MONTI, CHI L’HA VISTO? – RAPIDA ASCESA E RAPISSISMA CADUTA DI UN PROF, TALMENTE PIENO DI SE’, CHE POTREBBE STARE UN MESE SENZA MANGIARE

Vittorio Feltri per "il Giornale"

La politica brucia i suoi protagonisti con crescente rapidità. Come la moda. Che distrugge le proprie invenzioni per proporne altre e continuare così a ingannare il mercato. C'è sempre una discreta quantità di polli d'allevamento conformistico pronta a farsi buggerare.

Si crea e si annienta, inseguendo gli umori veri o presunti dei clienti. L'ultimo prodotto chic, decantato, elogiato, lodato e distrutto, si chiama Mario Monti. Qualcuno se lo ricorda? Era quello che doveva salvare l'Italia, aggiustarne i conti sballati da governanti acefali, l'uomo della provvidenza cooptato nel Palazzo da Giorgio Napolitano con il compito ingrato di evitare il naufragio dell'Italietta, tenendola agganciata al grande rimorchiatore: l'Europa germanizzata da Angela Merkel, dura come l'acciaio.

Il professore, soltanto un anno e mezzo fa, fu accolto dai connazionali come il messia: ecce homo, colui che si sacrificherà per il nostro bene. E giù applausi. Persona meravigliosa (il contrario di Silvio Berlusconi), tutta saggezza e competenza e perfino eleganza: indossava un loden talmente sobrio da suscitare ammirazione nei gazzettieri emuli di Mario Appelius, pronti a esaltare le qualità tecniche, umane ed estetiche dell'ultimo venuto.

Monti non era uno qualsiasi, tra l'altro. Per convincerlo ad accettare il timone del Paese, il capo dello Stato lo nominò senatore a vita, onorificenza ambita e, ciò che più pesa, ottimamente retribuita.

Lusingato e soddisfatto, il bocconiano assunse la carica di premier suscitando l'entusiasmo del popolo, specialmente di sinistra, felice di essere stato liberato dal giogo del vil Cavaliere. Per dimostrare di essere all'altezza della sobrietà attribuitagli, il docente si lanciò in un'operazione immagine di grande efficacia: anziché viaggiare sull'aereo di Stato, utilizzò per le proprie trasferte romane il Frecciarossa, che poi è un treno, già collaudato da un altro maestro di sobrietà: Romano Prodi.

Come dire che Monti è andato sul sicuro. L'eroe bocconiano si gettò subito nella battaglia contro il signor Spread, che nessuno sapeva chi fosse. La mostruosa creatura cresceva a danno dell'economia e i giornali raccontarono per filo e per segno le gesta leggendarie di Monti per sconfiggerla. Tutti facevano il tifo per il premier, nel quale vedevano una specie di Paolo Rossi della nazionale di calcio che vinse i mondiali del 1982 in Spagna.

Momenti epici per la nostra politica. Ogni tre minuti la faccia pretesca del cosiddetto Supermario compariva sui teleschermi. E rassicurava gli spettatori adoranti e poi dormienti. Tel chi el Monti, l'è propi un drago, meglio del Cerutti Gino. Mesi di fuoco.

La corporazione degli scribi si impegnò al massimo per descrivere con vigore le imprese mirabolanti dell'amato presidente. Il quale, a un certo punto, annunciò la spending review. I connazionali che masticavano poco l'inglese si guardarono l'un l'altro con fare interrogativo: che roba è? La revisione della spesa pubblica, spiegò La Repubblica, il giornale dei saputelli.

Tutto qui? Un po' delusi e un po' speranzosi, i suddetti connazionali incoraggiarono il presidente del Consiglio a tagliare di brutto gli sprechi. Ma lui s'intenerì davanti agli sperperi e mollò le cesoie, affidandole per scherzo a Enrico Bondi, tecnico anch'egli, che le guardò sorridendo e le depose in un cassetto, evitando di tagliare alcunché.

Passarono le settimane, passarono i mesi, e Monti cominciò a rompere le balle alle stesse persone che lo avevano esaltato. Nessuna protesta, per carità. Solo un borbottio e qualche interrogativo: ma questo qui sarà mica un bidone? Nossignori. Un prudentone. Che, per tirare su il morale ai dubbiosi, dichiarò: c'è una luce in fondo al tunnel. La vedeva solo lui. E il signor Spread? Un altro Mario, Draghi, quello della Bce, l'aveva neutralizzato a suon di milioni di euro.

Monti nel frattempo mise mano al randello fiscale e iniziò a menare gli italiani che lo amavano: tasse di qua, tasse di là, l'Imu sulla prima casa pagata col mutuo e, quindi, di proprietà della banca per effetto dell'ipoteca a garanzia. Un tormento esattoriale che umiliò consumatori e produttori, uccidendo un migliaio di aziende al giorno, così, tanto per gradire.

Uno sfacelo. Ciononostante, il professore si persuase di aver fatto centro: ho rimesso ordine nei bilanci, riconquistato la fiducia dell'Ue, restituito credibilità alla Patria. Lo diceva sul serio. Pieno di orgoglio, ebbe un'idea geniale sul finire del 2012: quasi quasi mi candido. Fondò un partito con cui presentarsi alle elezioni, frattanto indette, che si sarebbero svolte in febbraio.

Una pensata luminosa. Era convinto, il Tecnico per antonomasia, di essere stato così bravo a strozzare gli italiani da meritare la loro fiducia per l'eternità. Non sapeva che ormai lo detestava chiunque, giudicandolo non più per la foggia del loden ma per le sue opere distruttive. Infatti, alle elezioni raccolse una miseria di voti e fu relegato in un ruolo che generosamente definiamo di secondo piano. In pratica fu bocciato all'esame elettorale e costretto a ritirarsi nell'ultimo banco. Politicamente defunto. Non c'è anima che lo rimpianga.

Oggi se dici Monti, il tuo interlocutore risponde: no, vado al mare. Il professor Sobrio si è trasformato in professor Zero, e non si tratta di Renato. L'unico dato positivo, per lui stesso, consiste nella conservazione del laticlavio a vita in Senato, regalatogli a suo tempo da Napolitano, che vale pur sempre circa 15mila euro al mese. Non male per uno che ovunque abbia messo le mani ha prodotto sconquassi. Il bello, si fa per dire, è che Monti non va più neanche a Palazzo Madama.

Siccome non gli fanno recitare la parte del re, ha preferito smettere di giocare. Si è stufato. È scomparso nelle lande attorno a Varese. Pare che presto si occuperà di lui la famosa trasmissione televisiva Chi l'ha visto?. Il fatto che si siano perse le sue tracce può essere un vantaggio, dipende dai punti di osservazione.

Tuttavia la storia breve di Monti ha una valenza positiva e non va trascurata se si desidera comprendere la situazione in cui ci troviamo. Occorre considerare che il bocconiano non piovve dal cielo, ma fu chiamato a gran voce in quel di Roma per un motivo: i politici di professione avevano fallito, quindi necessitava il pronto soccorso di un governo tecnico capace di rimediare ai loro disastri.

Purtroppo la pezza si rivelò peggiore del buco. Ma ciò non ha rivalutato i partiti, benché siano riusciti, dopo sforzi sovrumani, a mettere insieme una maggioranza denominata delle «larghe intese».
In effetti, il gabinetto di Enrico Letta ha sentito il bisogno di essere affiancato da un centinaio di saggi incaricati di realizzare le riforme che non sono alla portata dell'esecutivo.

Se, infine, si calcola che Napolitano ebbe a sua volta l'idea di nominare 10 saggi per suggerire il da farsi al futuro governo, una certezza l'abbiamo: i politici non sono in grado di esercitare il loro mestiere. Si danno molte arie, ma sono arie fritte.

 

VITTORIO FELTRI Mario Monti MARIO MONTI VOTA PER IL QUIRINALE Berlusconi e Mario Monti cda dcf bfcde f ea c mario DRAGHI E MONTI ENRICO LETTA

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