DOPO IL CASO MARINO, ANCORA CONVINTI CHE IN POLITICA SERVANO I PURI CHE FINISCONO EPURATI? L’OSSESSIONE PER LA CASTA E IL MITO DELLA “SOCIETÀ CIVILE” HA PARTORITO POPULISMO E LUOGOCOMUNISMO DI TALKSHOW - IL CASO DI ORSONI A VENEZIA: PARTITO GURU, FINITO IN MANETTE

1 - L' ALBO DEI MORALIZZATORI

Da “il Foglio”

VIGNETTA DI VINCINO - RENZI E MARINOVIGNETTA DI VINCINO - RENZI E MARINO

 

Nello spassosissimo bazar dell' ipocrisia romana gli amici e persino i nemici di Ignazio Marino stanno provando a far passare l' idea che le dimissioni dell' ex sindaco di Roma siano maturate per ragioni legate squisitamente a un cocktail politico i cui ingredienti principali sarebbero più o meno questi: l'appassionante dossier degli scontrini delle carte di credito, le toste accuse dei ristoratori romani, il difficile rapporto di Marino con il Pd, i ripetuti e inspiegabili viaggi all' estero, la difficoltà con cui l' ex sindaco parcheggiava a Roma la sua Panda, le foto con Buzzi e altre questioni rubricate generalmente e generosamente sotto l' espressione "gaffe".

 

Il Pd, probabilmente anche per scongiurare che il mezzo passo indietro del sindaco possa trasformarsi in un improvviso calcione sugli stinchi (rifarà una sua giunta? Si ricandiderà alle elezioni?), accetta in queste ore di descrivere Marino semplicemente come il sindaco "gaffeur".

 

RENZI MARINORENZI MARINO

Ma quello che andrebbe messo agli atti una volta per tutte è che la storia del chirurgo genovese ha una sua profondità per una ragione che riguarda ciò che culturalmente rappresenta lo stesso Marino: un mix perfetto di populismo urbano, benecomunismo, rodotàismo, civismo, girotondismo, anti politica e movimentismo da strapazzo. Il suo approccio alla guida di Roma rappresenta un caso di studio importante per capire che chi si limita a issare sul proprio galeone la bandiera dell' onestà di solito lo fa solo per nascondere un difetto di competenza. Ignazio Marinakis è stato soprattutto questo.

 

renzi marino renzi marino

E la sua buffa epopea è ancora più significativa se si pensa al fatto che senza l' inchiesta su Mafia Capitale la sua esperienza si sarebbe conclusa già molto tempo fa. Nella minacciosa lettera con cui l' ex sindaco si è dimesso riservandosi di accettare le proprie dimissioni, "Marinakis" ribadisce questo concetto - se nun ce sono io a Roma torna la mafia, daje -, ma è un concetto che stride (usiamo un eufemismo) di fronte a quella che è la realtà dei fatti.

 

Marino, se non fosse ancora chiaro, è il simbolo dei politici che combattono l' illegalità più con il moralismo che con la lotta all' inefficienza. E se c' è un terreno sul quale l' ex sindaco ha mostrato la natura fragile dell' ideologia benecomunista, è senz' altro il carrozzone delle aziende pubbliche romane. La corruzione non si combatte con i like sulle pagine Facebook dell' anti Mafia Capitale, ma riducendo lo spazio in cui si può andare a nascondere la corruzione.

 

RENZI MARINORENZI MARINO

Si possono alzare molti pollici verso la procura, ma in fondo esiste solo un modo efficace per prevenire la corruzione, e quel modo è ridurre gli sprechi. Il vero debito che paga Marino oggi è questo, non le cenette in trattoria.

 

Per mesi e mesi il termometro perfetto per valutare l' incapacità dell' ex sindaco di Roma ad affrontare i problemi della città è stato l' immobilismo del comune della più importante città italiana sulla centrale degli sprechi della Capitale, alla quale, in due anni di governo, Marino ha fatto il solletico: Atac, la più importante società di trasporto pubblico non solo romana ma italiana, con alle spalle 550 milioni di euro di debito.

 

Marino, scegliendo di non far fallire l' Atac per vendere ai privati la parte sana dell' azienda, ha contribuito ad alimentare una grande spirale di sprechi: a certificarlo è lo stesso ex assessore ai Trasporti di Roma, Stefano Esposito, che il giorno prima di dimettersi ha scelto di inviare all' Anac di Raffaele Cantone, con un gesto insieme onesto ma disperato, una clamorosa lettera che il Foglio ha anticipato ieri sul suo sito.

 

IGNAZIO MARINO - MATTEO RENZI - VIGNETTA DI BENNYIGNAZIO MARINO - MATTEO RENZI - VIGNETTA DI BENNY

Sintesi: caro Cantone, qui c' è una situazione che la politica non può gestire, gli appalti dell' Atac sono stati per anni gestiti in modo sospetto, pensaci tu. Una storia che è anche l'epilogo perfetto per Roma e il suo sindaco: la politica impotente che si affida ai magistrati per risolvere i problemi che la politica non sa e non vuole risolvere.

 

In primavera si devono rieleggere i sindaci e i consigli comunali di numerose città, comprese quelle più popolose, da Roma a Milano, da Napoli a Torino. Spesso una tornata amministrativa così rilevante ha segnalato cambiamenti del quadro politico, come accadde per esempio con quelle del 1993, che segnalarono la crescita resistibile della sinistra e che indussero Silvio Berlusconi a entrare in politica, dando vita alla democrazia dell' alternanza che era stata avviata proprio dalle elezioni municipali realizzate con un sistema maggioritario.

 

Per le formazioni politiche la sfida di questa primavera può rappresentare un momento decisivo per prospettare le novità che inaugurano la "Terza Repubblica", sia sul piano dei contenuti programmatici sia su quello del metodo di sele E ora chiunque si candidi a sindaco di Roma, e per tutte le successive elezioni, risparmiateci una cosa: l' obbligo di iscrizione all' Albo unico dei Moralizzatori, all' Ordine nazionale della Legalità.

marino renzi  foto mezzelani gmt325marino renzi foto mezzelani gmt325

 

Lo scriviamo con le maiuscole, come Corte costituzionale, come la sigla di un partito o quella dell' Automobile club, perché queste rutilanti quanto fallimentari entità hanno assunto - anche la vicenda di Ignazio Marino lo dimostra - un ruolo nefasto istituzionale e politico, dunque di potere, che nessuna Costituzione e legge democratica ha mai loro assegnato; un' immanenza decretata dalla debolezza dei partiti, di sinistra e della destra sempre tentata dal populismo, dal tartufismo del giornalista collettivo, dal luogocomunismo di talk -show sempre più inutili e Palermo.

 

"Se sono in grado di governare vadano avanti altrimenti vadano a casa". Era il 23 luglio scorso e così un tranchant Matteo Renzi si pronunciava su Ignazio Marino e Rosario Crocetta. Lo sforzo mediatico dei luogotenenti renziani è tutto concentrato a tenere ben distinto il profilo del governatore da quello del premier.

 

RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO

Il messaggio che i fedelissimi di Renzi si sforzano di portare avanti è che a fronte di un governo regionale che pasticcia e si perde tra i disastri, il governo nazionale interviene per mettere pezze. Ma alla lunga, è difficile sperare che l' immagine del Pd tutto non finisca in brandelli in Sicilia. Ecco perché si parla sempre più insistentemente di elezioni nel 2016. Tra il dire e il fare però ci sono le resistenze dei deputati regionali.

 

Dovremmo dire ai prossimi candidati sindaci di Roma quello che un grande artista rispose a quel collega che insisteva per magnificargli il suo prossimo spettacolo: non m' interessa il tuo programma, m' interessa come sei e cos' hai fatto fin qui. Cioè: più i candidati ci riveleranno le meraviglie che intendono mettere in cantiere, meno ci piaceranno.

 

RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO RENZI FA CAMPAGNA ELETTORALE PER MARINO

Ovvio che di uno straccio di intenzione debbano parlare, lo capisco. Purché sia minimo. Dieci righe, seicento battute. Vuoi farti vedere nudo e mostrarmi l' uccello? La passerina? Va bene, lo reggo. Ma non costringermi a seguire le mossette mentre ti spogli lentamente per compiacermi. Lo strip no, 'stavolta ti sparo.

 

2 - UN ALTRO FLOP CHE RIPETE VENEZIA: SFATATO IL MITO DELLA SOCIETÀ CIVILE

Stefano Zurlo per “il Giornale”

 

Il chirurgo americano e il grande avvocato. Erano entrati in scena cavalcando credenziali più miracolose di un tappeto magico. Sono atterrati malamente, buttando giù come zavorra la loro presunta autorevolezza. Storie diverse e però da raccontare insieme: Orsoni sindaco di Venezia per quattro anni, dal 2010 al 2014, passava per uno dei più grandi esperti di diritto amministrativo d' Italia e a lui si rivolgevano pure i giudici.

 

GIORGIO ORSONI GIORGIO ORSONI

Gli stessi che l' anno scorso l' hanno ammanettato per la tangentopoli del Mose. Un finale amaro: la scoperta che pure lui, il maestro stimato, si era infilato in un miserevole gioco di finanziamenti illeciti per il suo partito più o meno di riferimento, il Pd. Lo stesso partito che aveva mal digerito l' ascesa di Marino, il marziano che vantava un curriculum internazionale, arrivava da Pittsburgh, dalla frontiera più avanzata del sapere, per mettere a disposizione il suo talento e risanare la capitale disastrata.

 

Si sa, Roma è un caso a sé, ma a modo suo anche Venezia si porta dietro ricordi gloriosi ma bordati di malinconia perché il declino della città avanza lento e inarrestabile. La laguna si spopola, qualcuno ritiene di coniugarla già al passato, la Serenissima rivive solo nei dipinti. E però Orsoni si era prestato all' immane compito di fermare la corrosione e il degrado, così come Marino si era insediato su quella poltrona, al centro di scandali senza fine.

 

Marino non era amato dal Pd, che l' aveva subìto; Orsoni era stato venduto come il fiore all' occhiello di un rinnovamento alto, degno erede di una testa pensante come Massimo Cacciari. È il falso mito della società civile che ancora una volta ha fatto vittime sul campo.

Orsoni, a differenza di Marino, ha governato per quattro anni, poi il suo capitale si è dileguato nella follia di pochi giorni.

 

GIORGIO ORSONI CON LA MOGLIE GIORGIO ORSONI CON LA MOGLIE

L' arresto, il trasloco ai domiciliari nella sontuosa abitazione affacciata sul Canal Grande, giusto di fronte al municipio. Quindi, dopo aver concordato la resa con la procura, il ritorno a Ca' Farsetti e il tentativo, donchisciottesco, di resistere a oltranza rivolgendosi direttamente ai cittadini. Una sorta di rivolta stroncata in 24 ore da Matteo Renzi. E ancora il contrappasso del balbettio al momento di spiegare quei flussi di denaro, una sorta di straniamento da Alice nel paese delle meraviglie che non rende onore alla statura del personaggio.

 

Ora chiamato a un procedimento scivoloso, dopo il no del giudice al patteggiamento.

Marino se ne va invece dopo un' agonia lunga come il suo mandato. Anche lui aveva portato in dote il kit corazzato del professionista affermato, lontano dalla logica del palazzo, dai suoi apparati, dai riti inaccettabili della casta. Ecco la bicicletta e tutta la retorica nuovista da cartiglio dei Baci Perugina. Purtroppo la sequenza successiva ha smentito le più funeree previsioni: la caduta dalla bici, presagio di sventura, il Panda-gate e, dopo le interminabili vacanze americane, la farsa degli scontrini.

 

GIORGIO ORSONI GIORGIO ORSONI

Marino, che si era issato sulla disgrazia di Mafia capitale, è stato disarcionato per pochi euro, un vitello tonnato, una bottiglia di Gattinara, lo sguardo ai raggi X di un oste romano che ha inchiodato il primo cittadino: il sindaco e la moglie degustavano uno strepitoso Vintage Tunina Jermann a spese del contribuente. Sipario. E cosi si dimentica pure tutto il positivo che Marino e Orsoni avevano cominciato, o tentato di fare. E, quasi quasi, si rimpiange la casta.

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