carlo calenda gualtieri

CAMPIDOGLIO ALL'ULTIMO VOTO - CARLO CALENDA ROSICCHIA VOTI AL PD, GUALTIERI RISCHIA UNA BATOSTA EPOCALE - "L'ESPRESSO": "IL CANDIDATO DEL PD INCARNA INTERE LE AMBIVALENZE DI UN FRONTE CHE NON SI CAPISCE SE NON PUÒ VINCERE O SE NON VUOLE. GUALTIERI NON DICE "RAGGI": DICE ROMA ("ROMA NON HA SPESO I SOLDI CHE AVEVA", "ROMA NON PROGETTA"), IN DISCORSI DOVE UN ADDETTO ALLA COMUNICAZIONE SI METTEREBBE LE MANI NEI CAPELLI E DOVE, A UNA DOMANDA SULLA CORRUZIONE, LA RISPOSTA È UNA DIFESA DEI "BUROCRATI SUI QUALI SI SCARICANO LE COLPE"

Susanna Turco per "l'Espresso"

 

IL MANIFESTO PHOTOSHOPPATO DI CARLO CALENDA

All' ombra della cupola dedicata a Don Bosco, la chiesa dove i Casamonica celebrarono il funerale show del boss Vittorio nell' agosto 2015, con la banda che suonava il Padrino e i petali di rosa dal cielo, Said, una quarantina d' anni, a Roma da quindici, in ottimo italiano, davanti alla pausa caffè al mercato Calisse spara, non richiesto, la sua scommessa, al barista de La dolce vita che lo guarda basito perché di politica non si interessa proprio: «Al cento per cento vince Calenda, sicuro. Raggi non la vuole nessuno, dopo quello che ha combinato. Posso scommetterci».

 

Fine della storia, per lui non esiste nessun altro in campo: Roberto Gualtieri, dice, non si sa chi è (Enrico Michetti, il nome del centrodestra, è nemmeno evocato). Calenda, c' è da dire, ha appena finito qui il suo giro elettorale, con il consueto mini assembramento di gente che chiede cose, lascia biglietti da visita, regala semi, fogli con proclami, tisane ayurvediche, per risalire sul furgoncino blu foderato con la sua fotografia.

ROBERTO GUALTIERI

 

Eppure Said restituisce l'immagine stralunata di una campagna elettorale quasi incredibile, ma simbolica, per lo stato dell' arte del centrosinistra, non solo a Roma, dove al momento il predestinato alla vittoria delle primarie, l'ex ministro Roberto Gualtieri, è una specie di stimato e timido burocrate che parla al massimo di «stazioni appaltanti» e «città policentrica», dove il Pd non si è mai liberato davvero delle scorie accumulate in questi anni, vive ancora nell'umidità di vicende come la caduta di Ignazio Marino (meccanismi che tende anzi a replicare, come vedremo) ed è sempre più lontano, preda di palpiti suoi, bilancini, correnti, inseguimenti col fantasma come quello dell' alleanza coi Cinque Stelle;

 

carlo calenda

una campagna elettorale dove l'unico che pare (se non altro per tattica) accanirsi a contendere il posto della sindaca è il mai quieto ex ministro, ex (eletto col) Pd al Parlamento europeo, che ora non partecipa alle primarie, ma capeggia un partito (Azione) che nei sondaggi non arriva al 4 per cento.

 

Carlo Calenda, appunto. Il più longevo candidato alla carica di sindaco che la storia recente ricordi, dopo averci girato attorno a lungo (se ne parlava quando ancora stava seduto al Mise e litigava con la sindaca Raggi): quando a ottobre si voterà, l'ex capo dello Sviluppo economico avrà compiuto un anno di campagna elettorale, essendo sceso in campo, con fiuto eccezionale, giusto un attimo prima dell'inizio della seconda ondata del Covid-19.

 

Questi otto mesi, oltre a litigare al tavolo del centrosinistra, Calenda li ha spesi fra l' altro in minuzioso censimento (27 gruppi di lavoro) dello stato dell' arte dei 15 Municipi di Roma: uno studio abbastanza sopra la media che ha fatto da base per il programma, è consultabile sul suo sito ed è per certi versi la disconferma del velleitarismo di cui da sinistra lo accusano.

gualtieri letta 5

 

Se non altro, dà l'idea di essersi posto il problema di presentarsi come uno che conosca la città, con lo stesso ossessivo iperattivismo col quale, adesso che è in campagna elettorale, sta girando come una trottola per la città (oltrechè in tv), in carne ed ossa o in manifesto stile Batman agèe. Per strada, alle fermate metro, ma sopratutto sugli autobus, dove l'altro giorno la sua effigie ha già fatto la stessa fine dei mezzi pubblici: è andata ossia a fuoco. «Diciamo che i politici so' tutti particolarmente agitati, in questa fase: Calenda, che a sta cosa di Roma ci gira intorno da un po', me pare preparato, dà l'idea di sapere dove mette' le mani, se non altro», sintetizza Alfredo, dietro la sua storica edicola in piazza Scotti, a Monteverde Nuovo.

 

carlo calenda

È anche per questa via che Calenda (come era del resto nel programma) sta conquistando una parte dell'elettorato dem: la disperazione. Non è un caso che in mondi da sempre attorno al Pd comincino a spuntare segnali, se non altro, di ascolto, rispetto a una opzione che, se sul piano generale rappresenta una specie di prosecuzione del renzismo con altri mezzi (voto moderato, modello Draghi, eccetera), sul piano degli equilibri della città, dove Calenda in questi anni è stato presente al punto da fare anche lo scrutatore, alle ultime primarie per il segretario, nel 2019, finisce a fare da specchio per tanti delusi dem, anche magari senza trasformarsi in sostegno esplicito.

 

«Roma, sul serio», ha ad esempio scritto, citando lo spot del leader di Azione, in un post su Facebook Paolo Masini, che lavorò con Walter Veltroni, è stato assessore di Ignazio Marino, ha organizzato migliaia di iniziative tra cui (con Achille Passoni) la manifestazione del Pd al Circo Massimo, nell' ottobre 2008.

gualtieri

 

Un segno fra tanti di come la situazione si stia facendo bizzarra. Tale da disorientare persino un posto abituato a tutto come Roma, dove è normale che un forte acquazzone trasformi le strade in affluenti nel Gange, dove da anni gli autobus vanno a fuoco a un ritmo tale da fare statistica (7 in cinque mesi, 80 nel triennio, media in miglioramento), dove il ritorno alla vita post pandemia ha dato alla città un' ulteriore patina di tipo messicano che si aggiunge all' aria ripiegata e arresa che l' avvolge da tempo. E dalla quale quasi nessuno intende scuoterla.

 

A farla semplice, si potrebbe dire infatti che sembra di essere al secondo tempo del film «c' è un complotto per far vincere a Roma i Cinque Stelle» (come disse nel 2016 Paola Taverna), salvo che stavolta per i romani, come giustamente ebbe a dire un anno fa Nicola Zingaretti, la ricandidatura di Raggi «non è una notizia: è una minaccia», ma dove tuttavia il candidato del Pd, o meglio del centrosinistra, incarna intere le ambivalenze di un fronte che non si capisce se non vuol vincere o non può. Se non può vincere o se non vuole.

 

carlo calenda

In parallelo alla campagna elettorale di Calenda, c' è infatti la campagna del parlamentare dem che è predestinato a vincere le primarie, in una procedura che non ha davvero nulla di competitivo, rappresenta più che altro una celebrazione, lineare, delle scelte operate dal partito (come testimonia, fra l' altro, il pronto ritiro di Monica Cirinnà): Roberto Gualtieri, ex ministro dell' Economia, storico, chitarrista appassionato di bossanova, intento in giri per la città con il piglio carnale e sognatore che chiarì a Mezz' ora in più: «Andrò a stringere mani? Beh io sono una persona schiva, mi piace il dialogo».

 

roberto gualtieri

E così, con l' occhio vagamente terrorizzato sopra la mascherina, soprattutto quando dopo il discorsetto si passa alla fase del dibattito, Gualtieri va facendo il giro tra la gente, come l'altro giorno al municipio Terzo, quello guidato da Giovanni Caudo. Preceduto da altoparlanti e microfoni (benedetta organizzazione di partito), tappe davanti al centro anziani, alla fermata della metro, alla panchina arcobaleno: il Pd citato praticamente mai, continui riferimenti a «l' intervista rilasciata al Corriere della Sera sui mancati investimenti di Roma».

 

carlo calenda risponde a er faina

Perché Gualtieri non dice «Raggi»: dice Roma («Roma in questi anni non ha speso i soldi che aveva», «Roma non progetta», «Roma non investe»), in discorsi dove un addetto alla comunicazione si metterebbe le mani nei capelli (per parlare delle funivie parla di «sistemi a fune») e dove, a fronte di una domanda sulla corruzione, la risposta è una inedita difesa dei «burocrati sui quali si scaricano le colpe».

 

Tutto da copione, insomma, tutto organizzato. Sempre le stesse facce a seguirlo, nelle varie tappe, come una festa itinerante. Sempre le stesse facce a sostenerlo. Il coordinatore della campagna è Mario Ciarla, già segretario dei Ds, il principale sponsor è Claudio Mancini, deputato e notabile del Pd laziale, definito da taluni come «l' uomo che decide il prossimo sindaco di Roma« (è anche, insieme con Goffredo Bettini e il segretario regionale Bruno Astorre, uno dei tre citati da Calenda come responsabili dell' immobilismo romano).

 

Risultato. Sotto a un cielo plumbeo, davanti alla fermata metro Jonio, un passante si ferma incuriosito ad ascoltare il comizio di Gualtieri: «Ma questo chi è?», domanda. «E quello del Pd che je piacerebbe diventare sindaco di Roma», lo informa una signora con le perle. «Sì, je piacerebbe», le risponde quello, andandosene dopo qualche minuto. Ecco, il clima è questo. «Pòrogualtieri», è uno dei soprannomi che gli si trovano affibbiati sui Facebook, da elettori dem.

DAVID SASSOLI ROBERTO GUALTIERI

 

Molto ha disamorato, del resto, la modalità di gestione del Pd, dove tutto fa tappo a tutto, e registrare scatti naturali in avanti è difficile. A tutti i livelli, secondo una linea però comune: la scarsa connessione coi territori. Che in questo tempo viene testimoniata e e capovolta o dalla denuncia della morsa asfissiante delle correnti, come ha fatto Nicola Irto in Calabria, oppure dagli exploit di candidati non scelti dal partito - che però di certe istanze e di certi territori sono magari interpreti migliori.

 

Se a Torino ha fatto notizia il candidato della sinistra dem Enzo Lavolta, che ha raccolto 10 mila firme in pochi giorni, contro le 500 di soli iscritti presentate secondo il regolamento dal candidato scelto dal Pd Stefano Lo Russo (il partito in città conta 1300 iscritti) a Roma questo fenomeno, calmierato a livello di pretendenti al Campidoglio, si è prodotto nei municipi.

 

EMMA BONINO CARLO CALENDA

Nel XIII, ad esempio, in una manciata di giorni la candidata civica Arianna Ugolini ha raccolto 1.020 firme, poche meno delle 1200 del Pd ufficiale per Sabrina Giuseppetti.

Exploit ai quali corrisponde, comunque, una vita difficilissima. Perché poi, il candidato scelto dall' alto prevale. Ne sa qualcosa Emiliano Monteverde, assessore alle politiche sociali del primo municipio (uno dei due vinti dal Pd nel 2018), la cui candidatura alla presidenza come successore di Sabrina Alfonsi era considerata lo sbocco naturale e il riconoscimento di anni di apprezzato lavoro: Monteverde aveva già raccolto le firme necessarie quando, a 48 ore dalla scadenza per la presentazione delle candidature, il Pd ha paracadutato Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria alla Cultura nel governo Conte due, ex consigliera regionale con Nicola Zingaretti.

 

CARLO CALENDA

Monteverde si è ritirato in buon ordine, per non spaccare il partito: dal giorno in cui l' ha annunciato, la sua pagina Facebook è inondata di commenti del mondo dem, anche di eletti come l' assessora al III Municipio Claudia Pratelli, indignati per la mossa. Non si contano quelli che giurano di non votare più il Pd. C' è chi già annuncia scheda bianca. C' è chi nota come questa sia peggio «della storia del notaio», quando nel 2015 gli eletti del Pd sfiduciarono il sindaco Ignazio Marino appunto davanti al notaio. E la campagna elettorale di Carlo Calenda, intanto, continua.

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