UN BASSOLINO NELLA SCARPA DI BERSANI - L’EX GOVERNATORE “SPREMUTO” PER LE PRIMARIE E POI ABBANDONATO SBOTTA: “LE LISTE SONO DEBOLI, COSÌ IL PD PERDE LA CAMPANIA” - “NESSUNO MI HA CHIESTO UN PARERE, ME LE HANNO MOSTRATE A COSE FATTE. SONO INCAZZATO E FARÒ MOLTA FATICA A METTERE LA CROCE SUL SIMBOLO DEL MIO PARTITO” - ADDIO ANCHE ALL’EX DELFINO?: “NON MI RICONOSCO IN ALCUNA CORRENTE, NEANCHE IN QUELLA DI COZZOLINO”…

Pietro Treccagnoli per Il Mattino

«Scriva pure che sono fuori di me, che sono incazzato».

Si sente, si sente dalla voce, presidente Bassolino. Questa campagna elettorale in Campania, regione decisiva, darà filo da torcere al Pd.
«E se la sono cercata».

In senso?
«Hanno fatto delle liste deboli, segno di una chiusura interna del Pd. Persino il Pci dei tempi andati era più aperto verso gli intellettuali esterni e alla società civile».

All'ex-sindaco ed ex-governatore Antonio Bassolino va stretto l'abito di leader fuori dai giochi, del Cincinnato di turno. Non è nella sua storia e nella sua indole di combattente. Ora qual vestito è costretto a indossarlo. Ma soffre per una quarantena troppo lunga. A tutti viene concessa una seconda possibilità nella vita, a qualcuno, vedi Berlusconi, persino la sesta, ma per lui vale ancora l'ostracismo. Ieri è stata, persino, decisa la chiusura di Fondazione Sudd, la sua associazione onlus aperta meno di tre anni fa. Nata senza contributi pubblici, era in crisi finanziaria da tempo. Il cda, presieduto dallo stesso Bassolino, non ha potuto che sancire il calo del sipario. E per l'ex sindaco trattenersi è davvero difficile, impossibile.

Presidente, la chiusura di Fondazione Sudd è stato l'ultimo atto di una stagione politica?
«Io guarderei la vicenda da un'altra prospettiva. Quando la notizia del rischio di chiusura è stata data dai giornali, ho immaginato che qualcuno si facesse avanti per sostenerci, ma nessuno ha parlato. Nessuno, tra le persone impegnate nelle istituzioni, alla Regione e in Parlamento, o nel partito, si è dimostrato interessato a far resistere una voce come la nostra. Nessun segnale. Allora, meglio chiudere in un modo dignitoso con un debito sostenibile, che possiamo onorare».

Un addio con molta amarezza.
«Di più. È la prova che a Napoli non c'è abbastanza attenzione per luoghi di dibattito politico e culturale che dalla sinistra si aprano a tutta la città. Per questo, sono stato io a dire: basta, fine».

E ora che fa? Mica getta la spugna?
«Leggo, studio, corro, scrivo».

Che cosa sta scrivendo?
«Un libro nel quale vado avanti e indietro con la memoria e affronto diversi aspetti della vita politica e della mia vicenda personale».

E la politica, la militanza? Le liste del Pd non le piacciono, s'è capito. Ma nessuno l'ha interpellata prima?
«Non ne hanno sentito il bisogno, evidentemente. Nessuno mi ha chiesto di esprimere un parere sulla loro formazione. Me le hanno mostrate a cose fatte».

E lei che cosa ha detto?
«Ho espresso la mia preoccupazione. Con questi nomi non funzionerà e se ne accorgeranno».

È pessimista.
«Molto. Ma quando mi sarà chiesto il mio contributo lo darò».

In che senso?
«Come cittadino ed elettore voterò il mio partito».

È il minimo. Lo farà turandosi il naso?
«Non lo scriva, per piacere, ma una volta entrato nella cabina farò molta fatica a mettere la croce sul simbolo del mio partito. Lo farò solo per rispetto alla mia storia politica».

Anche per i capilista a Camera e Senato il Pd non è riuscito a esprimere tre candidati interni campani.
«Ma questo ci può anche stare. Spesso in passato è stato fatto. Però, in passato, il Partito comunista, persino il Partito comunista, era capace di coinvolgere le energie intellettuali e quelle della società civile in modo più ricco. È invece impressionante il numero di politici non campani nelle liste. Ne ho contati undici. Pensi che nel Veneto ce n'è, a malapena, uno. Per il resto, le liste sono state fatte per tutelare gli apparati, sono state gestite con una logica tutta interna».

Segno di una debolezza che mette a rischio il successo. Sei anni fa la Campania fu decisiva, per appena 25mila voti. Qualcuno ha scritto che quella vittoria fu possibile proprio perché c'era Bassolino. E ora?
«Che devo dirle? Io faccio il mio dovere, ma ormai non mi riconosco in nessuna componente del partito, né bindiani, né lettiani, né dalemiani, né franceschiniani, né cozzoliniani e tutti gli altri. Sto a casa, per conto mio. E parlo a nome mio, di Antonio Bassolino».

 

antonio bassolino tintoPIERLUIGI BERSANI FOTO DA OGGI - MATTEO RENZI FOTO DA OGGI - MATTEO RENZI MATTEO RENZI A PORTA A PORTA - SULLO SFONDO BERSANImatteo-renzi-padre-cover

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