LA CASTA IN BARCA (PERNA INDAGA E SCRIVE) - GLI ANTI-BERSANI DEL PD (COMPRESO RE GIORGIO) VEDREBBERO BENE FABRIZIO BARCA COME PREMIER - BRILLANTE ECONOMISTA, DICE DI ESSERE “ISCRITTO AL PCI” E DI VOTARE VENDOLA - PUPILLO DI CIAMPI, IL MAGO DALEMIX LO MISE DA PARTE QUANDO RIFIUTO’ UN “AIUTINO” AGLI INDUSTRIALI VICINI A BASSOLINO…

Giancarlo Perna per "il Giornale"

Non facciamolo sapere a Frau Merkel, ma nel governo di Herr Monti c'è anche un ministro aper¬tamente comunista. È Fabrizio Barca, l'economista titolare della Coesione territoriale. Il comunismo di Barca è intenso e romantico. Un affare di cuore legato alla gioventù e alla tradizione familia¬re.

«Sono iscritto al Pci», ripete spesso, ridendo del paradosso, poiché il Pci non esiste più da decenni. Un modo per dire che è fermo a Berlinguer e non si riconosce nel Pd. Contemporaneamente, nel dirsi iscritto a un partito che non c'è, sottolinea che lui - da un certo momento in poi- ha scientemente accantonato la politica per gli studi. Anche se, prima di quel momento, è stato un comunista fatto e finito.

Pressoché coetaneo di Max D'Alema e Walter Veltroni,il cinquantottenne Barca appartiene alla generazione post sessantottina cresciuta nella Fgci, pollaio dell'adolescenza rossa.Negli an¬ni Settanta lo troviamo al Festival mondiale dei giovani comunisti a Berlino Est. Era delegato ufficia¬le di Botteghe Oscure con Veltroni, Ferdinando Adornato e altri promettenti dirigenti comunisti di quel domani che non ci fu. Ci andò con la benedizione del padre, Luciano, alto dirigente del partito e riconosciuto custode dell'ortodossia tanto che negli anni '50 e '60 fu direttore dell' Unità e Rinascita , gli house organ dei filo Soviet.

Pareva ovvio che Fabrizio ne seguisse le orme nel Pci e in Parlamento, dove Barca senior (oggi novantaduenne) è rimasto sette legislature occupandosi di legislazione bancaria, il suo pallino. Di punto in bianco, invece, e sot¬to la spinta del babbo, Barca jr si tuffò negli studi economici, pre¬se una sfilza di dottorati e master anglosassoni e smise con la politi¬ca.

Appartiene quindi anche lui al gruppo di rampolli di alti fun¬zionari comunisti che, consape¬voli della fine del loro mondo, indirizzarono i figli verso la City e Wall Street, distogliendoli da Mosca. Vengono in mente, accanto a Barca, Dario Cossutta, il pargolo di Armando, e Lucrezia Reichlin, figlia di Alfredo e Luciana Castellina. Tutti e tre si sono illu¬strati come economisti e hanno proseguito la tradizione elitaria dei genitori ma con strumenti op¬posti: abbracciando la cultura economica occidentale, anziché abbeverarsi al marxismo. Un mo¬do intelligente di perpetuare le dinastie.

Il percorso sapienziale di Fabri¬zio è di prim'ordine.Dopo la lau¬rea in Statistica alla Sapienza, ha ottenuto un Master of Philosophy a Cambridge. Ha poi solca¬to l'Atlantico, americanizzandosi al punto daparlare la lingua co¬me l'italiano e trovare moglie colà.
È stato visiting professor al Mit di Boston e a Stanford. Ha inoltre insegnato a Parigi, Roma e nella ormai inevitabile - università Bocconi di Milano.

Gli ex comunisti del Pd hanno sempre apprezzato Barca ma con occhio distratto perché era, sì dei loro, ma aveva preso le distanze. Recentemente, Fabrizio ha anzi fatto sapere che vota «a sinistra del Pd». Probabilmente Sel, che soddisfa di più la sua in¬clinazione vetero comunista e lo avvicina al padre - uscito dal Pci negli anni Novanta per protesta contro la svolta della Bolognina -, marxista con venature cattoliche, vicino alle sofferenze degli «ultimi» e alle cose che Vendola dice magnificamente per infinocchiare il prossimo.

Bene, pur sapendo che il ministro Barca non è in sintonia, quelli del Pd - in particolare i fan di Monti - sognano di ingaggiarlo per la prossima sta¬gione politica. Diversi lo vogliono nel futuro governo di centrosi¬nistra, altri lo vedono addirittura premier e premono perché parte¬cipi alle primarie, terzo incomo¬do tra Bersani e Matteo Renzi. Tra questi, il prodiano Sandro Gorzi, il veltroniano Salvatore Vassallo, l' enfant prodige lombardo Giuseppe Civati. Fabrizio nicchia, ma ci pensa su. Nel frattempo, cerca notorietà facendo il simpaticone in tv, twittando a raffica, moltiplicando le apparizioni Youtube e dando camerate¬scamente del tu a qualsivoglia giornalista gli capiti tra i piedi.

Barca ha debuttato ventiquat¬trenne nell'ufficio studi della Banca d'Italia. È rimasto vent'anni in Via Nazionale finché l'ex governatore, Carlo Azeglio Ciampi, di cui era un cocco, lo chiamò al ministero dell'Economia che gui¬dava durante i governi Prodi e D'Alema,poco prima di salire sul Colle. Al ministero, di cui oggi è dirigente generale, ha avuto esperienze e vicissitudini.

Barca è l'inventore della Nuova politica territoriale, complesso marchingegno per sostenere l'industria privata nel Mezzogiorno con soldi pubblici, prevalente¬mente Ue. Fabrizio, che ha ottimi agganci a Bruxelles, si dimostrò un mago nell'ottenerli. La Npt fu però un fallimento totale, come riconosce lui stesso. I sussidi sono finiti nelle tasche di ladri conclamati o fior di imbecilli, senza vantaggio per l'economia del Sud. Lo spreco di risorse è sta¬to enorme.

Con D'Alema premier (1998-2000), Barca cadde in di¬sgrazia. Baffino - pare - gli chiese di largheggiare in elargizioni agli industriali campani vicini al com¬pag¬no Bassolino allo scopo di aumentarne la popolarità. Fabri¬zio, che è un tipo onesto, rifiutò il favoritismo considerandolo contrario ai doveri d'ufficio. Così raccontano - perse il posto di capo dipartimento e retrocesse a consigliere ministeriale, sinecura che consiste nell'essere a disposizione standosene al mare.

Quando gli capitano cose come queste - o all'opposto quando è sotto stress per il lavoro - Barca si deprime. Per superare lo sconforto moltiplica quella che è la sua grande caratteristica: camminare continuamente. Nel suo curri¬culum ufficiale ha scritto di essere appassionato di trekking. Ap¬passionato va sostituito con maniaco. Se è giù di corda, caschi il mondo, corre nei luoghi più impervi della Terra per marciare con i bastoni. È stato, per dire, sulle Ande. La famiglia, molto unita, lo segue.

Lui in testa, i tre figli die¬tro, la moglie, Clarissa Botsford, chiude. Per accompagnarlo, la consorte,un'americana poco comunicativa, molto liberal e di sinistra, chiede l'aspettativa alla romana Terza Università dov'è lettrice. Queste fughe esotiche hanno influenzato i ragazzi tanto che la figlia Valentina è oggi in Sudamerica con una ong. Un altro figlio è in Inghilterra, il che ha permesso al padre - ministro di uscirsene con una battuta giudicata anti patriottica: «Finché l'Italia non sarà migliore, meglio stiano fuori». Se è per questo, ha anche ostentatamente snobbato la pa¬rata del 2 Giugno per una spa¬ghettata al mare col babbo.

Tornando al Barca silurato da D'Alema, quando Tremonti nel 2001 arrivò all'Economia, lo trovò relegato in una stanzetta. Fosse per lui, ce l'avrebbe lasciato, avendo scelto come pupillo Vittorio Grilli, oggi ministro, allora dirigente. Fu il viceministro Pdl, Gianfranco Miccichè, a ripesca¬re Barca apprezzandone, con entusiasmo siciliano, la bravura. Lo rinominò capo dipartimento. Pri¬ma di accettare, Fabrizio tergiversò perché Miccichè era di destra. Si consigliò pure con Ciampi, che lo pregò di non fare il fesso. Così si fece piacere Miccichè, fu leale con lui e mise le ali alla carriera.

 

 

FABRIZIO BARCA SCHEDA FABRIZIO BARCA MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegFERDINANDO ADORNATO CV_Lucrezia_Reichlinprodi dalema 2006 lapVITTORIO GRILLI

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