giorgia meloni giancarlo giorgetti

DEFICIT D’ATTENZIONE – NELLA NADEF IL GOVERNO MELONI METTE LE MANI AVANTI: PER FAR TORNARE I CONTI E COPRIRE ALMENO I DIECI MILIARDI CHE SERVONO PER CONFERMARE IL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE, IL DEFICIT SFORERÀ IL VINCOLO UE DEL 3% FINO AL 2026. L’AUSTERITY VIENE RIMANDATA AL FUTURO, MA TANTO I MARGINI PER POLITICHE ESPANSIVE, CON IL PIL CHE ARRANCA, NON CI SONO. IL PIANO PRIVATIZZAZIONI DA VENTI MILIARDI È IRREALIZZABILE…

Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera e Ilario Lombardo per “La Stampa”

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

La somma tra economia e politica è un trucco. A causa dell’eredità dei superbonus edilizi il governo di Giorgia Meloni si appresta ad aumentare non solo il deficit del 2024, ma anche quello degli anni a venire. […]

 

Per far tornare i conti in un anno elettorale, per poter coprire per intero i dieci miliardi necessari quantomeno alla conferma del bonus per i lavoratori dipendenti, quando il governo si dovrà presentare in Parlamento per l’autorizzazione alla nuova spesa, lo farà fino al 2026.

 

IL RIGORE - VIGNETTA BY GIANNELLI

Il dettaglio, solo apparentemente minore, sta in una nota a pagina 79 del Documento di economia e finanza appena aggiornato. Quasi sedici miliardi in più per quest’anno, dodici nel 2024 e 2025, otto nel 2026. Solo allora, quando la premier entrerà nell’ultimo anno di legislatura, il governo progetta di far scendere il rapporto deficit Pil dal 3,6 per cento al 2, 9 per cento, sotto il fatidico vincolo europeo del 3 per cento.

 

Se l’accordo sul nuovo Patto di stabilità dovesse finalmente giungere, quel limite potrebbe diventare meno cogente, ma comunque la costringerà a scelte più rigorose di quelle fatte fin qui. Ciò che sottolineano questi numeri sono due aspetti contraddittori.

 

nadef 2023

Il primo: l’austerity è rimandata al momento più difficile di qualunque maggioranza di governo. […] La questione più interessante è la seconda: l’aumento della spesa che Meloni chiederà al Parlamento per l’intero triennio serve a tenere in piedi un equilibrio di bilancio che è già in bilico.

 

Le scelte di oggi vanno inquadrate nel contesto della sfida per le Europee del giugno 2024. Meloni deve trattare con Bruxelles un aumento della spesa che le permetta una manovra di bilancio spendibile in campagna elettorale.

 

Ecco perché la garanzia che il governo offre all’Unione è spostata alla fine del triennio, quando – stando alla statistica degli ultimi esecutivi italiani – il governo Meloni potrebbe anche non esistere più e la responsabilità dei tagli imponenti che sottintendono questa previsioni potrebbe finire in mano a chi le succederà a Palazzo Chigi, magari un tecnico.

 

La linea scelta dalla premier per rispondere a chi prefigura questi scenari è obbligata: al suo governo potrà solo succedere un altro governo politico votato dai cittadini. E in effetti, a meno di una nuova crisi finanziaria, in base ai numeri in Parlamento immaginare una maggioranza diversa è difficile.

 

SEMO GENTE DI PORCATA - VIGNETTA BY MANNELLI

E però lo scenario che emerge dall’ultimo documento di finanza pubblica è complicatissimo. Le previsioni di crescita per l’anno prossimo sono a dir poco ottimistiche. Per far tornare il debito in una traiettoria discendente il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti è stato costretto a immaginare per il 2024 un Pil in crescita di mezzo punto in più rispetto alle previsioni di molti analisti.

 

Numeri dai quali, non a caso, lo stesso documento in qualche modo prende le distanze, spiegando che fra prezzo del petrolio, rischio di cambio, rendimenti dei titoli e andamento degli scambi globali quella previsione potrebbe essere più bassa di quattro decimali. Non solo: il governo ha preso l’impegno a due miliardi di riduzioni di spese ai ministeri e a privatizzazioni pari a un punto di Pil, al cambio circa venti miliardi di euro.

 

TITANIC D'ITALIA - VIGNETTA BY MACONDO

Una cifra enorme, già ipotizzata in passato da altri governi di destra e mai rispettata. Per realizzare l’obiettivo, occorrerebbe mettere sul mercato le quote di molti gioielli di famiglia, come Eni ed Enel, o lanciare un grande piano di dismissioni di immobili pubblici, operazione anch’essa tentata in passato senza successo.

 

In questo contesto – e a meno di non aumentare le tasse – ad oggi non c’è spazio nemmeno per finanziare l’aumento di spese essenziali, come quelle per la sanità. […]

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