COMPAGNI CHE SBAGLIANO – IL CASO DEL PIDDINO DI GIOIA, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DI VIGILANZA SUGLI ENTI PREVIDENZIALI, CHE OLTRE AD AVERE UNA FIGLIA CHE LAVORA A “POSTE VITA” HA ANCHE UNA CASA IN AFFITTO DALL’ENPAM
1 - COSÌ IL PD PIAZZA I FIGLI E SI FA DARE CASA SENZA PAGARE PEGNO
Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Vent’anni fa, in assenza di notizie più appetibili, il Giornale pubblicò i dati di una relazione sulla gestione immobiliare da parte degli enti pensionistici. In base alla legge, sia l’Inps che l’Inpdap erano tenuti a investire nel mattone i soldi dei lavoratori, così da garantire a impiegati e operai che una volta a riposo avrebbero percepito l’assegno previdenziale. Dai documenti consegnati al Parlamento, si capiva però che le case degli enti non solo non garantivano un reddito, ma addirittura Inps, Inpdap e così via riuscivano a perdere denaro, cioè a dilapidare i contributi dei futuri pensionati.
d'alema rinalduzzi foto mezzelani gmt063
Era ferragosto del 1995, ma quella notizia scansata dalle agenzie e pubblicata con evidenza dal solo Giornale, diede inizio a un’inchiesta tra le più formidabili, ossia Affittopoli. Giorno dopo giorno, scavando alla ricerca di un qualcosa che spiegasse perché gli enti previdenziali pur disponendo di immobili di prestigio non riuscissero a farli rendere, si capì che quelle case in centro, quegli attici e superattici, quegli appartamenti affacciati sulle migliori piazze d’Italia erano affittati per un tozzo di pane agli esponenti della nomenclatura. Scorrendo i nomi sul citofono o parlando con i portieri, i cronisti scoprirono che gli inquilini erano i pezzi grossi della sinistra e del sindacato.
Nilde Jotti, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, la mamma di Achille Occhetto, la figlia di Armando Cossutta, quella di Gerardo Chiaromonte, l’ex di Ottaviano De Turco, la famiglia di Sergio D’Antoni. Tutti accasati a spese degli enti, i quali non solo avevano messo a disposizione alcuni tra i migliori "pezzi" del loro patrimonio immobiliare, ma li affittavano a prezzi di saldo.
Perché rivanghiamo una vecchia inchiesta conclusasi con una beffa (la maggior parte degli alloggi furono ceduti agli stessi inquilini con uno sconto del 30 per cento, per cui non solo molti dei locatari hanno goduto di fitti di favore, ma al momento della liquidazione degli immobili hanno potuto partecipare alla svendita con diritto di prelazione)? La risposta è semplice.
Anche allora, nonostante stesse in belle case comprate con i soldi dei lavoratori e affittate a equo canone a persone che con lo stipendio pubblico avrebbero potuto permettersi di pagare prezzi di mercato, la sinistra ha sempre ostentato una superiorità morale nei confronti di tutti gli altri esponenti politici che non facessero parte dell’allegra combriccola di compagni.
I pezzi grossi dell’allora Pds, ma anche di Cgil e Cisl, dichiaravano di avere un cuore a sinistra, ma la magione la volevano di destra, cioè lussuosa e possibilmente gratis o quasi. Passano gli anni ma la superiorità morale, almeno quella ostentata, resiste. E allora, dopo aver urlato allo scandalo per un paio di telefonate del ministro Maurizio Lupi, beccato in flagranza di reato nei confronti della pubblica opinione mentre chiedeva qualche consiglio e forse una consulenza per il figlio laureato con 110 e lode, adesso la sinistra tace nonostante avrebbe motivo di alzare la voce per chiedere chiarimenti.
Si dà infatti il caso che ieri, riprendendola da Dagospia, Libero abbia pubblicato la storia del presidente della Commissione incaricata di vigilare sugli enti previdenziali. Lello Di Gioia, questo il nome del parlamentare del Pd, l’anno scorso ha avuto la fortuna di vedere assunta la figlia in una compagnia assicurativa che, guarda caso, opera proprio nel ramo previdenza. Coincidenza? Possibile.
Certo non capita di frequente che un’azienda assuma - e con contratto a tempo indeterminato - una giovane il cui padre sta in un organismo che ha il compito di controllare il mercato in cui quell’azienda opera. Ma non è tutto. Di Gioia, oltre a tenere famiglia, tiene anche casa.
Mesi fa, dovendo sistemarsi nella Capitale, non ha pensato di rivolgersi ad una agenzia immobiliare, come farebbe chiunque. Al contrario si è rivolto alla società che gestisce gli appartamenti per conto dell’Enpam, l’ente di previdenza dei medici. Perché il presidente della Commissione che vigila sulla previdenza debba bussare alla porta di un ente di previdenza per trovare un tetto è un mistero.
Di Gioia nega qualsiasi conflitto d’interessi ed esclude ogni favoritismo. L’alloggio gli costerebbe un occhio della testa e poi non sarebbe neppure adatto alle necessità sue e della famiglia, tanto che ora il presidente della Commissione parlamentare sulla previdenza mediterebbe l’addio. Ovviamente tutto nel segno della trasparenza. Tutto dall’alto non dell’appartamento in centro, ma della superiorità morale che contraddistingue chiunque militi a sinistra. Se si è di centrodestra infatti si raccomandano i figli, ma se si è di centrosinistra si è solo diversamente fortunati.
2 - LA CASA DELL’ENPAM DI DI GIOIA «SONO IO A FARE UN FAVORE A LORO»
Tommaso Montesano per “Libero quotidiano”
Per difendersi, sceglie di attaccare. «Gradirei che lei leggesse il curriculum di mia figlia. Tutti i titoli. Il master, la scuola di eccellenza di sanità, il Fatebenefratelli…». L’onorevole Lello Di Gioia, pugliese, socialista alla terza legislatura, è nel suo ufficio di Palazzo San Macuto, da dove presiede la commissione bicamerale di vigilanza sugli «Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale».
Commissione, dice lui, «che evidentemente inizia a dare fastidio». A mollare non ci pensa proprio. Eppure da due giorni il deputato eletto con il Pd, che guida l’organismo dal giugno 2013, è nella bufera per l’assunzione della figlia Silvia, classe 1983, a Poste Vita, dove si occupa proprio di «previdenza e assistenza».
Assunzione avvenuta il 3 febbraio 2014, ovvero cinque mesi dopo l’insediamento di Di Gioia a San Macuto.
«Mia figlia ha fatto un regolare colloquio. E Poste Vita, in ragione del suo profilo professionale sulla sanità integrativa, concluso il periodo di prova ha ritenuto che fosse idonea». L’assunzione è avvenuta quando lei era già presidente della commissione. «Il collegamento è sbagliato. Silvia lavorava già nel settore della sanità integrativa quando io ho assunto l’incarico».
Poste Vita è il colosso assicurativo di Poste Italiane, il cui ad, Bianca Maria Farina, è stato ascoltato dalla sua commissione.
«La Commissione non vigila su Poste Vita. Controlla previdenza pubblica - Inps, Inail - e le casse professionali, tra cui quella dei giornalisti. Quanto a Farina, l’ho conosciuta a metà luglio del 2014 nell’ambito di un’indagine conoscitiva sui fondi pensione. All’epoca mia figlia era già stata assunta».
Lei quanti figli ha?
«Due. Una femmina, Silvia, e un maschio, Fabio. Fabio, 28 anni, è laureato alla Bocconi, in Scienza delle Finanze. Ha lavorato negli Stati Uniti, in Svizzera, a Milano, in Thailandia, in Germania e adesso, da solo, ha lanciato una start up in Italia: Foodscovery».
Raccontano che suo figlio lavori a Enpam Re, il braccio immobiliare della cassa di previdenza dei medici, vigilata dalla sua commissione.
«Mio figlio? Non esiste proprio. Fabio, che lavorava per una società tedesca, si è dimesso per lanciare questa start up innovativa senza alcun intervento del padre. La sede di lavoro è Pescara».
Risulta a Libero che lei, a Roma, abiti in una casa dell’Enpam.
«Non io. È mia figlia che vive in affitto in una casa dell’Ente, pagando la bellezza di 1.860 euro al mese più le spese di condominio per 70 mq. Il contratto l’ha firmato mia moglie ed è stato consegnato alla Camera».
E lei dove vive a Roma?
«A volte in albergo; a volte vado a trovare mia figlia. Non ho nulla da nascondere».
A quando risale la stesura del contratto di affitto?
«Dicembre 2014. Fino ad allora mia figlia è stata ospite di un’amica, mentre io dormivo in albergo. Poi, sapendo che il fondo dell’Enpam aveva case da affittare, mi sono permesso di chiedere ad una Sgr che gestisce il patrimonio immobiliare degli enti se fosse disponibile un appartamento».
Ritiene opportuno che il presidente di una commissione che vigila sugli Enti di previdenza affitti un immobile da uno degli istituti che controlla?
«L’osservazione sarebbe pertinente se io e mia figlia traessimo vantaggio dalla situazione, ad esempio pagando di meno o non pagando. Io non ho chiesto alcun favore. Sono io, anzi, che ho fatto un favore all’Ente affittando una casa sfitta».
Dato il suo ruolo, non sarebbe stato meglio rivolgersi ad un’agenzia immobiliare?
«L’ho fatto, ma di case in centro non ne ho trovate. Comunque il contratto di affitto è solo di cinque mesi. Stiamo cercando una soluzione diversa per pagare di meno».