renzi boschi pd

IL CAZZARO DI RIGNANO VUOL TRASFORMARE IL PD IN UNA BAD COMPANY – DOPO LE ELEZIONI, RENZI PRONTO AD UN NUOVO PARTITO CON LA PATTUGLIA DI FEDELISSIMI CHE HA SPEDITO IN PARLAMENTO: OBIETTIVO, RIBOLLITA DI MACRON – MATTEO PUNTA A SUCCHIARE I VOTI DELLA LORENZIN E DELLA BONINO. CON LA PRIMA GLI RIESCE, CON LA SECONDA E’ IN FORSE

 

Luca Telese per la Verità

 

«Sono furibonda! Sono stata tradita... Tra-di-ta!». Chi era vicino a Beatrice Lorenzin, il giorno della presentazione delle liste, non potrà mai dimenticare il sorprendente sfogo di rabbia della ministra contro Matteo Renzi. Il «traditore» in questione, infatti, era lui. Ma il motivo per cui la Lorenzin era arrabbiata, la fregatura incassata, merita di essere raccontata perché è legata a un fenomeno che sta producendo i suoi effetti proprio in queste ore.

matteo renzi 3

 

Si tratta della caduta del Pd in tutti i sondaggi riservati che arrivano al Nazareno e a Palazzo Chigi, e che indicano un dato, almeno fino ad oggi, che si aggira intorno al 20% più che al 25%: una forchetta arretrata di ben cinque punti, cioè, rispetto a quanto ipotizzato fino a pochi giorni fa, anche nella peggiore delle ipotesi. Inferiore al 40% vagheggiato durante l' approvazione della legge elettorale e al 30% sognato ancora alla presentazione delle liste. Adesso, a tre settimane dal voto, la corsa nei collegi non è partita, i candidati non girano come previsto, il valore aggiunto dei nomi, che era stato calcolato come fattore trainante, è pressoché nullo.

 

Un destino parallelo coinvolge i tre partiti alleati, che sono (se possibile) in condizioni ancora peggiori, all' insegna dell' antico adagio «Se Atene piange, Sparta non ride». Sparta sono Civica e Popolare, la fantasmatica lista Insieme, e Più Europa, la formazione assemblata da Emma Bonino. Le prime due liste non raggiungono in nessuna stima (per ora) il quorum dell' 1%. La terza naviga intorno al 2%. Il che significa che, se l' esito fosse davvero questo, le prime due formazioni non porterebbero al Pd un solo voto in più dei suoi.

 

beatrice lorenzin (3)

Mentre alla Bonino manca un punto per raggiungere lo sbarramento: in questo caso eleggerebbe una dozzina di deputati, ma se dovesse restare sotto l' asticella del quorum, per gli effetti nefasti di questa legge elettorale, farebbe guadagnare 12 eletti circa al Pd. È in questo scenario che si collocano e si spiegano la rabbia, l' amarezza, il dispetto della Lorenzin. La ministra della Salute sta facendo una campagna, dal suo punto di vista, tecnicamente perfetta.

 

Convincente, preparata nelle performance televisive, capace di rinnovare e rivoluzionare l' immagine e del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, quasi a tempo di record (con un restyling avviato dopo la sconfitta delle regionali siciliane). Ma la richiesta della Lorenzin che è stata disattesa, e che ha prodotto quella reazione, spiega molto della logica seguita da Renzi nella costruzione della colazione. La ministra aveva chiesto per la sua formazione trenta collegi.

 

Non collegi sicuri però - questo è il bello - e nemmeno di cosiddetta «seconda fascia»: ma piuttosto collegi «perdenti». Per quale motivo? A Civica e popolare i candidati marginali servivano per radicare in pochi giorni la lista nei territori: avere personale politico, gratificare i supporter locali, trainare i voti sul proporzionale, sostenere lo sforzo di comunicazione nazionale della Lorenzin. Ma allora, perché negare questa richiesta? Come nella favola della rana dello scorpione, per lo stesso motivo. Dal punto di vista dell' egoismo elettorale, per Renzi, era più utile avere un alleato qualificato sopra l' 1%, ma sicuramente al di sotto del 3%. In pratica un portatore di voti.

 

emma bonino

Per lo stesso motivo, seguendo la ratio folle della legge, avere dei candidati «disperati» in più del suo partito, i cosiddetti ripescati, che comunque trainassero voti al Pd. I cultori della teoria dei giochi lo chiamerebbero un calcolo di «utilità marginale». Razionale e spietato, certo, ma che nelle condizioni che si sono create produce un effetto boomerang non solo sulle singole liste, ma su tutta la coalizione, che diventa meno attrattiva nel suo complesso.

 

L' effetto negativo più immediato è sulla Lorenzin. Poi sui «social-verdo-prodiani» di Insieme. E in parte anche sulla Bonino (che, essendo una lista di opinione, non ricava nulla da collegi marginali come quello di Riccardo Magi nel quartiere Monteverde di Roma). Ma con la coalizione che non decolla anche il Pd paga il salasso salato: ha ceduto dieci collegi di prima fascia ai big alleati paracadutati (come Pier Ferdinando Casini) per costruire l' alleanza. Però non riesce ad aumentare il suo potenziale di raccolta.

 

RENZI BOSCHI ELEZIONI

Ma allora perché Renzi si è dissanguato, in maniera apparentemente irrazionale, finendo per tarpare le ali ai suoi alleati? La spiegazione è nei numeri, che autorizzavano a immaginare un piano A e un piano B a seconda degli scenari. Al contrario di Berlusconi che, puntando ha vincere, ha costruito una intera lista, la famosa «quarta gamba», solo per non perdere nemmeno un voto, Renzi, che si sta attrezzando a gestire una sconfitta, ha abbandonato il piano A (la coalizione di cartapesta) e sta perseguendo il piano B: massimizzare gli eletti del Pd rispetto agli altri, e quelli renziani rispetto a quelli del partito nel suo complesso.

 

Nei collegi kamikaze desiderati dagli alleati sono stati mandati gli uomini delle minoranze. E adesso l' obiettivo non si misura più in punti, ma in seggi, pensando al dopo voto, e immaginando una operazione di rifondazione stile Emmanuel Macron. Se devi gestire una sconfitta, devi poter offrire un pasto ai media una «bad company» chiamata Pd. Una scatola ormai vuota piena di debiti, svuotata di militanti, con un simbolo da sterilizzare. E, insieme, una pattuglia di parlamentari con cui finanziare anche economicamente un nuovo partito, un nuovo simbolo, un nuovo inizio, un esercito di fedelissimi pronti a tutto da spendere sul tavolo delle larghe intese e degli scenari istituzionali. Ma con quali prospettive elettorali?

renzi nella sede pd del nazareno

 

Anche il paradosso della rana e dello scorpione inizia con una trovata apparentemente brillante, e finisce con due cadaveri nel fiume. La rottamazione finale, quella del Pd, può forse produrre una pattuglia di cento deputati: ma inizia con un progetto «Macron» e rischia di finire con un risultato «Micron».

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