
UFFICIO SINISTRATI - PRODI BUTTA LA TESSERA PD E I CATTOLICI, DOPO CHE EPIFANI HA ADERITO AL PSE, MINACCIANO DI TORNARE ALLA “MARGHERITA”
Roberto Scafuri per "il Giornale"
Come in quelle mattine nelle quali ti risvegli dolente e dolorante, reduce da una notte da incubi, e non sei contento che sia finita. Cioè lo saresti pure, se non fosse che il mondo ti sta crollando addosso e non puoi farci nulla, se non riflettere sulla tua fine.
Consapevole che ogni tuo gesto ti avvicina al momento. Così il Pd sta, percosso e attonito, in attesa dell'ora. La mesta sarabanda delle tessere «dopate» non aveva finito di effondere i propri miasmi, gli effetti indotti della ripetizioni di congressi, le autosospensioni, gli scioglimenti d'autorità , gli ispettori, gli scambi d'accuse, quando al quartier generale giungeva la notizia inattesa. Delle tante tessere sospette, della marea di tessere inutili, una sola manca.
Prodi Romano, fondatore: quoque ille, nauseato dallo spettacolo, ha rinunciato. Con parole tenere, d'affetto, di circostanza, eppure ha detto basta. Mi ritiro dalla politica, ha spiegato, aggiungendo che lui, a votare alle primarie, proprio non ci pensa. Pietosa la coltre funeraria: «Non per polemica, ma non sono un uomo qualunque, se voto alle primarie devo dire per chi, come e in che modo». Mi tiro indietro, auguri a tutti, che tanti ci vadano, ai gazebo. Simbolica risposta al Matteo Renzi che, proprio in quelle ore, scriveva il suo primo messaggio agli iscritti urbi et orbi (soprattutto orbi): «Nessuno si tiri indietro».
Ma non era neppure questo, il peggio della giornata. Ecco quindi il segretario Epifani, con la pazienza di una trattativa sindacale, riannodare le fila, spegnere i fuochi, dire stop alle polemiche (pur ribadendo di «aver agito correttamente» nel caso Cancellieri, ma senza citare Renzi). Parole misurate e delicate: «I problemi sono fisiologici, ok al partito leggero ma servono vincoli, non va bene un partito di esterni contrapposto a uno di iscritti».
Quindi un appello ai contendenti: «Ora basta parlare di tessere, in questo mese succederà di tutto, i candidati si concentrino sui temi concreti». E una felice conclusione: «Tra febbraio e marzo avremo l'onore di organizzare a Roma, per la prima volta, il congresso del Pse. Segno di appartenenza che dice quali sono le nostre radici e i nostri legami».
Non fanno in tempo le agenzie a battere la notizia, come si dice in gergo, che la frase invece s'abbatte come ennesima clava sul moribondo. Brusco è il risveglio degli ex dc. Pierluigi Castagnetti: «Non mi pare che il Pd abbia mai deliberato di aderire al Pse».
Beppe Fioroni: «Organizziamo il congresso del Pse perché siamo un'agenzia di grandi eventi? Chi lo ha deciso, quando e dove? à una mutazione genetica, un blitz pericoloso e grave, con il quale viene meno l'atto fondativo del Pd. Il partito di centrosinistra diventa di sinistra, errore gravissimo. Allora è annullato anche lo scioglimento della Margherita». La parola a stento trattenuta torna a sventolare la sua falce inesorabile: scissione.
Parlate di temi concreti, aveva raccomandato Epifani, dimenticando però che nel Pd non si può: la coperta è corta e piena di nodi. Civati torna a chiedere la fusione con Vendola, Renzi insiste per «i voti di chi sceglieva gli altri», Cuperlo esalta la «sinistra che non ha paura di essere se stessa e che vince a New York, perché noi non siamo il volto buono della destra... Noi siamo la sinistra. E rivendicare l'impianto di Blair non significa chiudere il ventennio che ha portato a questa crisi, ma ripeterlo. Il ventennio invece va chiuso. La notte va a finire, è quasi mattina, noi siamo l'alba». Alba indolenzita e dolente, a due passi dalla separazione.




