
BLA BLA…BLAIR – QUANTI DUBBI SUL RITORNO DI “BIGLIET-TONY” BLAIR COME PROCONSOLE DI TRUMP IN PALESTINA. L'EX PREMIER BRITANNICO FARÀ PARTE DEL BOARD CHE GESTIRÀ GAZA – POLITICI INGLESI (PERFINO TRA I LABURISTI) E GLI ARABI NON DIMENTICANO LA GUERRA IN IRAQ GIUSTIFICATA DA PRESUNTE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA CHE IN REALTÀ SADDAM HUSSAIN NON AVEVA - NEL SUO RUOLO DI EMISSARIO SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE, BLAIR HA DATO L'IMPRESSIONE DI ESSERE PIÙ LEGATO A ISRAELE CHE ALL'AUTORITÀ NAZIONALE PALESTINESE – LE ALTRE CRITICHE RIGUARDANO ANCHE GLI STRETTI RAPPORTI CHE L’EX PREMIER BRITANNICO HA CON L'ARABIA SAUDITA TRAMITE LA FONDAZIONE CHE PORTA IL SUO NOME…
Enrico Franceschini per La Repubblica - Estratti
Un piano coraggioso, che offre la migliore possibilità di mettere fine a due anni di guerra, sofferenze e miserie». Tony Blair commenta così l'iniziativa di pace annunciata alla Casa Bianca da Donald Trump. Un progetto in cui il 72enne ex-premier britannico giocherebbe un ruolo chiave, come membro del Board of Peace, il Consiglio della Pace presieduto dallo stesso presidente americano, che dovrebbe governare Gaza durante una fase di transizione estremamente complicata.
Il ritorno sulla scena politica internazionale costituirebbe una rivincita personale per l'unico leader laburista eletto tre volte consecutive a Downing Street e poi costretto a dimettersi dal suo stesso partito per le polemiche sulla guerra in Iraq. Ma perfino all'interno del Labour, accanto al plauso dei blairiani di ferro, la sua ricomparsa, per di più accanto a Trump, suscita qualche sconcerto.
Quella guerra, giustificata da presunte armi di distruzione di massa che in realtà Saddam Husssin non aveva, gli fece perdere il potere dopo 10 anni. Le immense perdite militari e civili provocate dall'invasione gli vengono ancora oggi addebitate.
Agli occhi dell'opinione pubblica araba, ma pure in Europa tra gli oppositori dell'invasione (incluso il Regno Unito, dove un milione di persone manifestò a Londra), c'è chi lo considera un criminale di guerra. La medesima opinione pubblica trova paradossale che un politico accusato per una guerra mediorientale abbia ora il compito di portare la pace in un altro conflitto della stessa regione.
Pur esprimendo rammarico per le vittime, Blair non ha mai rinnegato la propria decisione. Da un lato sostiene che la Gran Bretagna doveva rimanere ad ogni costo alleata anche militarmente degli Stati Uniti in nome della "relazione speciale" che ha con Washington fin dalla Seconda guerra mondiale.
Dall'altro, sebbene non ci fossero prove di complicità dell'Iraq nell'attacco all'America dell'11 settembre 2001, ritiene che il Medio Oriente sia più sicuro senza un regime dittatoriale come quello di Saddam. E che l'attuale governo iracheno rappresenti comunque un progresso rispetto al passato: una seppur fragile democrazia.
Un secondo dubbio sul suo ruolo nel piano di pace di Trump proviene dall'incarico di emissario speciale del Quartetto (Usa, Ue, Onu e Russia), il consorzio che ha provato per più di un decennio a mediare la pace fra israeliani e palestinesi. Blair è stato il negoziatore del Quartetto per 8 anni, dal 2007 al 2015, subito dopo avere lasciato Downing Street, con un ufficio a Gerusalemme, dove si recava spesso.
Il problema è che nelle sue mansioni ha dato l'impressione di essere più legato a Israele che all'Autorità Nazionale Palestinese; e in ogni caso i suoi sforzi diplomatici non sono serviti ad avvicinare la pace. Ciononostante, ha avuto rapporti con tutti i leader della regione e accumulato una profonda esperienza. Pochi esponenti politici occidentali conoscono meglio il Medio Oriente.
Photo Op - opera di Peter Kennard
Infine, un terzo aspetto delle critiche alla sua nomina riguarda gli stretti rapporti che ha con l'Arabia Saudita. Tramite la fondazione che porta il suo nome, il Tony Blair Institute for Global Peace, l'ex-leader laburista ha fornito consulenze (ben retribuite) al governo di Riad, costruendo un legame di fiducia con il suo leader Mohammed bin Salman e appoggiandone le riforme per modernizzare e liberalizzare il Paese.
Una relazione che ha suscitato aspre condanne in particolare dopo l'assassinio del giornalista Jamaal Khashoggi. «Sostenere le riforme di Riad non significa astenersi dal disapprovare quello che è successo» a Kashoggi, ha obiettato Blair, «ma resto convinto che ciò che sta succedendo in Arabia Saudita sia una rivoluzione sociale con immense implicazioni positive per la sicurezza dell'Occidente e per il Medio Oriente».
Non va ignorata la sua esperienza come architetto della pace in un altro conflitto che sembrava insolubile: quello in Irlanda del Nord tra separatisti cattolici e unionisti protestanti
BIN SALMAN CONTRO L'ATTACCO DI ISRAELE IN QATAR
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