brexit baby george

CON CALMA E PER PIACERE - LA BREXIT DELLA COZZA DI FERRO ARRIVERA’ NON PRIMA DEL 2021/22 - IL POSSIBILE ANNUNCIO DI THERESA MAY POTREBBE ARRIVARE VENERDI’ A FIRENZE - SCAZZO TRA LA PREMIER E QUEL CAZZONE DI BORIS JOHNSON: L’EX SINDACO DI LONDRA VUOLE ARRIVARE A DOWNING STREET (PERFETTO CON TRUMP)

 

Luigi Ippolito per il Corriere della Sera

 

theresa may  firma la richiesta secondo l articolo 50theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50

A Downing Street stanno ancora mettendo a punto gli ultimi dettagli del discorso che la premier britannica Theresa May pronuncerà venerdì a Firenze: un' orazione già definita come la più importante della sua carriera politica, con la quale proverà a rilanciare i negoziati sulla Brexit, ormai arrivati a un punto morto.

 

Ma con l' inchiostro ancora non asciugato, e con Londra ancora col fiato sospeso per il fallito attentato alla metropolitana, nel weekend l' effervescente e irrequieto ministro degli Esteri Boris Johnson non ha saputo resistere alla tentazione dello sgambetto: e ha pubblicato sul Daily Telegraph un manifesto alternativo con l' evidente scopo di sabotare il discorso di Firenze e preparare la sua sfida alla leadership, magari già al congresso del partito conservatore dei primi di ottobre.

 

theresa may theresa may

Sulla base di colloqui avuti nei giorni scorsi con esponenti politici e governativi britannici, il Corriere è in grado di anticipare a grandi linee il contenuto del discorso di Theresa May. Ci si aspetta un intervento «evolutivo» rispetto a quanto prospettato al momento dell' avvio della Brexit: non uno scarto, ma un progresso rispetto a quelle posizioni.

 

In particolare, stando a fonti molto vicine alle trattative in corso con Bruxelles, ci sarà una parte dedicata al periodo di transizione che seguirà l' uscita formale della Gran Bretagna dall' Unione Europea, fissata per il marzo 2019: Londra prevede una fase di due-tre anni in cui tutto resterà pressoché invariato. Un' altra parte del discorso sarà invece dedicata a schizzare il tipo di relazione che la Gran Bretagna vorrà intrattenere con l' Europa dopo che la separazione avrà pieno effetto: un punto sul quale finora le intenzioni di Londra sono rimaste abbastanza nebulose.

 

boris johnsonboris johnson

Infine ci sarà una parte (ma non preponderante) dedicata al «conto del divorzio», ossia la somma che il Regno Unito dovrà versare nelle casse della Ue: si ritiene che in questo caso la chiave della soluzione del dilemma stia proprio nella fase di transizione, durante la quale Londra potrà versare a Bruxelles, a scaglioni, fino a 30 miliardi di sterline. Ma le aspettative di chi sta seguendo i negoziati sono anche per un' offerta da parte di Theresa May sulla questione dei diritti dei residenti europei, che sta particolarmente a cuore ai governi dei 27.

 

Basterà tutto questo a sbloccare le trattative? Fonti vicine al governo britannico fanno notare che se si considerano le linee guida negoziali della Ue e le posizioni che Londra sta assumendo, è possibile vedere un punto di incontro. Ma i problemi, oltre che a Bruxelles, sono a Londra. Come dice una fonte del gruppo parlamentare conservatore, l' accordo finale con l' Europa dovrà rispondere alle esigenze del referendum sulla Brexit: ossia la ripresa del controllo sulle frontiere, sulle leggi e sui soldi.

BARNIERBARNIER

 

Altrimenti si va incontro alla bocciatura. Ed è per questo che nell' opinione degli addetti ai lavori la possibilità di una Brexit catastrofica, senza nessun accordo-cuscinetto, è data ancora al 30%: un' eventualità che avrebbe seri contraccolpi sulle economie, col rischio di merci bloccate alle dogane e servizi nel caos.

 

boris johnson  6boris johnson 6

Ed è a questo punto che entra in scena Boris Johnson. Lui è sempre stato l' alfiere di una Brexit dura, ossia di un taglio netto con l' Unione europea: e infatti nel suo articolo di sabato non fa menzione del periodo di transizione verso cui si sta indirizzando Theresa May ed esclude di continuare a contribuire alle casse comunitarie. In altre parole, il ministro degli Esteri si è fatto portavoce di quanti a Londra temono che il discorso di Firenze possa sfociare in un «tradimento della Brexit»: e lui stesso si propone come leader dei puristi dell' indipendenza britannica.

 

Ieri la premier ha reagito con una scrollata di spalle: «Boris è Boris», ha commentato, come a sottolineare l' imprevedibile temperamento del ministro degli Esteri. Ma Boris sta probabilmente lanciando il suo ultimo assalto al pinnacolo del potere. Gli era andata male l' anno scorso, all' indomani del referendum, quando era stato pugnalato alle spalle dai suoi stessi alleati.

MAY JUNCKERMAY JUNCKER

 

Aveva dovuto mordere il freno prima dell' estate, dopo il flop elettorale della May, per non destabilizzare il governo e aprire la strada ai laburisti di Jeremy Corbyn. Ma adesso non si escludono le sue clamorose dimissioni dal governo dopo il discorso di Firenze e la sfida per la leadership al congresso conservatore di ottobre, in nome di una Brexit non più annacquata dai compromessi. Improvvisamente, nei corridoi di Westminster, le quotazioni di Johnson si sono impennate. Per Theresa May, la partita ricomincia da Firenze.

 

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