L’”OLIO” DELLA MAUGERI - DALLA FONDAZIONE SONO PARTITI SOLDI PER “UNGERE” POLITICI, FUNZIONARI E INTERMEDIARI (70 MLN € IN 10 ANNI) AFFINCHÉ NE AGEVOLASSERO LE ATTIVITÀ - A CAPO DEL ‘SISTEMA’ IL DG PASSERINO CHE, ATTRAVERSO LA SUA SOCIETÀ ‘MDS’, AVREBBE SMISTATO FONDI AI CIELLINI DACCÒ E SIMONE PER “APRIRE PORTE” E SMUOVERE CONTATTI (FUORI I NOMI) - I TRE ANCORA NON HANNO DETTO Ciò CHE SANNO: STANNO ANCORA MISURANDO SE E QUANTO GLI CONVIENE “CANTARE”…

Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"

«Pagamenti riservati della Fondazione Maugeri anche a favore di esponenti politici o loro familiari», e «ingenti somme di denaro non solo a Daccò e Simone, ma anche a tutti coloro che, politici o funzionari pubblici o intermediari, hanno negli anni illecitamente agevolato l'attività della Fondazione Maugeri in diverse iniziative e in varie località». Per la prima volta i pm dell'inchiesta sulla sanità lombarda lo mettono nero su bianco.

E paradossalmente lo fanno solo per motivare il loro parere negativo alla scarcerazione del direttore generale della Maugeri, Costantino Passerino, nonostante «le aperture significative nei suoi interrogatori» seguiti all'arresto il 13 aprile insieme al capo azienda Umberto Maugeri, a due professionisti del colosso privato della sanità pavese, all'imprenditore ciellino Antonio Simone e a Pierangelo Daccò (già in carcere dal 15 novembre scorso per i fondi neri del San Raffaele).

Il riferimento dei pm, pur criptico nell'identikit dei politici o funzionari regionali che non vengono disvelati, tradisce l'esistenza di elementi sulla reale destinazione del fiume di soldi (70 milioni in meno di 10 anni) sborsati dal polo ospedaliero privato a un mediatore (Daccò) senza altre competenze tecnico-sanitarie che la sua abilità di «aprire le porte» nella Regione Lombardia del suo amico e compagno di vacanze Roberto Formigoni.

Sinora le carte depositate si arrestavano di fronte alla traiettoria dei soldi dalla Maugeri a Daccò e Simone; e per il resto, nei testimoni, esistevano solo generiche evocazioni degli agganci di Daccò in Regione, e il pressing di domande dei pm a Daccò sulle vacanze pagate sotto varie forme a Formigoni. Ma adesso, dal pertugio degli interrogatori del direttore generale della Maugeri, parzialmente dischiuso proprio dal parere negativo dei pm Laura Pedio e Antonio Pastore alla sua richiesta di scarcerazione, si intuisce che nelle indagini c'è già qualcosa di più.

Gli interrogatori, premettono i pm, «evidenziano il ruolo centrale di Passerino non solo nella gestione della Fondazione, ma anche di tutta la struttura illecita organizzata per consentire alla Fondazione di trasferire ingenti somme di denaro non solo a Daccò e Simone, ma anche a tutti coloro che, politici o funzionari pubblici o intermediari, hanno negli anni illecitamente agevolato l'attività della Fondazione in diverse iniziative e in varie località».

E se è vero che Passerino concordava e riferiva a Maugeri ogni attività pattuita con Daccò, «tuttavia era lui che prendeva gli accordi, definiva gli importi e le modalità di pagamento, e teneva i rapporti con i funzionari regionali». Inoltre «per anni ha utilizzato la società Mds, a lui riferibile, come canale per i pagamenti riservati anche a favore di esponenti politici o loro familiari».

Il problema, per i pm, è che Passerino, un po' come i messaggi ai naviganti lanciati da Daccò, non starebbe raccontando tutto quello che sa, anzi starebbe facendo dei calcoli su cosa raccontare e cosa invece provare ancora a tacere: «Passerino - è la convinzione espressa dai pm nel loro no alla scarcerazione chiesta dal difensore Roberto Rampioni e negata dal gip Vincenzo Tutinelli - non ha ancora maturato una frattura definitiva con il mondo criminale al quale è legato nelle vicende che lo vedono detenuto, come si evince dal fatto che su alcuni temi di indagine appare ancora reticente e contradittorio».

I suoi interrogatori, a detta dei pm, mostrano «pur significative aperture», ma «sono ancora caratterizzati dalla difficoltà di ammettere, in relazione ad alcuni fatti, una conoscenza e una consapevolezza piene dell'illiceità delle condotte, come se stesse ancora misurando quanto gli conviene ammettere e quanto invece può ancora salvare». E non giova a Passerino il fatto che «l'esistenza di società estere di cui risulta tuttora mandante fiduciario non sia stata da lui riferita, ma solo confermata a seguito degli interrogatori del fiduciario svizzero».

 

 

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