
DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…
DAGOREPORT
mohammed bin salman trump visit da cbc
Donald Trump è rimasto l’immobiliarista rampante di “The Apprentice”: anche il suo approccio in politica è legato sempre e soltanto a questioni di affari e convenienze.
È sempre il vil denaro a guidare il presidente col ciuffo platinato: è il caso del clamoroso conflitto di interessi sulle cripto-valute (ha guadagnato miliardi lanciando una sua meme-coin), ma anche delle decisioni di politica internazionale.
Il presidente americano sbarcherà domani a Riad, nell’Arabia saudita tanto cara a lui e al genero, Jared Kushner coniugato Ivanka Trump, e sul piatto degli incontri che avrà nel Golfo persico troverà una montagna di petrol-dollari.
Donald Trump holding a Million Dollars - Harry Benson
Mohammed Bin Salman, come ricorda il “Washington Post” in un articolo dal titolo eloquente (“Nel Medio oriente, Trump vuole concentrarsi sugli affari, non sulla politica”), “è stato il primo leader straniero a parlare con Trump dopo il suo insediamento. In quella telefonata, disse al presidente che i sauditi avrebbero investito almeno 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei successivi quattro anni.
Trump ha affermato di volere che "arrotondassero" la promessa a mille miliardi di dollari e ha lasciato intendere che, se lo avessero fatto, avrebbe fatto del Paese la sua prima tappa all'estero in qualità di presidente”.
Se la cifra sia stata raggiunta, non è dato sapere, ma è un fatto che la prima visita di Stato di Trump fuori dai confini patri, ad esclusione di Roma per il funerale di Papa Francesco, sia proprio Riad.
benjamin netanyahu e donald trump nello studio ovale
Al blitz saudita seguirà un tour tra Emirati arabi e Qatar: anche Abu Dhabi e Doha hanno promesso centinaia di miliardi di investimenti (Bin Zayed sarebbe arrivato a 500, Al Thani non si sa ma ha annunciato di voler regalare un Boeing da 400 milioni al tycoon, che ha accettato: "Sarei stupido a non accettare un aereo così bello gratis").
Per capire quanti e quali affari siano in in ballo, basta aprire il programma del forum di investimenti Usa-Arabia Saudita: ci saranno tutti i big dell’economia a stelle e strisce, da big tech (Elon Musk, Mark Zuckerberg, Sam Altman di OpenAI e Cristiano Amon, del produttore di chip Qualcomm) alla finanza (Larry Fink del fondo BlackRock, Jenny Johnson di Franklin Templeton), fino alle banche (Jane Fraser di Citigroup).
Di certo, non andranno a discutere di diplomazia e geopolitici, ma soltanto di opportunità di business.
E saranno accontentati dai principini sauditi, emiratini e qatarini, sempre pronti a fare doviziosi affari.
A rimanere col cetriolo in mano sarà un’altra vecchia conoscenza di Trump, cioè l'immarcescibile Benjamin Netanyahu.
Come ricorda ancora il “Washington Post”, “non avrà una visita di persona in Israele, cosa che non gli gioverà in patria, dove si è descritto come un ponte essenziale con gli Stati Uniti.
Un alto funzionario della Casa Bianca ha affermato che non c'era bisogno di un colloquio perché Netanyahu aveva già visitato Washington ‘700 volte’ dall'insediamento di Trump, un commento che sembrava riflettere una certa stanchezza dell'ala ovest nei confronti del leader israeliano.
In realtà Netanyahu si è recato in visita solo due volte, sebbene si tratti comunque di due volte in più rispetto a qualsiasi altro leader mondiale […]”.
Abbas Araghchi con Faisal bin Farhan Al Saud
“Bibi” è disorientato: sperava di avere un canale privilegiato con il tycoon, che gli aveva promesso sostegno incondizionato (remember Trump-Gazaland?) e invece sta sacrificando Israele sull’altare del dialogo con l’Iran e del business con l’Arabia Saudita, complice il genero del tycoon, Jared Kushner (che siede nel board della Future Investment Iniative di MBS e da anni lavora come lobbista non ufficiale per il regno).
I colloqui tra Usa e Teheran, mediati dall’Oman, procedono a gonfie vele, e se c’è stata una conseguenza dalla guerra a Gaza è stato un clamoroso rinsaldamento del mondo musulmano.
L ACCORDO SUL NUCLEARE TRA TRUMP E KHAMENEI VISTO DA CHATGPT
In pochi hanno notato (tranne l’interessatissima al-Jazeera, tv Qatariota diventata dal 7 ottobre la voce di Hamas) l’incontro, sabato scorso, tra i ministri degli esteri dell’Iran, Abbas Araghchi, e dell’Arabia Saudita, Faisal bin Farhan al Saud.
Di fronte alle bombe di Tel Aviv sui palestinesi, sta saltando l’antica divisione tra sciiti e sunniti, come ci ha tenuto a ricordare proprio il ministro iraniano a Riad.
Trump è stufo di Netanyahu al punto da aver cancellato il viaggio di quel pasticcione del segretario alla Difesa, Pete Hegseth. In più, in cambio delle centinaia di miliardi di cui sopra, deve concedere qualcosa ai Paesi arabi.
Da qui il possibile riconoscimento dello stato di Palestina, fatto ventilare tramite il “Jerusalem Post”, e le lodi all'Iran: "Sta agendo in maniera intelligente, la mia intenzione è che stia bene e prosperi", ha detto oggi ai giornalisti.
Non che a Bin Salman interessi granché del destino di Hamas, ma il custode dei luoghi più importanti dell’Islam (la Mecca e Medina), non può chiudere entrambi gli occhi di fronte alla strage dei “fratelli” musulmani.
Costretto a rinculare sui dazi, deluso dal suo amicone Putin che continua a opporsi alla tregua in Ucraina, Trump ha bisogno di un successo da sbandierare di fronte ai suoi elettori. Aveva promesso la pace in 24 ore a Kiev e non può ottenerla? Può sempre chiudere un accordo con l’Iran sul nucleare e rinforzare la partnership con i Paesi arabi, disgraziatamente abbandonati con l’era Obama.
video su gaza strip in trip creato con ai - netanyahu e trump
E qui entra in gioco il petrolio. Il ragionamento del presidente democratico, all’epoca, fu: che ci frega del greggio saudita, se grazie all’olio di scisto (lo ''shale oil'' ricavato dalle rocce con il fracking) gli Stati Uniti sono autosufficienti, e sono diventati il primo produttore mondiale di petrolio?
Un ragionamento che si è rivelato un errore strategico: in politica, come in natura, il vuoto non esiste.
E così, con il disimpegno americano, i Paesi del Golfo hanno iniziato a guardare sempre più a Est, a Russia e Cina.
Senza considerare che Riad & company hanno sempre il barile dalla parte del manico: in questi giorni l’Opec+ ha deciso di aumentare ancora la produzione, andando ad accentuare il calo dei prezzi (e causando un grosso grattacapo proprio ai produttori americani di shale, che essendo più caro, ha bisogno di prezzi più alto per essere concorrenziale).
mohammed bin salman jared kushner ivanka trump
Una fregatura solo apparente per Trump, che per la sua propaganda ha bisogno, nell’immediato, di far scendere i prezzi alla pompa, e per farlo è disposto a sacrificare le aziende americane.
Come scrive oggi Carlo Di Foggia sul “Fatto quotidiano”: “Il tycoon è ossessionato dall’idea di far scendere il prezzo del petrolio per ridurre l’inflazione, tema su cui l’elettorato americano è assai sensibile.
Si è più volte appellato all’Opec+ affinché aumentasse la produzione e ha spiegato che il calo dei prezzi può mettere pressione alla Russia – le cui entrate dipendono dal petrolio – per spingerla a fermare la guerra in Ucraina.
Le mosse di Riad sono un assist a Trump […] . I sauditi puntano a chiudere diversi accordi, ma l’obiettivo di fondo non sembra ingraziarsi il presidente Usa, quanto, al solito, conquistare quote di mercato indebolendo i concorrenti, approfittando della situazione. E in prima fila ci sono proprio i produttori da scisto americani, che hanno appoggiato la scalata di Trump”.
Amorale della fava? Il giro del Golfo di Trump è un viaggio fondamentale per comprendere i nuovi – e a tratti sorprendenti – equilibri mondiali.
A proposito: quale sarà l’annuncio su Truth che il tycoon definisce “uno dei più importanti di sempre”, che arriverà, ha detto ieri, nelle prossime ore?
Forse proprio il mega accordo con i sauditi? L’ingresso negli accordi di Abramo di Riad, disponibile al disgelo diplomatico con Tel Aviv, ma solo in cambio della nascita di uno Stato palestinese, alla faccia di Netanyahu?
(Come spiega Ali Shihabi, commentatore saudita vicino alla corte reale, al "Financial Times", Bin Salman "vuole che la visita si concentri sulle relazioni bilaterali. La normalizzazione è in sospeso a meno che Israele non faccia le mosse serie che l'Arabia Saudita desidera, come la fine della guerra e la creazione di uno Stato palestinese. Altrimenti non si andrà da nessuna parte").
O il nuovo Boeing ricevuto da Al-Thani, che il sito www.nj.com ha sintetizzato efficacemente così: “la presidenza più corrotta della storia americana è sul punto di raggiungere nuove vette di doppio gioco”?
COLLOQUIO TRUMP-NETANYAHU, 'STRETTA COLLABORAZIONE'
(ANSA) - "Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha incontrato oggi l'inviato speciale per il Medio Oriente del presidente degli Stati Uniti, Steve Witkoff, insieme all'ambasciatore Usa in Israele, Mike Huckabee.
Successivamente, Netanyahu ha parlato al telefono con Donald Trump. Lo ha ringraziato per l'assistenza nella liberazione del soldato dell'Idf Idan Alexander. Il presidente americano, da parte sua, ha ribadito il suo impegno nei confronti di Israele e il desiderio di continuare una stretta collaborazione con il primo ministro". Lo riferisce una nota dell'Ufficio di Netanyahu.
REPORT: IL DOPPIO GIOCO DI TRUMP STA PER RAGGIUNGERE NUOVE VETTE, LETTERALMENTE
Traduzione di un estratto dell'articolo di Kevin Manahan per https://www.nj.com/
A quanto pare, la presidenza più corrotta della storia americana è sul punto di raggiungere nuove vette di doppio gioco.
PROTESTE CONTRO ISRAELE E USA IN IRAN
Cosa si può regalare a un presidente che ha già arricchito se stesso e la sua famiglia di una media di un miliardo di dollari al mese da quando è entrato in carica?
Cosa potrebbe mai desiderare un uomo — l’uomo più potente del pianeta, che sta pianificando 20 progetti immobiliari con il suo marchio in giro per il mondo?
Secondo quanto riportato da ABC News, Donald Trump […] è sul punto di accettare un “palazzo volante” da 400 milioni di dollari impacchettato come regalo.
Donald Trump Mohammad bin Salman
In quello che potrebbe essere il regalo più prezioso mai fatto agli Stati Uniti da un governo straniero, l’amministrazione Trump si sta preparando ad accettare un lussuosissimo Boeing 747-8 jumbo jet dalla famiglia reale del Qatar — un dono che sarà a disposizione del presidente Donald Trump come nuovo Air Force One fino a poco prima della fine del suo mandato […]
Questo avviene poco dopo l’assurda menzogna della portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt secondo cui Trump non si starebbe arricchendo in carica.
“Penso sia francamente ridicolo che qualcuno in questa stanza possa anche solo suggerire che il presidente Trump stia facendo qualcosa per il proprio tornaconto personale,“ ha dichiarato venerdì.
“Ha lasciato una vita di lusso e la gestione di un impero immobiliare di grande successo per il servizio pubblico… questo è un presidente che ha effettivamente perso soldi per essere presidente.”
Una cosa è certa: gli organi di vigilanza etica non lasceranno che questo caso venga ignorato come i voli del Segretario ai Trasporti Sean Duffy all’aeroporto di Newark.
PETROLIO, RIAD INNESCA LA GUERRA DEI PREZZI E SCHIANTA I COLOSSI USA
Estratto dell’articolo di Carlo Di Foggia per “il Fatto quotidiano”
iran lancia attacco contro israele usando decine di droni
Le avvisaglie sono chiare e, a questo punto, i dubbi riguardano solo l’obiettivo di fondo.
Perché l’Arabia Saudita vuole trascinare il mondo verso una nuova guerra dei prezzi del petrolio? […]
Lunedì l’Opec+, il cartello dei produttori con l’aggiunta della Russia, sotto la spinta di Riad, ha deciso il secondo aumento mensile della produzione (+411mila barili al giorno).
La decisione ha accentuato il calo dei prezzi innescato dai timori che i dazi voluti da Trump causino una recessione mondiale.
[…] Apparentemente è una mossa autolesionista. Aumentare l’offerta riduce i prezzi e danneggia i bilanci dei Paesi produttori, le cui entrate dipendono dal petrolio. L’Arabia Saudita ha bisogno di un greggio a 90 dollari a barile per tenere i conti in equilibrio mentre investe pesantemente per diversificare l’economia.
donald trump scende dall air force one
Riad giustifica la misura con la volontà di punire alcuni membri dell’Opec+, come il Kazakistan, che violano le quote stabilite, producendo di più.
L’idea è di far scendere i prezzi per costringerli a ridurre l’offerta, ma è difficile credere che sia il vero obiettivo, tanto più che difficilmente Astana ridurrà l’offerta di petrolio: ha bisogno di entrate e nei suoi più importanti giacimenti sono coinvolte le grandi compagnie internazionali (Chevron, Shell, Eni etc.) che potrebbero tagliare gli investimenti se costrette a produrre meno.
Qual è allora l’obiettivo? Non è la prima volta che Riad avvia una guerra dei prezzi, inondando il mercato di petrolio in scia a crolli delle quotazioni innescati da eventi sistemici.
È successo nel 2020, con la pandemia, ma anche nel 2014 quando i sauditi approfittarono di un crollo della domanda per il rallentamento cinese per assestare un colpo ai produttori americani di greggio da scisto. Lo scisto è una roccia sedimentaria che contiene petrolio (o gas).
Nel 2010 la rivoluzione del fracking, che permette di frantumare la roccia ed estrarne il contenuto, ha trasformato gli Usa nel primo produttore mondiale, con 13 milioni di barili al giorno. Il tallone d’Achille è il prezzo, perché lo shail oil ha costi alti. Sotto gli 80 dollari a barile, non è conveniente espandere le produzioni, sotto i 70 i margini si assottigliano molto.
In campagna elettorale Trump ha promesso un aumento della produzione nazionale. Appena eletto ha firmato due ordini esecutivi per incentivare le trivellazioni. Il tycoon è ossessionato dall’idea di far scendere il prezzo del petrolio per ridurre l’inflazione, tema su cui l’elettorato americano è assai sensibile.
Si è più volte appellato all’Opec+ affinché aumentasse la produzione e ha spiegato che il calo dei prezzi può mettere pressione alla Russia – le cui entrate dipendono dal petrolio – per spingerla a fermare la guerra in Ucraina.
Le mosse di Riad sono un assist a Trump, che la prossima settimana visiterà proprio l’Arabia Saudita. I sauditi puntano a chiudere diversi accordi, ma l’obiettivo di fondo non sembra ingraziarsi il presidente Usa, quanto, al solito, conquistare quote di mercato indebolendo i concorrenti, approfittando della situazione. E in prima fila ci sono proprio i produttori da scisto americani, che hanno appoggiato la scalata di Trump.
Martedì due colossi del settore hanno annunciato un taglio alle nuove trivellazioni.
Diamondback Energy, uno dei più grossi del bacino del Permiano nel Texas occidentale, il più grande giacimento Usa, ha detto che le ridurrà del 15% e annunciato che, con questi prezzi, gli impianti diminuiranno del 10% entro giugno e la produzione americana scenderà già da questo trimestre.
iran lancia attacco contro israele usando decine di droni
Un ruolo ce l’hanno anche i dazi, che colpiscono i fornitori dei macchinari.
A marzo, il segretario all’Energia Chris Wright aveva minacciato i produttori, spiegando che possono mantenere la promessa di Trump di “trivellare, tesoro, rivellare”, anche con prezzi sotto i 50 dollari a barile.
Non sta andando così. E, alla lunga, potrebbe essere un grosso problema per i piani e le promesse del tycoon.
bacini di shale oil in america
shale oil estrazione petrolio