1. IL CAINANO È QUASI ANDATO, IL CELESTE È NELLE MANI DELLA MAGISTRATURA E COMUNIONE & FATTURAZIONE TENTA IL TRASLOCO SU ROMA, GESTITO DAL TANDEM LUPI-LORENZIN 2. PER CAPIRLO BASTA METTERE IN FILA LE ULTIME MOSSE DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO CHE SEMBRA LA FIGLIA DI FANTOZZI E COMPORLE CON I MOVIMENTI SULLA SANITÀ LAZIALE GESTITI DALL’EX AMAZZONE DEL BANANA FOLGORATA SULLA STRADA DELLE COLOMBE 3. QUEI 700 MILA EURO CHE LA RAI “REGALA” AL MEETING DI CIELLE DI RIMINI CARO A LUPI, CHE DECIDERA’ LE PROSSIME GRANDI NOMINE, TRA CUI POSTE ITALIANE, SOGNO DI GUBITOSI 4. CHE C’ENTRA QUEL SUPERFUNZIONARIO DEL PIRELLONE ALL’OMBRA DI DACCÒ & FORMIGONI MESSO DALLA BEATROCE LORENZIN NEL BUSINESS DEGLI OSPEDALI DEL LAZIO?

1. DAGOREPORT
Il Cainano è quasi andato, il Celeste è nelle mani della magistratura e Comunione & Fatturazione tenta la grande operazione del trasloco su Roma, gestita dal tandem Lupi-Lorenzin. Per capirlo basta mettere in fila le ultime mosse del ministro dello Sviluppo economico che sembra la figlia di Fantozzi e comporle con i movimenti sulla sanità laziale gestiti dalla bionda Beatrice, ex amazzone del Banana folgorata sulla strada delle colombe.

Cominciamo da Viale Mazzini, che come sempre anticipa le scosse telluriche della politica e degli affari che le ruotano intorno. In estate, come ha rivelato Carlo Tecce sul Fatto nei giorni scorsi, la Rai ha offerto 700 mila euro su tre anni agli organizzatori del Meeting di Rimini per avere libero accesso a tutti i cosiddetti "eventi" del super-struscio politico di Cl. Immaginiamo che grazie a ciò vi sarà finalmente una corsa degli italiani a pagare il canone Rai e l'Auditel un dì misurerà il grande successo di pubblico che riscuoteranno le comparsate romagnole di ministri e boiardi in cerca di nuove poltrone.

A volere questa regalia (a spese dello Stato) a Comunione & Fatturazione è stato il dg della Rai Luigi Gubitosi, che già ai tempi di Wind non lesinava le sponsorizzazioni al sacro evento. Ma chi ha condotto le trattative con il Meeting? Un altro uomo ex Wind come Alessandro Picardi, nuovo capo delle relazioni istituzionali e - tu guarda il caso - compagno della ministra Lorenzin.

E veniamo alla Lorenzin, un'altra che si sbraccia nel convincere il Cainano di Hardcore a non far cadere il governino di Lettanipote. Come ha svelato giovedì questo disgraziatissimo sito, la reggente della patria Salute sta tentando di piazzare Renato Botti sulla poltrona di sub-commissario alla disastrata sanità della Regione Lazio. Botti è stato dg della Sanità lombarda dal 1997 al 2002 e poi ha ricoperto lo stesso incarico, fino a pochi mesi fa, al San Raffaele di don Verzè.

Era un fedelissimo di Formigoni, ma negli ultimi anni se n'è distaccato e a verbale ha accusato duramente Pier Angelo Daccò, il grande elemosiniere della sanità all'ombra del Pirellone. I falchi del Pdl hanno capito che con la nomina di Botti si aprirebbe la strada per la calata in massa del sistema Cl sulla sanità laziale e si mettono di traverso. Il Pd di Zingaretti assiste in silenzio e gioca di sponda con i berlusconiani doc. In tutto questo, l'asse Lupi-Lorenzin è la dimostrazione che anche dentro Comunione & Fatturazione la stella di Forminchioni è in caduta libera. Anche perché sul Celeste pesano le note incognite giudiziarie.

Le incognite giudiziarie, però, potrebbero non riguardare solo l'anziano senatore dalle camicette improbabili. Un micidiale pizzino a Lupi è stato recapitato oggi da Luigi Amicone, direttore del settimanale "Tempi", di area ciellina.

Intervistato dal Giornale, l'Amicone spara l'insinuazione: "Questi governativi del Pdl hanno paura di mettersi contro la magistratura, contro il sistema di potere editorial-giudiziario che tiene in mano il Paese.... Anche Formigoni, in politica, improvvisamente mi sembra di una ingenuità e naivitè incredibili"...

Chissà se la mente-Lupi e il braccio-Lorenzin raccoglieranno il "pizzino" dell'Amicone. Ma intanto il ministero dello Sviluppo, in questa Italietta disastrata, almeno dispensa poltrone. E per chiudere il cerchio, il Gubitosi che foraggia il Meeting è lo stesso che traslocherebbe volentieri in Poste.

2. LA TV PUBBLICA DI COMUNIONE E LIBERAZIONE
di Carlo Tecce per Il Fattoquotidiano


Ci sono eventi che accadono soltanto a Rimini, l'estate non sta ancora finendo, ma i politici e i potenti sono in ciabatte e in ciabatte fanno passerella: ossequi al pianeta di Comunione di Liberazione, pacchi di votanti e rapporti in platea. Al Meeting ci vanno sempre, tutti. Ora la Rai va in soccorso e offre 700.000 euro: un abbraccio mediatico a quel mondo cattolico che per decenni ha manovrato le istituzioni italiane.

 

Funziona così. I ragazzi con cappellini e magliette, che pare si precipitino da 150 paesi diversi, assistono a eventi che accadono soltanto a Rimini: ovazione per Roberto Formigoni, promesse di Enrico Letta ("Via subito il porcellum"), codazzi attorno a Maurizio Lupi. Per i prossimi tre anni, e in mezzo c'è una faticosa trattativa, l'abbonato Rai potrà gustarsi il Meeting in diretta, anzi in esclusiva. Roba che il canone lo paghi due volte, volentieri. E forse lo guardi anche due volte perché i telegiornali si contendono i brandelli di un Meeting che ascendeva mentre Giulio Andreotti, gran protettore, s'incurvava.

 

Viale Mazzini ha offerto 700.000 euro spalmati per un triennio agli organizzatori di Rimini per avere libero accesso (interviste, notizie...) e non gratuita pubblicità. Che sia interessante o respingente per il pubblico, lo dirà l'Auditel. Di sicuro il dg Luigi Gubitosi non ha mai sottovalutato gli eventi che accadono soltanto a Rimini e dove i cattolici dettano, o dettavano la linea a palazzo Chigi . Anche da amministratore delegato di Wind sponsorizzava la settimana di Rimini; la compagnia telefonica è ancora tra i reduci che pagano centinaia di migliaia di euro a Comunione e Liberazione. Un paio di edizioni fa, il Meeting si trascinava una cassa di oltre 8 milioni di euro.

 

Quest'anno il bilancio s'è fermato a 7,25 milioni, quasi 5 da servizi di comunicazione, cioè le Regioni - con la Lombardia in testa - che puntualmente staccano l'obolo formato assegno. Ovviamente con l'amato Formigoni le cifre erano maggiori.

 

Le multinazionali Finmeccanica e Enel non mancano mai e nemmeno Fiat e Banca Intesa: ora non dite che occorre avere buone relazioni con i politici di Cielle per contare qualcosa. Sennò potreste definire strani i contribuiti di Trenord (Ferrovie lombarde), Apt Basilicata (promozione del territorio), Autorità portuale di Trieste e persino la Repubblica di San Marino.

 

In attesa (pare impossibile) di un intervento di papa Francesco e magari con il ritorno (pare probabile) di Roberto Formigoni, la Rai dà una mano al Meeting di Ciel-le. Chissà se al pubblico piacerà. Ma un adagio dice che il ciellino è meglio fartelo amico che nemico. Forse non sarà vero. Però è una di quelle cose che accadono soltanto a Rimini, d'agosto, in ciabatte.


3. SANITÀ, BUFERA SUL NUOVO SUBCOMMISSARIO EX MANAGER DI FORMIGONI, PDL SPACCATO
Anna Rita Cillis per Repubblica-Roma

Per ora nulla di fatto. Renato Botti dovrà ancora aspettare per sedersi sulla poltrona di subcommissario della Sanità del Lazio. Ieri, il Consiglio dei ministri non ha formalizzato alcuna nomina. Così a nove mesi dall'insediamento della giunta guidata da Nicola Zingaretti (peraltro commissario della sanità regionale), l'incarico di vice resta senza un nome, almeno fino alla prossima riunione dell'Esecutivo.

Anche se, sulle voci insistenti che indicano in questa casella l'ex direttore della sanità nell'era Formigoni, i malumori interni al Pdl e non solo si fanno sentire. E c'è chi parla, all'interno del Popolo della Libertà, di una decisione mal digerita, di una questione politica, o meglio di rapporti tra la ministra Beatrice Lorenzin - che punterebbe a imporre Botti per quella carica - e i suoi colleghi regionali di partito. Decisione che il numero uno del dicastero della Salute avrebbe preso senza consultare nessuno, nel Lazio, all'interno del parto.

Una mancanza di stile? Non proprio e non solo visto che all'assemblea nazionale del partito manca solo una settimana e Renato Botti, vicino a Formigoni non sembrerebbe il più appropriato per occupare quella poltrona. L'ex direttore del San Raffaele di don Luigi Verzé, prima che i debiti e gli affanni giudiziari strozzassero
l'impero sanitario milanese del prete-manager, infatti sarebbe troppo vicino a correnti lontane da quelle romane e con un curriculum lavorativo, e politico, costruito in un'altra Regione.

Del resto un autorevole dirigente del Pdl non fa mistero delle perplessità emerse fin qui: «Ci saremmo aspettati non dico una consultazione ufficiale tra noi e la ministra
Lorenzin ma una riunione orientativa sui possibili nomi questo sì. Non abbiamo nulla contro Renato Botti, ma si tratta comunque di un manager che non ha nulla a che fare con il Lazio; non conosce la nostra realtà, dovrebbe cominciare tutto daccapo e sarebbe un'ulteriore perdita di tempo e un ulteriore manager preso per partecipare al risanamento dei conti della sanità del Lazio che ha sempre lavorato e vissuto altrove».

Mentre il vicepresidente del consiglio Regionale Francesco Storace (La Destra) aggiunge: «La ministra Lorenzin non ci ha comunicato nulla né ci ha chiesto alcun parere, ovviamente non era tenuta a farlo, ma l'avremmo gradito».
E poi c'è Nicola Zingaretti, il governatore del Lazio, che ieri ha cercato di tranciare il discorso e a chi gli chiedeva un commento, a margine di un convegno organizzato al policlinico Gemelli, ha fatto solo notare che «della nomina del sub-commissario alla Sanità se ne occupa il governo della Repubblica».

Un modo per prendere le distanze nella speranza che un esponete come Renato Botti, legato al centrodestra, possa coadiuvarlo anche con il Pdl nazionale e regionale nella difficile gestione dell'uscita del commissariamento della sanità regionale. Il tutto se verrà nominato lui dall'Esecutivo. Altrimenti si ricomincerà da capo.

4. QUEL SUPERFUNZIONARIO DEL PIRELLONE ALL'OMBRA DI DACCÃ’ NEL BUSINESS OSPEDALI
Sandro de Riccardis per Repubblica-Roma

Direttore generale dell'assessorato alla Sanità in Lombardia dal 1997 fino al 2002. Direttore generale della fondazione San Raffaele dal 2002 fino al 2010. Renato Botti, 56 anni tra poco più di un mese, è stato da una parte e dell'altra della barricata. Prima come funzionario pubblico in una delle regioni che gestisce uno dei più cospicui budget pubblici per la sanità; poi come manager di una delle più grandi realtà ospedaliere, il San Raffaele di Milano non ancora travolto dagli affari spericolati del duo Don Verzè-Mario Cal che lo avrebbero portato al crack.

Sia di qua che di là, ha dovuto fare i conti con il potere e le pretese di Pierangelo Daccò, il faccendiere condannato a 9 anni in appello per il dissesto del San Raffaele e imputato nell'altra grande inchiesta milanese, quella dei fondi neri della regione Lombardia alla clinica Maugeri, dov'è indagato anche l'ex presidente Roberto Formigoni.

Proprio agli atti dell'inchiesta sulla clinica pavese, più di un testimone ascoltato dai pm definisce Botti come un uomo di Formigoni, sponsorizzato proprio da Pierangelo Daccò. «Anche io, effettivamente, mi sono molto sorpreso della nomina di Botti, che non veniva dal mondo sanitario e non aveva una grande esperienza essendo piuttosto giovane» mette a verbale l'ex direttore generale dell'assessorato alla Sanità del Pirellone, Francesco Beretta, quando gli investigatori gli chiedono un giudizio sulla nomina di Botti a direttore generale in Lombardia, nel 1997. «Ho manifestato la mia sorpresa a Formigoni, che mi disse che preferiva a un altro candidato proprio Botti, che gli era stato segnalato da Daccò e che, pertanto, doveva essere preso».

Ma proprio Botti sarà uno spietato accusatore di Daccò, quando i pm lo convocheranno, come testimone, per farsi spiegare la capacità di condizionamento del faccendiere al Pirellone. «Nel 2000 ricordo che Daccò mi fece un discorso molto chiaro dicendomi che ero troppo autonomo » mette a verbale il 31 maggio 2012. «Daccò mi disse chiaramente che avrei dovuto favorire imprenditori, ospedali, istituzioni private segnalati da loro».

Ma Botti, racconta in procura, si oppone. «Manifestai a Daccò il mio dissenso quando mi chiese di aumentare il valore del Drg (il sistema di retribuzioni delle prestazioni di strutture private convenzionate, ndr) per le attività di ricovero in riabilitazione». Poi Botti, nel 2002, passò dall'altra parte della barricata. Al San Raffaele, e dal novembre 2010 come a.d. di Telbios, società di telemedicina comunque collegata all'ospedale milanese.

 

 

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