L’OBAMA DEL LUNGARNO – CAMICIA BIANCA, CRAVATTA CHIARA E APPROCCIO “POP DEM”: LA COSTRUZIONE DELLA LEADERSHIP DI RENZI SEMBRA QUELLA DI UN CANDIDATO ALLA CASA BIANCA

1. VIDEO RENZI: "ABBIAMO FATTO QUALCHE AUTOGOL DOBBIAMO INNOVARE E SPERIMENTARE"
Da repubblica.it

 

RENZI, IL "POP DEM" A STELLE E STRISCE
Massimiliano Panarari per "la Stampa"

Il ritorno del Rottamatore, in «versione (molto) stelle e strisce» e, sempre di più, «pop dem». Dopo avere terminato il digiuno mediatico e la strategia del silenzio - di cui tanto si era comunque parlato (obiettivo centrato, dunque...) - Matteo Renzi torna fragorosamente a dire la propria, scegliendo per la sua rentrée nel dibattito nazionale due feste del Pd in quell'Emilia che è stata massicciamente bersaniana e oggi si rivela sempre più tentata (e ingolosita) dall'immagine potenzialmente vincente del sindaco di Firenze.

In maniche di camicia (bianca), che indicano attivismo, e cravatta chiara (giovanile, ma non «fighetta», per usare una «categoria politologica» ormai sdoganata dallo stesso premier), Renzi sceglie una strategia confermativa, che riprende i suoi fondamentali comunicativi (e semiotici), e prosegue sparata lungo il percorso di costruzione della sua leadership come candidato presidenziale. All'americana.

Osservandolo, dal vestiario alla gestualità e alla prossemica, sino ai toni (come quando invoca il superamento della guerra contro «il nemico»), appare indiscutibile come continui a guardare ai politici anglosassoni - in primis americani (Clinton e Obama); gli unici, d'altronde, che hanno portato la sinistra riformista al governo in questi decenni e hanno (parzialmente) dettato l'agenda.

Il Renzi che sbarca in una delle tradizionali riserve del Pd si chiama «Fuori» (come il suo vecchio slogan di battaglia) rispetto ai per nulla amati vertici del partito, riesuma e stigmatizza l'assai infelice battuta sulla smacchiatura del giaguaro, e punta a rafforzare la mozione degli affetti col frastornato «popolo» del centrosinistra bisognoso di certezze. Una strategia dell'attenzione verso i militanti (comunque importanti nelle primarie) che potremmo inquadrare, di nuovo, con un'etichetta mutuata dal lessico politico statunitense.

Ieri, infatti, abbiamo assistito a un Renzi «democratico populista», quello che sta dalla parte della gente e dei cittadini contro la «tecnocrazia» (evocata genericamente nel discorso, e qualunque riferimento a persone in carica, ovviamente, è tutt'altro che casuale...), gli apparati e coloro che, nella dirigenza, vogliono «primarie socchiuse».

Espressione, quest'ultima, che identifica uno dei passaggi maggiormente efficaci dal punto di vista della comunicazione, insieme alla neo-massima «Io prendo i voti se non ci sono loro» e al martellamento su Grillo «principale sponsor delle larghe intese» (bersaglio costante della polemica renziana, volta a difendere l'identità e a marcare il territorio democratico dalle incursioni elettorali a 5 stelle).

Il Renzi imputato di intercettare consensi in uscita dal Pdl si è presentato, non a caso in una delle constituency per eccellenza, mostrando la sua via all'orgoglio di partito secondo modalità equivalenti a quelle di un dem populista Usa: ovvero, il rapporto diretto (e con tratti carismatici) con una base che si lamenta incessantemente della distanza dei propri dirigenti.

Non il bagno di folla (che fa plebiscitarismo berlusconiano), ma i prati e gli stand festivalieri della macchina organizzativa ancora significativa, in conformità con quel processo di personalizzazione che ne fa il politico postmoderno per antonomasia del Pd. Il vecchio-nuovo frame renziano è, dunque, sempre di più quello del «pop dem», anche nell'immaginario popular (per lui abituale) fatto di un linguaggio piano, semplice, evocativo, emozionale e, naturalmente, condito da citazioni musicali, a partire da quella del «Bruce Springsteen emiliano», Luciano Ligabue (sarà casuale, considerando che Bersani si dichiarava fan di Vasco Rossi..?).

Anche la vita pubblica americana la si fa in piccole località, la cui toponomastica non dice granché all'opinione pubblica, fino a quando non vengono sbalzate agli onori delle cronache da qualche evento importante. Così, ieri, la «carovana Renzi» è passata a Bosco Albergati, in quel di Modena, e a Villalunga di Casalgrande (in provincia di Reggio Emilia). E, verosimilmente, ci ricorderemo di questi nomi in futuro.

 

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