini, navi e aerei già a disposizione della Nato in Lettonia e Romania, ai quali se ne potrebbero aggiungere altri. E sono in partenza le armi che serviranno al popolo di Volodymyr Zelensky «per resistere all'invasione e difendere l'indipendenza del Paese»: l'Ucraina come frontiera anche nostra.

 

mario draghi al senato

Persino Draghi pare un po' stupito, quando fa notare il passaggio dell'Europa dalle parole vuote alle forniture di armi agli ucraini e alle dure sanzioni contro la Russia: «Gran cambiamento rispetto a quell'atteggiamento un po' velleitario negli ultimi decenni». Vero, anche se non basta certo questo per sfrattare da Bruxelles la retorica del nulla. Sarà comunque inevitabile aumentare la spesa militare.

 

Progetto che il ministro Lorenzo Guerini aveva già avviato, e che adesso per Draghi diventa imperativo: «La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora». La scelta è se farlo a livello nazionale oppure europeo, in un esercito comune, ed è chiaro che la seconda strada è la preferita dal premier.

volodymyr zelensky

 

LIBERI DAL GAS RUSSO

L'altro bagno di realismo riguarda l'energia. La buona notizia è che, «nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia non dovrebbe comportare seri problemi». Notare: «nel breve termine». Perché Draghi non nasconde che tra un po' saranno dolori: «In assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni, ma anche nel prossimo futuro più immediato, rischia di essere più complicata».

 

GASDOTTO TRA RUSSIA E CINA - POWER OF SIBERIA 2

E siccome l'Italia avrebbe più da perdere rispetto ai Paesi europei che hanno centrali nucleari e fonti proprie, Draghi chiede di mettere in comune stoccaggi e approvvigionamenti. Anche da questo si capirà se i missili di Putin hanno davvero cambiato la Ue. Aspettando le energie rinnovabili, bisognerà avere più gas da altri Paesi e mettere in conto «il possibile raddoppio» del gasdotto Tap, che porta in Salento il gas azero: sale sulle vene aperte del M5S.

 

luigi di maio lorenzo guerini

Ma nell'immediato è probabile che ci si debba arrangiare con «incrementi temporanei» nell'uso di carbone e petrolio, i fossili più detestati dagli ambientalisti. Incrementi che «non prevedrebbero comunque l'apertura di nuovi impianti» (e l'uso del condizionale fa capire che Draghi non esclude nemmeno questa strada). Da mettere in conto pure qualche forma di razionamento del gas.

 

Di certo aumenterà il prezzo dell'energia e serviranno nuovi interventi a sostegno di imprese e famiglie. Sarà dura, insomma, ma a maggior ragione, qualunque cosa succeda in Ucraina, deve iniziare subito lo sganciamento dai gasdotti russi, che ci danno il 41% del metano che usiamo. Perché «non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese. Ne va anche della nostra libertà».

GASDOTTO TRA RUSSIA E CINA - POWER OF SIBERIA 2

 

Un mondo infame, quindi, quello che Draghi ci ha mostrato ieri, scavando con le parole sui concetti più sgradevoli: «La nostra storia, tolti gli ultimi ottant' anni, è una storia di massacri, di guerre, di tirannie, di dittatori, di guerre lunghissime». Sognavamo che il nostro percorso fosse tutt' altra cosa, fessi che eravamo. E se pensiamo che sia brutta per noi, immaginiamo come può essere a Kiev e dintorni.

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…