CONGRESSO U.S.A. E GETTA - LA SUPERCOMMISSIONE CHE DOVEVA RIDURRE IL DEFICIT HA FALLITO: A BREVE ANNUNCERANNO IL FLOP - IL PALLOSO E SAPUTELLO JOHN KERRY E GLI OTTUSI REPUBBLICANI NON HANNO TROVATO L’ACCORDO, E ORA RISPEDISCONO LA FREGATURA DEL BUDGET AL MITTENTE (OBAMA) - ORA L’AMERICA RISCHIA DI ESSERE DECLASSATA DI NUOVO, E DI MANDARE NEL PANICO I MERCATI - SENZA L’INTESA, LA LEGGE STABILISCE TAGLI AUTOMATICI: LA SCURE SI ABBATTERÀ PER PRIMA SULLE SPESE MILITARI…

Maurizio Molinari per "La Stampa"

Arrivata alla scadenza del mandato, la super-commissione del Congresso di Washington non ha raggiunto l'intesa sulla riduzione del deficit per almeno 1.200 miliardi di dollari in dieci anni e senza una svolta nelle prossime 48 ore gli Stati Uniti rischiano di subire un nuovo downgrade finanziario.

La super-commissione, composta da un totale di 12 deputati e senatori di entrambi i partiti, è stata creata dalla legge sul Bilancio che il 2 agosto scorso ha scongiurato il default degli Stati Uniti prevedendo un aumento immediato del tetto del debito di 400 miliardi di dollari. In base al difficile accordo raggiunto allora fra Casa Bianca e opposizione repubblicana, la supercommissione deve varare entro mercoledì 23 novembre un piano per tagliare il deficit di almeno 1.200 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni e per riuscirci dovrebbe presentare il testo questa mattina al Congresso, puntando a completare l'iter legislativo entro lunedì 28 novembre. Ma il compromesso non è neanche all'orizzonte, come il presidente Barack Obama ha appurato al ritorno dal viaggio nella regione del Pacifico.

Alla radice dei disaccordi vi sono divergenze politiche e ostilità personali. Le divergenze hanno a che vedere con il nodo delle tasse, che i leader democratici vogliono aumentare per i redditi annuali superiori al milione di dollari mentre i repubblicani vi si oppongono con forza, proponendo soluzioni alternative. «Ciò che più ci divide è la necessità di condividere i sacrifici - spiega alla Cnn la senatrice democratica Parry Murray, co-presidente della super-commissione - perché noi riteniamo che gli americani più ricchi debbano anch'essi fare la loro parte mentre i repubblicani finora si sono rifiutati di sostenerlo».

Ma Jon Kyl, senatore repubblicano, ribatte dagli schermi della Nbc: «Il problema della posizione democratica è che vogliono solo aumentare le tasse e non prendono in considerazione altre opzioni, come la riduzione della spesa per sanità e previdenza». Fra i disaccordi più evidenti c'è quello sul futuro dei tagli fiscali varati da Bush nel 2001 e 2003 che scadranno alla fine del 2012 e i democratici vogliono rinnovare solo per il ceto medio. Jeb Hensarling, deputato repubblicano del Texas co-presidente della super-commissione, spiega alla Fox che «nessuno in questo momento vuole cedere» pur ammettendo che «la realtà si sta iniziando a imporre sulle speranze di ciascuno» e dunque «senza un'intesa ne usciremo tutti sconfitti».

A complicare la situazione sono le rivalità fra i 12 senatori e i deputati, perché fra i democratici c'è chi contesta al senatore del Massachusetts John Kerry di essere stato troppo presuntuoso nelle riunioni svoltesi a Capitol Hill «facendo capire che era sempre il più intelligente di tutti», mentre fra i repubblicani la leadership di Hensarling non è apparsa sempre all'altezza della sfida. Se a ciò si aggiunge che l'ultima seduta congiunta della super-commissione risale all'1 novembre appare evidente che nessuno abbia voluto impegnarsi troppo per superare le differenze.

A 48 ore dalla scadenza prevista dunque è verosimile che questa mattina i due copresidenti renderanno pubbliche le rispettive proposte di riduzione del deficit rimandando la palla nel campo della Casa Bianca. Ma si tratta di uno scenario che moltiplica le difficoltà per Obama a causa di due ragioni convergenti. Primo: in assenza di accordo la legge sul Bilancio prevede tagli automatici al bilancio molto severi, soprattutto ai danni del Pentagono, con il risultato di ridurre le forze armate «a dimensioni paragonabili a quelle del 1940» come lamenta il capo del Pentagono Leon Panetta.

Secondo: l'impatto nei mercati potrebbe essere a tal punto negativo da determinate un nuovo downgrade finanziario. «Senza un'intesa su una riduzione del deficit di appena lo 0,7 per cento - osserva Paul Ashworth, economista di Capital Economics - le agenzie di rating potrebbero procedere ad un nuovo taglio» per il semplice fatto che Standard & Poor's, togliendo la tripla A agli Usa, parlò di «condizioni politiche estremamente difficili» che continuano. Christine Tan, analista di Morgan Stanley, assicura che «c'è una possibilità su tre che entro fine mese gli Stati Uniti subiranno un nuovo taglio al rating» scendendo da AA+ ad AA.

 

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