BONGIORNO WONDER WOMAN - UN'ORA DI CONSULENZA LEGALE COSTA 800 EURO. HA FATTO ASSOLVERE ANDREOTTI E DIVORZIARE FINI, HA DIFESO TOTTI E LA HUNZIKER, MOGGI E CRAGNOTTI. E PERUGIA LE HA DATO NUOVA FAMA - “IO DISSI NO AD ANDREOTTI E DICO NO A FINI. INVECE GHEDINI E ALFANO RESTANO MUTI DAVANTI A BERLUSCONI - FACCI: “È SEMPRE INTERESSATA A RIFORME CHE FACCIANO CONTENTI I SUOI AMICI MAGISTRATI - MA NEL GOVERNO CAPISCE CHE IN TEMA DI INTERCETTAZIONI PUOI FARE SOLTANTO DUE COSE: VIETARLE O NON VIETARLE”…

1 - I PASSACARTE...
Filippo Facci per "Libero"

Che noia. Giulia Bongiorno fa sempre un sacco di scene ed è interessata solo a «riforme condivise» e «non afflittive o umilianti» che si traducano regolarmente nel compromesso e nell'annacquamento e poi nel nulla, così i suoi amici magistrati sono contenti. Ora si è dimessa dalla Commissione Giustizia (detto tra noi: chissenefrega) perché il governo si è inventato questa «udienza filtro» che ben prima di un processo riunisca pm e giudici e avvocati per decidere quali intercettazioni possano essere pubblicate e quali invece debbano sparire.

Il criterio è quello ultra-discrezionale della «rilevanza», chimera soggettiva che aleggia su una norma che a parere di chi scrive serve soltanto a essere elusa: esattamente come capita adesso, anzi peggio, perché ufficializza la perfetta discrezionalità delle parti che a questa udienza partecipano. Immaginate il mercato che potrebbe nascerne in un paese come il nostro: pm e avvocati che trattano sui verbali (io ti faccio pubblicare quello, tu questo) con una parte che però rimane regolarmente esclusa in fondo alla filiera: i giornalisti, che in questo modo diverrebbero solo i fruitori finali di pacchetti di carte e intercettazioni preconfezionate, velinone ufficiali e comunque premature. Non hanno ancora capito, dalle parti del Governo, che in tema di intercettazioni puoi fare soltanto due cose: vietarle o non vietarle.

2 - «IO SEPPI DIRE NO AD ANDREOTTI. MA ALFANO E GHEDINI CON IL PREMIER SI ZITTISCONO»...
Monica Guerzoni per il "Corriere della Sera"

«Io ho saputo dire di no a un potente come Andreotti e quando non sono d'accordo con Fini, glielo dico...». Giulia Bongiorno detesta l'accondiscendenza. Odia gli inchini, i baciamano, i signorsì. E la cosa che più l'ha delusa è che Angelino Alfano abbia «obbedito allo schiocco delle dita» di Berlusconi.

«Sono rimasta sorpresa - si sfoga l'onorevole dopo le dimissioni polemiche da relatore della legge "bavaglio" -. Forse mi illudo, ma quando c'è un accordo io mi aspetto che si vada dal proprio leader e si dica che quel patto va rispettato». Ed è questo, per la finiana dai nervi d'acciaio, il «punto dolente» della vicenda: «Se avessi trattato con dei peones l'avrei messo nel conto, invece ho trattato con persone che veramente stimo». Alfano? «Angelino è intelligente, ha spessore e cultura, ma queste caratteristiche devono tradursi nella possibilità di dire no anche a Berlusconi».

E Niccolò Ghedini? «Si lavora alla pari, anche quando si ha davanti il premier. Invece lui dice una cosa e tutti si zittiscono». Fine di un'amicizia? «No, quel che è successo non ha nulla a che fare con l'amicizia. Ma non comprendo le giravolte improvvise. Berlusconi non è un tecnico della materia, bisognava dirgli che, dopo due anni e mezzo a discutere con la Bongiorno, non si poteva tradire l'accordo e rompere col terzo polo».

Invece è andata così e la cosa, ragiona l'avvocato, «non sarà indolore per il futuro». Dal Pdl Sandro Bondi e Osvaldo Napoli chiedono che lasci la presidenza della commissione Giustizia, ma lei, battagliera com'è, non ci pensa proprio: «Oltre a zittire i giornalisti vogliono zittire chi osa prendere le distanze dal testo? Si ricordino che sono stata eletta anche con i voti dell'opposizione». Salvo colpi di scena la legge passerà e molti sperano che Napolitano non la firmi. Ma Giulia odia le scorciatoie: «Il capo dello Stato mostra ogni giorno la sua saggezza e nessuno deve anticipare il suo giudizio».

Straordinaria comunicatrice, nata a Palermo 45 anni fa, è stata la prima donna del Pdl che ha osato ribellarsi a Berlusconi. Il quale, comprensibilmente, la detesta. Il 14 dicembre, per una gravidanza a rischio, gli ha votato la sfiducia dalla sedia a rotelle. A febbraio è scesa in piazza con le donne di «Se non ora quando», per gridare «basta alle carriere politiche nate nei festini». Nel suo partito è stimata, temuta e anche avversata. Dicono di lei alcuni colleghi (uomini), sotto anonimato: «Non si regge. Gioca una partita personale».

Tutta invidia? Un'ora di consulenza legale costa 800 euro e la sua giornata di mamma, avvocato e deputato, è lunga «un numero infinito di ore». Ne sa qualcosa il piccolo Jan, otto mesi: «Mio figlio vive come un avvocato. Capita che gli faccia il bagnetto alle 5 del mattino». Per Internet l'esponente di Fli è l'eroina che ha salvato i blog dalla stretta del governo. Su Twitter parlano di lei come di «un fenomeno», una «macchina da guerra». «Il più grande avvocato degli ultimi trent'anni».

Ha fatto assolvere Andreotti e divorziare Fini, ha difeso Totti e la Hunziker, Moggi e Cragnotti. L'eco planetaria del processo di Perugia ha scandito un altro momento di gloria. «Per una congiuntura astrale si sono concentrate queste cose su cui lavoro da anni - racconta nei panni di legale di Raffaele Sollecito -. Ho ricevuto centinaia di lettere. E mi sono convinta ancor di più che bisogna difendersi nei processi e non dai processi. Piccola allusione a Berlusconi...». Pensava che le sentenze non potessero più emozionarla. E invece, confessa, «lunedì con quel ragazzo di 25 anni che tremava al mio fianco, non sono rimasta indifferente».

 

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