1. CON BERTONE FUORI DALLA SEGRETE STANZE DEL PAPA, UN’ERA SI CHIUDE E PER MOLTI GIORNALISTI IMBOCCATI DAL BUON TARCISIONE, L’INSOFFERENZA PER LA RIVOLUZIONE DI BERGOGLIO HA SCATENATO VELENI E RANCORI CONTRO I NUOVI ARRIVATI 2. VEDI IL CASO DI SANDRO MAGISTER, TEOLOGO E VATICANISTA DELL’’’ESPRESSO’’, DA SEMPRE VENTRILOQUO DI BERTONE, CHE NON PERDE OCCASIONE PER BASTONARE LA NOMINA DI FRANCESCA CHAOUQUI NELLA COMMISSIONE PER RIPULIRE LE FINANZE VATICANE 3. FINO A SOSTENERE, IN MODO NEANCHE TROPPO VELATO, CHE CHI SI METTE CONTRO LA COMMISSARIA DEL PAPA, MUORE. E SEGNALA QUEL “CRONISTA CHE AVEVA FORNITO I MAGGIORI DETTAGLI SULL’AFFARE CHAOUQUI, LA CUI FIRMA SEMBRA ESSERE SPARITA DAL QUOTIDIANO E DAL SETTIMANALE CHE AVEVANO OSPITATO I SUOI DOCUMENTATI ARTICOLI”

1 - DAGOREPORT
Cos'ha Sandro Magister? Il raffinato teologo e vaticanista dell'Espresso, che della Santa Sede conosce vita, morte e miracoli, da un po' sembra stranito. Nei suoi articoli, sempre gravidi di sussurri "dal sen fuggiti" dalla Segreteria di Stato, traspare una continua insofferenza per la nomina di Francesca Chaouqui nella commissione referente sulle attività economico-finanziarie del Vaticano.

Dalle affollatissime pagine del suo blog sull'Espresso, Magister è tornato più volte sull'affaire Chaouqui, con articoli al vetriolo fino a descrivere la 31enne calabro-egiziana addirittura come "nemico in casa" della riforma Bergoglio, nonostante sia stato lo stesso Pontefice argentino a cooptare la ragazza nella super Commissione...

Nel suo furore giornalistico, messo sapientemente a fuoco da mirini bertoniani, Magister ha anche additato la Chaouqui come gola profonda di Gianluigi Nuzzi, fustigatore con i suoi libri delle beghe vaticane, e "informatrice assidua" di questo sciagurato sito, bollato spregiativamente come il "ricettacolo più letto in Italia di maldicenze e veleni vaticani".

E nell'articolo che segue, prima smonta l'autodifesa della Commissaria del Papa (con quali prove?), che ha sostenuto nelle interviste rilasciate a "Espresso" e "Panorama" di essere vittima di un complotto "controrivoluzionario" e di aver subito la violazione dell'account e-mail. E poi sostiene, in modo neanche troppo velato, che chi si mette contro la Commissaria del Papa, muore.

L'esempio, scrive Magister, sarebbe quel "cronista che aveva fornito i maggiori dettagli sull'affare Chaouqui, la cui firma sembra essere sparita dal quotidiano e dal settimanale che avevano ospitato i suoi documentati articoli".
Una grande epuratrice in gonnella, dunque. E profumata di borotalco papale.

Siamo sicurissimi che gli strali di Magister siano puntellati da carte, documenti e fotocopie di ogni tipo. Ma al di là delle intemerate, più o meno suggestive, che il fine esegeta delle cose porporate ha condotto nelle sue "articolesse", resta un sospetto di fondo. Non è che Magister - come molti altri giornalisti imboccati dalla Segreteria di Stato di Tarcisio Bertone - sia insofferente per la fine di un'era? Non è che la perdita di un rapporto privilegiato con le segrete stanze, abbia scatenato veleni e rancori?

I lettori più smaliziati ormai sanno che il Vaticano, prima dell'arrivo di Bergoglio, era un campo di battaglia spaccato, di fatto, in due correnti: bertoniani e anti-bertoniani. E dunque non è assurdo pensare che "gli amici di Tarcisio", sconfitti dal nuovo corso in Curia, stiano sparando le ultime cartucce contro la nouvelle vague del Papa argentino.

D'altronde è lo stesso Magister a notare, con una certa stizza, come "le sue quotazioni (della Chaouqui) non siano state affatto scalfite dagli articoli che hanno attribuito a lei tweet insultanti nei confronti del cardinale Bertone e l'hanno accusata di aver violato il segreto cui era tenuta". Ma se le ipotesi di questo "ricettacolo" fossero solo illazioni di bassa lega, il 70enne vaticanista-teologo potrà sempre infliggerci tre Padre Nostro, quattro Ave Maria e poi assolverci un atto di pietà magistrale.
Anzi Magister.

2 - LA NUOVA CURIA PRENDE FORMA COSÌ
Sandro Magister per http://chiesa.espresso.repubblica.it/

Con papa Francesco si è innescata una "rivoluzione evangelica", ha detto con parole perentorie a fine agosto l'uruguayano Guzmán Carriquiry Lecour, segretario della pontificia commissione per l'America latina e quindi il laico più alto in grado in Vaticano, da anni legatissimo all'attuale pontefice.

Uno degli effetti di questa "rivoluzione" può essere visto nell'incalzare di decisioni prese dal vescovo di Roma per modellare una curia romana a sua immagine e somiglianza, dando seguito a quanto chiestogli da buona parte dei cardinali che lo hanno eletto.

Jorge Mario Bergoglio infatti, anche se continua a preferire definirsi "vescovo di Roma" e firmarsi col semplice nome Francesco non seguito dal "PP" che sta per papa, nel governo degli organi centrali della Chiesa procede con un piglio decisionista di gran lunga superiore a quello del suo predecessore Benedetto XVI.

Un paio di esempi illustrano bene questo cambio di passo.
Joseph Ratzinger, quando fu elevato al soglio di Pietro aveva probabilmente già in mente chi sarebbe stato il suo segretario di Stato. Ma il suo prescelto, il cardinale Tarcisio Bertone, subentrò ad Angelo Sodano solo il 15 settembre dell'anno successivo, diciassette mesi dopo.

Il cardinale Óscar Andres Rodríguez Maradiaga ha raccontato a fine settembre alla tv cattolica canadese "Salt and Light" che anche papa Bergoglio, quando il 17 marzo scorso lo invitò a pranzo quattro giorni dopo l'elezione, aveva già in mente il nome del nuovo segretario di Stato.

E in effetti, il 15 ottobre scorso, dopo soli sette mesi di pontificato, il cardinale Bertone è stato sostituito dall'arcivescovo veneto Pietro Parolin, che prenderà materialmente possesso del suo ufficio appena superati i postumi di un intervento - "non grave" a detta del portavoce vaticano padre Federico Lombardi - presso il reparto di chirurgia epatobiliare dell'ospedale di Padova.

Papa Ratzinger, dalla grandissima sensibilità liturgica, aspettò poi quasi due anni e mezzo prima di cambiare il maestro delle cerimonie pontificie, chiamando a Roma il genovese Guido Marini, l'ultimo diacono caudatario del cardinale ultraconservatore Giuseppe Siri, per sostituire il quasi omonimo Piero Marini, già segretario e sodale di Annibale Bugnini, l'architetto effettivo della riforma liturgica post-conciliare, a cui un "pentito" Paolo VI fece finire i giorni terreni nella periferica nunziatura di Teheran. Nell'ottobre 2008 Benedetto XVI nominò anche cinque nuovi consultori dell'ufficio delle cerimonie pontificie scegliendo ecclesiastici di sensibilità tradizionale come quella di Marini (Guido).

Papa Bergoglio, che pure non sembra avere la liturgia tra le sue priorità, ha invece subitaneamente approfittato del fatto che i consultori scelti dal suo predecessore fossero arrivati alla fine del loro quinquennio. E così dopo soli sette mesi di pontificato li ha voluti - significativamente - sostituire tutti. Richiamando in servizio anche una delle vittime del ricambio di cinque anni prima, e cioè padre Silvano Maria Maggiani, capo ufficio della congregazione per il culto divino, storico alleato di Marini (Piero).

Se poi è vero che Benedetto XVI, dopo pochi mesi di pontificato cambiò il segretario della congregazione per il culto divino, trasferendo il titolare dell'epoca, l'arcivescovo Domenico Sorrentino, alla diocesi di Assisi, perché ritenuto non in sintonia con la propria sensibilità liturgica, è altrettanto vero che papa Francesco, nello stesso lasso di tempo, ha già trasferito a incarichi di minor rango non una ma tre personalità di spicco: il cardinale Mauro Piacenza, l'arcivescovo Guido Pozzo e il vescovo Giuseppe Sciacca, considerati per sensibilità teologico-liturgica tra i più "ratzingeriani" della curia romana.

Queste brusche rimozioni senza promozione, assieme al fatto che la stragrande maggioranza dei dirigenti di curia sono stati mantenuti al loro posto solo provvisoriamente - "donec aliter provideatur" -, hanno creato in Vaticano un diffuso clima di terrore, non troppo addolcito dalla qualifica di "evangelica" applicata alla "rivoluzione" in atto.

Ovviamente in un clima del genere il danno peggiore è quello di essere accusati o sospettati di essere agenti o complici di un'azione di resistenza controrivoluzionaria, reale o immaginaria che sia.

Un esempio, anche se minore, illuminante in questo senso riguarda la giovane Francesca Immacolata Chaouqui, nominata dal papa a far parte della commissione referente sulle attività economico-finanziarie vaticane, su indicazione del segretario della stessa commissione, monsignor Angel Lucio Vallejo Balda, della fraternità sacerdotale della Santa Croce, Opus Dei.

Non sembra verosimile - come pure è stato scritto - che la signora in questione sia stata più volte a tavola col papa. Risulta invece che le sue quotazioni non siano state affatto scalfite dagli articoli che - tra l'altro - hanno attribuito a lei tweet insultanti nei confronti del cardinale Bertone e l'hanno accusata di aver violato il segreto cui era tenuta, diffondendo via email documenti riservati riguardanti la commissione.

In Vaticano infatti c'è chi si è fatto convincere che la signora Chaouqui sia vittima di un complotto "controrivoluzionario" e che i suoi tweet e la sua posta email siano stati manomessi con manovre provenienti dalla Gran Bretagna.

Sono pochi a dar credito a questa versione da film spionistico ma, in mancanza di un chiaro e univoco segnale del papa al riguardo, la maggioranza dei curiali preferisce far finta di credervi, anche per non fare, in campo ecclesiastico, una fine analoga a quella che pare aver fatto, in campo mediatico, il cronista che aveva fornito i maggiori dettagli sull'affare Chaouqui, la cui firma sembra essere sparita dal quotidiano e dal settimanale che avevano ospitato i suoi documentati articoli.

Tornando a questioni - forse - più serie si può poi aggiungere che è stata a suo modo rivoluzionaria anche l'importante nomina a segretario della congregazione per i vescovi del brasiliano Ilson de Jesus Montanari, 54 anni, del clero dell'arcidiocesi paulista di Ribeirão Preto.

Rivoluzionaria non tanto per l'età relativamente giovane del nominato. I suoi quattro immediati predecessori vennero chiamati all'incarico a 72, 71, 64 e 71 anni; ma nel 1990 l'allora arcivescovo presidente della pontificia accademia ecclesiastica Francis J. Rigali fu nominato anche lui a 54 anni.

Né per il fatto che Montanari non sia ancora vescovo. Non lo era neanche Giovanni Battista Re quando venne nominato, a 53 anni, nel 1987 da Giovanni Paolo II. E non lo era Ernesto Civardi quando venne scelto, a 61 anni, nel 1967 da Paolo VI.

Ma Re all'epoca era in curia già da sedici anni e da otto era assessore, cioè numero tre, della segreteria di Stato. E Civardi lavorava addirittura dal 1934 nella sacra congregazione concistoriale (il vecchio nome della congregazione per i vescovi) di cui era sottosegretario dal 1965.

Invece monsignor Montanari lavora alla congregazione per i vescovi da appena cinque anni, con la semplice qualifica di addetto di segreteria di seconda classe. Il suo è un salto che non sembra avere precedenti. E che sembra preludere a cambiamenti radicali nella trentina di cardinali e vescovi che attualmente compongono la congregazione, anche loro tutti appesi al "donec aliter provideatur".

Sembra evidente che quella del nuovo numero due della "fabbrica" dei vescovi sia una scelta personalissima di Bergoglio, che deve aver conosciuto il sacerdote brasiliano come coinquilino della Domus Internationalis Paolo VI di via della Scrofa, residenza abituale del cardinale di Buenos Aires quando veniva a Roma e residenza di Montanari da quando è in servizio in curia.

È In questa stessa Domus di via della Scrofa che Bergoglio ha conosciuto monsignor Battista Ricca, direttore sia di questa residenza che di quella di Santa Marta in Vaticano, da lui promosso prelato "ad interim" dello IOR con un atto personalissimo che ha suscitato sconcerto in alcuni nunzi che avevano avuto Ricca come collaboratore e ne avevano denunciato a Roma gli indisciplinati comportamenti.

Non sarà infine rivoluzionaria, ma è comunque curiosa l'elevazione alla dignità episcopale - resa pubblica il 15 ottobre - del nuovo segretario generale del governatorato dello Stato della Città del Vaticano, padre Fernando Vérgez Alzaga, nominato il 30 agosto.

E non tanto perché l'ecclesiastico in questione sia un religioso spagnolo dei Legionari di Cristo. Il papa non lo ha scelto per questo, ma perché lo conosce fin dai tempi in cui era segretario particolare del cardinale argentino Eduardo Pironio, molto stimato da Bergoglio.

Inusuale è stata invece la lettera con cui il papa ha voluto spiegare l'ordinazione a vescovo di Vérgez.

Ad alcuni è parsa una "excusatio non petita" atta a giustificare la concessione dell'episcopato a un ecclesiastico particolarmente benvoluto dal papa, anche se collocato in un incarico eminentemente amministrativo al quale in linea di principio non si tenderebbe più - secondo intenzioni attribuite allo stesso Bergoglio - ad associare la dignità episcopale.

Per altri invece la lettera spiegherebbe la valenza squisitamente pastorale della nomina, alla luce del fatto che il governatorato ha migliaia di dipendenti che devono essere seguiti anche spiritualmente, al contrario degli altri segretari "amministrativi" non ancora vescovi, come quelli dell'APSA e della prefettura degli affari economici, che non hanno un analogo carico pastorale.

Quale che sia l'interpretazione autentica della lettera di Francesco, resta il fatto che al segretario generale del governatorato è stata data formalmente da qui in avanti una specie di giurisdizione spirituale sui dipendenti vaticani, quando invece fin dalla nascita dello Stato della Città del Vaticano era prevista a questo scopo la figura di un vicario generale del papa per i fedeli che si trovano dentro le mura leonine. Figura che oggi coincide con l'arciprete vaticano, che è il cardinale Angelo Comastri.

Trattasi comunque, in questo caso, di un piccolo dettaglio della "rivoluzione evangelica" intrapresa in curia da papa Bergoglio.

Il più deve ancora arrivare.

 

 

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