VELENI TIBETANI - IL DALAI LAMA ACCUSA LA CINA: “VOGLIONO FARMI FUORI” - SECONDO I SERVIZI SEGRETI TIBETANI, IL GOVERNO CINESE AVREBBE ASSOLDATO DELLE INSOSPETTABILI VECCHIETTE PER AVVELENARLO: “POSSONO METTERE IL VELENO NEI CAPELLI E AVVICINARMI PER AVERE LA BENEDIZIONE” - TOGLIERE DI MEZZO IL LEADER BUDDISTA SIGNIFICHEREBBE FAVORIRE L’ASCESA DI GIOVANI MONACI PIÙ VICINI POLITICAMENTE A PECHINO…
Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
Il Dalai Lama teme di essere ucciso. Ha ricevuto informazioni secondo cui la Cina avrebbe addestrato dei tibetani per avvelenarlo, fingendo di essere dei fedeli. A lanciare questo allarme è stato lo stesso leader religioso buddista, in un'intervista al Sunday Telegraph, alla vigilia della sua visita in Gran Bretagna, dove oggi riceverà il Templeton Prize.
«Noi - ha detto il Dalai Lama - abbiamo ricevuto alcune informazioni riservate dal Tibet. Secondo queste voci, gli agenti cinesi avrebbero addestrato alcuni tibetani, in particolare delle donne, ad usare il veleno. Possono metterlo nei capelli, nei vestiti, e poi avvicinarmi per avere la benedizione, essere toccate». Altri particolari non ne ha forniti, ma ha aggiunto che il suo servizio di sicurezza è stato molto rafforzato, nel palazzo a Nord di Dharamsala che si trova dall'altra parte della catena di montagne dell'Himalaya, dove vive dal giorno della sua fuga dal Tibet.
Le tensioni tra il Dalai Lama e la Repubblica popolare hanno profonde ragioni storiche. Il monaco di Dharamsala infatti non è solo il leader religioso della sua corrente buddista tibetana, ma anche quello politico. E' la voce internazionale più forte per la denuncia della repressione cinese in quella regione, e per la richiesta della sua indipendenza. Vive in esilio proprio per questo e Pechino ha sempre cercato di ridurlo al silenzio o di renderlo irrilevante, promuovendo altri monaci per la leadership religiosa della sua corrente.
Negli ultimi tempi, però, il rapporto è diventato ancora più complicato. L'anno scorso in Tibet oltre trenta persone si sono auto-immolate, per protestare contro le iniziative della Repubblica popolare finalizzate a marginalizzare sempre di più questa regione, penalizzando la sua lingua, la sua cultura, e naturalmente ogni movimento favorevole all'indipendenza o all'autonomia. Continuano anche le migrazioni, che servono proprio a diluire la popolazione locale e ad aumentare la presenza degli abitanti fedeli a Pechino. Una tecnica che il governo ha adottato anche in diversi paesi confinanti.
Nella sua intervista, il Dalai Lama ha sottolineato anche gli sforzi che la Cina sta facendo per delegittimarlo, o impedire la sua successione, in modo da poter interrompere una tradizione che incarna anche il trasferimento della leadership politica e delle aspirazioni indipendentiste e autonomiste.
Il premio Nobel per la pace ha detto che Pechino sta interferendo nella ricerca della sua reincarnazione, perché così alla sua morte eviterebbe la successione. In questo modo lui diventerebbe l'ultimo Dalai Lama e i tibetani sarebbero costretti ad abbandonare questa istituzione storica. Diversi giovani monaci buddisti ha spiegato - potrebbero emergere come leader spirituali del buddismo tibetano, come ad esempio il Karmapa Lama.
Il premio Nobel per la pace non ha dato altri dettagli sui complotti che attribuisce alla Repubblica popolare, ma ha aggiunto che spera ancora di poter riaprire il dialogo. A suo giudizio la preoccupazione strategica della Cina è salvaguardare la propria crescita economica, che serve a tenere insieme un Paese con oltre un miliardo di abitanti. A questo fine tornerebbero utili le riforme democratiche, capaci di evitare le tensioni e mantenere la coesione sociale. Si tratta di interessi così pressanti, che il Dalai Lama crede ancora che Pechino possa cambiare la propria linea e accettare di aprirsi al dialogo anche con i tibetanti, durante l'arco della sua vita.





