CULATELLO IS BACK! - BERSANI AVVERTE RENZI: ‘LE EUROPEE NON SONO UN REFERENDUM SUL GOVERNO, ALTRIMENTI I VOTI SCAPPANO’ – ‘LE RIFORME? L’ITALICUM SI DEVE CORREGGERE. NO AL POPULISMO DEL PRESIDENZIALISMO’

Carlo Bertini per ‘La Stampa'
Se qualcuno mi iscrive al partito dei gufi o dice che io voglio boicottare le riforme o mettermi di traverso, lo sfido a duello. Sarebbe un insulto sanguinoso ». Si indigna Pierluigi Bersani, mentre corre in auto verso la prima di quindici tappe, una cena elettorale in quel di Fornacette, vicino a Pisa, dove lo attendono trecentoquaranta militanti, paganti e già seduti ai tavoli. «Vado a fare il mio dovere, mi sono rimesso in forze e ricomincio a girare, predicando lealtà e responsabilità».
Un linguaggio pastorale, quello di "Pigi", come lo chiamano i "compagni". Un linguaggio consono a chi si ritrova - per i paradossi tipici della politica - a dover tirare la volata elettorale al rivale d'un tempo che fu. Non lancia guanti di sfida al leader, ammette di marcare un certo territorio, di voler solo «rianimare le truppe» nei luoghi a lui più familiari, «quelli che hanno un sapore più popolare».
Insomma l'ex segretario vuole «dare una mano alla ditta», senza lesinare le punture di spillo, ma senza remare contro in questo tour di tre settimane parallelo a quello di Renzi. I suoi consigli li dispensa in "bersanese" su un voto che «sì, sarà anche un referendum sul governo, ma meglio non caricarlo troppo sul versante interno, altrimenti i voti scappano».
Come scappano? «Fa bene Renzi a dire che bisogna lasciar perdere i sondaggi, neanche io credo che Grillo arriverà primo, sono sicuro che questi mesi in Parlamento non sono passati invano. E anche se mai fosse, tra arrivare primo e andare poi a votare c'è di mezzo il mare». Bersani non mette in conto un voto anticipato. Il Pd può raccogliere i frutti di un governo che «sta dando una scossa al Paese e spero che prevalga negli elettori la voglia di "andare a vedere".
Dunque non dico di occultare tutto questo ma meglio non diventi il centro della scommessa. Mettendo l'orecchio a terra, sento che non si è placato ancora il sentimento di disaffezione e rassegnazione rabbiosa». Tradotto, può ancora montare la voglia di un voto di protesta, «per dare un segnale», meglio parlare di Europa cercando di drammatizzare il significato di quegli slogan anti- euro. E quindi anche di fronte ai più nostalgici, a quelli cui non è andato giù che la ruota abbia girato così in fretta, Bersani si trova a dire che «bisogna valorizzare tutto ciò dando una mano, affinché tutto questo crescere di aspettative abbia una sua concretezza. Ma quando Grillo dice "fuori dall'euro" la gente deve sapere che un minuto dopo si troverebbe in mano carta straccia, una svalutazione micidiale con esiti catastrofici».
In mezzo alla sua gente ritrova la carica Bersani. «Mi sento benissimo», dice e del resto la forma sembra smagliante, anche se l'operazione alla testa ha lasciato un segno coperto dall'abbronzatura delle sue passeggiate in collina, una lunga cicatrice sul capo che da sola racconta ciò che ha passato. E con i suoi si mostra combattivo su ciò che gli sta a cuore. «Con i rapporti di forza che abbiamo in Parlamento e nel Paese possiamo fare le riforme.
Sul Senato si sta perdendo tempo in questioni di puntiglio, siamo a un passo dalla soluzione e bisogna fare presto e bene. L'Italicum si corregge, sulle soglie di accesso, sui parlamentari nominati. Berlusconi? Non gli va lasciata l'ultima parola. Il presidenzialismo? Per la storia antica e moderna dell'Italia direi che ci espone a rischi di populismo ».
Viene da chiedergli, ma che fa, boicotta? «Se ogni volta che uno apre bocca lo si accusa di boicottare vuol dire che siamo passati in un altro sistema... Anzi, sul sindacato vorrei suggerire a Renzi di evitare guerre, certo ognuno fa il suo mestiere, nessuno deve avere il diritto di veto, al governo l'ultima parola. Ma un confronto risparmia errori come quelli fatti sugli esodati e se loro dicono una cosa meglio ascoltarli». E sul lavoro non lesina colpi, «perché su queste norme si sono accese troppe passioni e non produrranno miracoli, se daranno occupazione lo si vedrà dall'economia reale».
Ricorda la legge rilanciata da Letta sulle ristrutturazioni edilizie per lanciare «un invito a esser più concreti, perché antiche cose possono dar più lavoro di tante novità verbali». Quindi qualche colpetto a Renzi lo dispensa eccome, anche se vuol mostrarsi collaborativo e leale, anche se a tutti i candidati sindaco della provincia di Pisa radunati in questa ex fornace adibita a casa del popolo dice «forza ragazzi, impegno e fiducia, diamoci dentro»; anche se mentre stringe mani e la sua voce è sommersa da applausi assicura «sono fuori dai giochi e sono pronto a portare acqua al mulino. Io sto bene in panchina ma se c'è una squadra, nessuno pensi di far da solo, che non si va da nessuna parte».

IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI bersani renzi pierluigi bersani enrico letta e sergio cofferati - Copyright PizziPIETRO GRASSO TRA BERSANI ED ENRICO LETTA

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