scalfari

DIAMINE, A 94 ANNI NON SI PUO’ DIRE UNA CAZZATA? QUELL’EU-GENIO DI SCALFARI FA MARCIA INDIETRO: “IL SOSTEGNO A DI MAIO? ERA UNA PROVOCAZIONE, UNO SCHERZO” – IL SILLOGISMO DI BARBAPAPA’: VISTO CHE M5S HA DOPPIATO IL PD, I CINQUE STELLE SONO DIVENTATI DI SINISTRA - LA LINEA DI 'REPUBBLICA' CON MAURO, ZUCCONI E CALABRESI

 

1. ERA UN PARADOSSO

Eugenio Scalfari per la Repubblica

 

scalfari de mita

Nella trasmissione televisiva DiMartedì sono stato intervistato da Giovanni Floris nei primi 12 minuti. Il tema era quello della dura sconfitta del Partito democratico. Non era mai andato così male. Come mai e perché era ridotto al 19 per cento? Per colpa degli scissionisti guidati da Grasso, Bersani, D' Alema? Certamente no. Alla domanda di Floris ho dato una risposta volutamente paradossale e al tempo stesso provocatoria che aveva un significato secondo me importante. Lo spiegherò alla fine. Ora però debbo ricordare in breve la storia della sinistra democratica degli ultimi trent' anni, senza la quale sarebbe difficile capire il presente; la storia è sempre maestra della vita, anche quando riguarda il gioco delle parti: si confrontano l' una con l' altra.

 

La sinistra moderna cominciò con Tangentopoli nella Procura del Tribunale di Milano nel 1992. In cinque anni venne smontato il sistema politico dissolvendo il principale partito che aveva governato di fatto il Paese per quarant' anni: la Democrazia Cristiana. Ma non soltanto: fece fuori anche Craxi e quindi di fatto il Partito socialista. Il grosso di questi partiti per continuare l' attività politica sbarcò sulla spiaggia di Berlusconi che proprio in quel periodo aveva costruito e lanciato: Forza Italia.

 

PRODI SCALFARI

Questo è l' inizio della nostra storia. Berlusconi durò poco al governo perché da una parte Bossi e dall' altra Fini non si parlavano neppure e alla fine la Lega Nord mise in crisi l' esecutivo Berlusconi. Nel frattempo la sinistra italiana, quella democratica e non quella comunista che si era chiusa in una sorta di ghetto a causa della sua appartenenza al comunismo sovietico, con un' azione decisa di Berlinguer era diventata un partito della sinistra europea.

 

Questi erano i vari elementi del gioco tra le parti e fu in questo clima che emerse la tesi dell' Ulivo impersonata nella figura di Romano Prodi. L' Ulivo agiva su una sinistra che si era andata lentamente formando con due partiti distinti ma convergenti, uno di cattolici democratici guidati da Francesco Rutelli, l' altro da Occhetto e D' Alema prima e poi da Fassino, che si chiamavano rispettivamente Margherita e Democratici di sinistra. L' Ulivo di Prodi li mise insieme e nacque il Partito democratico. Le elezioni furono vinte e di quel governo Walter Veltroni fu il vicepresidente del Consiglio.

 

Scalfari De Benedetti

È stato il miglior governo degli ultimi trent' anni di storia italiana nel campo sociale, economico, culturale ed anche internazionale. L' economia soprattutto fu il culmine dell' attività positiva di quel governo e non a caso infatti il ministro delle Finanze era Carlo Azeglio Ciampi e fu per l' appunto lui a negoziare positivamente con il governo tedesco l' ingresso dell' Italia nella moneta unica, l' Euro. Dopo quattro anni, Berlusconi batté Prodi e gli subentrò nel governo del Paese.

 

Destava molta simpatia in alcuni ceti e in particolare in alcune regioni ma il suo era un governo che molto spendeva e poco incassava. Salvo l' azione restrittiva del ministro delle Finanze Tremonti il quale però a un certo punto ruppe con Berlusconi. Alla fine lo stesso Cavaliere subì molte dimissioni tra le quali quelle di Casini e di Fini e il governo Berlusconi cadde. Nel 2008 la crisi americana arrivò come una tempesta anche in Europa e naturalmente in Italia. Colpì fortemente e soprattutto dal punto di vista sociale e finanziario il nostro Paese e rese indispensabile mettere al vertice del governo un economista tecnicamente e culturalmente molto formato. Era a quell' epoca presidente della Repubblica il nostro Giorgio Napolitano il quale individuò chi fosse la persona adatta nel professore e senatore a vita Mario Monti.

 

SILVIO BERLUSCONI EUGENIO SCALFARI

Il governo Monti ottenne ottimi risultati imponendo di necessità alcuni sacrifici al Paese. Dopo un anno però lo stesso Monti lasciò il governo desideroso di fondare un proprio partito, operazione che peraltro non riuscì. Napolitano allora nominò al governo Enrico Letta il quale più che essere un tecnico d' economia era un uomo politico aderente al Pd. Letta ottenne l' appoggio di quello che fino ad allora era stato il vice di Berlusconi: Angelino Alfano, che cambiò di colpo la sua posizione e diventò ministro dell' Interno.

 

Erano però nel frattempo accadute molte cose al di fuori della crisi economica, la principale delle quali fu la battaglia tra Bersani e Matteo Renzi per la segreteria del partito. La prima volta fu Bersani a vincere la seconda fu Renzi. Evidentemente Renzi aveva un progetto perché dopo essere stato apparentemente amico e sostenitore del governo del suo partito, con un colpo di mano defenestrò Enrico Letta.

 

eugenio scalfari

Napolitano fu molto dispiaciuto perché questa situazione non aveva altri sbocchi che mettere Renzi al posto di Letta a cui il partito aveva tolto la fiducia e così Renzi che era già segretario del partito diventò anche presidente del Consiglio. Il suo governo durò tre anni dal 2013 al 2016. Nel frattempo si erano svolte le elezioni del Parlamento europeo nelle quali Renzi ottenne un risultato che all' epoca era di estremo rilievo: il 40 per cento. Il suo governo fece cose buone e cose modeste ma le buone ebbero notevole vantaggio su quelle più modeste e quindi la sua popolarità si accrebbe ed anche il suo potere.

 

Il vero difetto di Renzi era di tipo caratteriale: voleva comandare da solo con il cosiddetto cerchio magico composto da una decina di persone che avevano incarichi di governo ed erano intimamente a lui legate. A un certo punto Renzi decise di affrontare una questione della massima importanza, cioè l' abolizione del Senato. Per ottenere questo risultato fu indetto un referendum costituzionale della cui vittoria Renzi era pressoché sicuro. Arrivo invece una sconfitta bruciante. E fu uno dei più grossi errori che Renzi fece trasformando il referendum in un voto sul suo nome. Il No travolse il Sì.

 

di maio festa pomigliano

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, gli suggerì di restare al governo comunque perché una sconfitta referendaria non obbliga affatto alle dimissioni, ma Renzi ormai aveva deciso. Gli fu chiesto di suggerire un nome che lo sostituisse e lui scelse quello di Gentiloni. Questa è la storia contemporanea. La politica passò nelle mani di Gentiloni il quale formò un governo molto efficiente, specialmente nelle persone di Marco Minniti ministro dell' Interno, Pier Carlo Padoan all' Economia, Carlo Calenda allo Sviluppo economico.

 

*** Siamo arrivati ora al piccolissimo fatto che ha dato origine però ad un mio problema personale che desidero chiarire nel suo esatto significato. Martedì scorso, come ho già riferito all' inizio di questo articolo, ho partecipato alla trasmissione di Giovanni Floris. Come ho già detto, e qui lo ripeto, avevo un' intenzione in qualche modo provocatoria ma non priva forse di qualche interesse: il dato di fatto che avevo sottomano era la capacità del movimento Cinque Stelle, allora guidato da Beppe Grillo, di attirare nelle sue file molti elettori di sinistra, scontenti di come Renzi dirigeva il partito. Inoltre in Italia l' astensione, che è considerata normale fino al 20 per cento, sfiorava il tetto del 40.

 

mario monti

La campagna elettorale di Renzi è stata concentrata soprattutto sul recupero degli astensionisti e degli elettori che avevano abbandonato il partito per affluire nei grillini. Allo stesso modo quel movimento che è ormai diventato un partito nelle mani di Di Maio, non solo ha fatto una campagna elettorale per difendere la permanenza dei loro aderenti d' ispirazione di sinistra ma per conquistarne degli altri. Questo è stato il nocciolo dello scontro tra quei due partiti. Questa volta, come già in precedenza, gli scontenti delusi dal partito renziano non soltanto non hanno fatto ritorno ad esso ma un' altra massa di quei delusi ha fatto lo stesso cammino dei precedenti. Il risultato è che Renzi è finito col 19 per cento e i grillini sono più del doppio.

 

Qual è stata a questo punto la mia tesi ovviamente grottesca? Data questa disparità di forze tra Renzi e Di Maio, visto che Di Maio ha ormai trasformato il movimento in un partito con tutto ciò che ne consegue e che M5S è pieno di aderenti che dal Pd sono usciti ma sono rimasti di sinistra, Di Maio dovrebbe diventare anch' egli di sinistra e unirsi al Pd assumendone il nome: un grande partito di sinistra democratica il quale rappresenterebbe metà del Paese e del Parlamento.

 

RENZI FONZIE _big

È evidente che si trattava di uno scherzo provocatorio e scherzo resta ma descrive una situazione che condiziona il Partito democratico, per il quale comunque continuerò a votare perché non vedo alternative di sorta. È infatti già cominciata una lotta interna che riguarda la futura leadership. Del resto istituzionalmente questa leadership esiste già ed è quella di Gentiloni.

 

Se alla Camera non si formerà uno schieramento maggioritario, il presidente Mattarella non avrà altra strada che quella di incaricare il governo Gentiloni di proseguire nella sua attività come governo di ordinaria amministrazione. Un governo di questo genere può durare dai sei mesi ad un anno, dopodiché ci saranno nuove elezioni, possibilmente con una legge elettorale meno complicata e più aderente alle necessità parlamentari. Chi vota Pd non può che auspicare che alle elezioni nel 2019 vinca nuovamente Gentiloni. Nel '24 in teoria dovrei essere centenario e sarei molto contento di avere ancora un governo presieduto dall' attuale premier.

 

 

2. NON SA PIU’ CHE LINEA PIGLIARE

Giorgio Gandola per la Verità

 

MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze

La bomba Giggino scuote il monolite. Sarà anche una marionetta, come lo definisce da anni Vittorio Zucconi, ma è bastata una smorfia istituzionale di Luigi Di Maio («siamo pronti al dialogo») per mandare in crisi l' edicola multimediale della sinistra. Nel condominio della Repubblica volano di nuovo gli stracci e si sosta volentieri sul ballatoio a discutere.

 

Il Pd si frantuma e il giornalone che lo rappresenta gli va dietro: il fondatore, Eugenio Scalfari, sarebbe per l' inciucio con il Movimento 5 stelle, il direttore Mario Calabresi no, le grandi firme stanno con il direttore mentre sullo sfondo incombe un eventuale Carlo De Benedetti a sparigliare le carte col kalashnikov in qualche talk show televisivo. È una stagione così, anche le pietre angolari mostrano la consistenza di un budino.

 

TOMMASO CERNO MARIO CALABRESI

La Repubblica nemica di Silvio Berlusconi, quella delle dieci domande e del ferreo gauchisme che la percorreva dagli spettacoli allo sport (con particolare predilezione per le ali sinistre) fino alle previsioni del tempo, non c' è più. Non si è ancora spenta l' eco della guerra fra De Benedetti e Scalfari; non è stata ancora metabolizzata la teatrale uscita del condirettore Tommaso Cerno destinazione Parlamento (con il piede dell' aspettativa infilato nello stipite) che arriva l' ultima diatriba: da che parte deve stare il Pd? Fare la mosca cocchiera di Beppe Grillo? Rimboccarsi le maniche all' opposizione?

EZIO MAURO

 

Serve un' illuminazione. Per lo sdoganatore Scalfari (dopo Berlusconi non si ferma più) la risposta è facile: «Di Maio ha dimostrato intelligenza politica notevole, ha anche detto da qualche parte che il suo vero alleato è il Pd, senza nominare Matteo Renzi, e che una parte notevole degli aderenti ai 5 stelle proviene dall' elettorato di sinistra. Di Maio è il grande partito della sinistra moderna. Allora la faccenda cambia: io ho sempre votato a sinistra e, se lui diventa la sinistra italiana, voterò per questo partito».

 

Non passano 24 ore che l' ex direttore Ezio Mauro fa coriandoli dell' idea: «I 5 stelle chiedono agli altri quelle prove di responsabilità che loro hanno sempre negato in passato, magari in streaming». Per lui il destino è chiaro: «Ricostruire quel che si è perduto, stando all' opposizione con la propria gente e con le proprie idee».

 

MARIO ORFEO RADIORAI

Zucconi da qualche parte sugli Appalachi conferma la linea politica: «Solo qualche anno di opposizione può resuscitare una sinistra riformista e credibile in Italia, si chiami Pd o Piripì. Altrimenti saremo in balia di imbonitori e ciarlatani». L' ultimo affondo è del direttore Calabresi, che in questa fase di transizione ha allontanato l' ombra di Mario Orfeo recuperando forza e centralità. Detta un editoriale traducibile con il «resistere, resistere, resistere» di Francesco Saverio Borrelli e lancia il referendum fra i lettori. Che si scornino fra loro. Com' era più facile disarcionare il Cavaliere.

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