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DOPO IL PETARDO DIBBA, ARRIVA LA BOMBA MES SOTTO IL SEDERINO DEL GOVERNO - MERCOLEDÌ IN SENATO LA RISOLUZIONE DELLA BONINO PER STANARE I GRILLINI: SUBITO I FONDI DEL MES. CONTE CONTINUA A TRACCHEGGIARE E VORREBBE CEDERE SOLO DOPO AVER MESSO UNA FIRMA SULLA BOZZA DI RECOVERY FUND, MA IL PD VIENE PRESSATO DA BRUXELLES (GENTILONI, SASSOLI ECC) PER CHIEDERE SUBITO I MILIARDI PER LA SANITÀ - L'IPOTESI DI SCAMBIO MES-AUTOSTRADE: PIGLIO I SOLDI MA TOLGO DI MEZZO I BENETTON

1. UNO SCAMBIO MES AUTOSTRADE

Alberto Gentili per “il Messaggero

 

L'assedio è scattato. Proprio nelle ore in cui Giuseppe Conte è impegnato negli Stati generali per il rilancio del Paese, l'ala dura e pura dei 5Stelle capitanata da Alessandro Di Battista va alla carica. L'innesco: un sondaggio che dà il Movimento guidato dal premier tra il 24 e il 30% e che di fatto annuncia la perdita del posto per Di Battista. Ma anche per Luigi Di Maio che, non a caso, si lancia in uno scambio di affettuosità inedito con il capo delegazione del Pd, Dario Franceschini. Un altro che negli ultimi tempi ha il dente avvelenato con Conte e a fasi alterne viene indicato come potenziale successore dell'avvocato.

GRILLO FICO DI MAIO DI BATTISTA

 

Lo stop di Beppe Grillo, che dà a Di Battista «una sonora sberla» secondo alte fonti pentastellate, fa tirare un respiro di sollievo al premier. «Il fondatore blinda Conte», fanno sapere dal suo entourage dove descrivono l'avvocato «del tutto disinteressato alle beghe politiche» e «esclusivamente impegnato alla scrittura del piano di rilancio economico». Salvo poi aggiungere per provare a sedare gli attacchi: «A Conte non interessa costruire un proprio partito, non vuole fare un'Opa sul Movimento».

 

«DI QUESTO NON MI OCCUPO»

Raccontano che il premier, quando gli sono stati segnalati i dispacci d'agenzia con le parole di Di Battista, abbia avuto un moto di insofferenza: «Lasciatemi stare, di queste cose non mi voglio occupare e neppure intendo saperle».

 

mimmo paresi, davide casaleggio, alessandro di battista, virginia raggi, pasquale tridico, giuseppe conte ascoltano di maio

Ma tra chi nel Movimento lo sostiene, ed è la maggioranza, è scattato l'allarme rosso. Il ragionamento che si fa tra i grillini vicini a Conte è il seguente: c'è un Paese in difficoltà, c'è un presidente del Consiglio che ha un gradimento del 61% nonostante la fase così delicata, il sostegno di Mattarella e dei parlamentari del Movimento, ha ottenuto il recovery fund, ha una forte credibilità internazionale e cosa si fa? Lo si fa fuori senza un motivo? Non ha senso. E poi per fare posto a chi? A Zingaretti?

 

 E il Movimento rinuncerebbe a Conte per mettere a palazzo Chigi il segretario del Pd? Ci va Di Maio? Ma il Pd farebbe a meno di Conte per dare il governo a Di Maio? Ci va Draghi? I 5Stelle, in una fase come questa, accetterebbe un premier che attingerebbe subito ai fondi del Mes? «E' tutta follia». Insomma, secondo Conte non possono buttarlo giù. Non adesso almeno.

 

Così l'attacco di Di Battista, come le punzecchiature di Di Maio e Franceschini, vengono derubricate dai sostenitori di Conte come «l'insofferenza di singoli ambiziosi». E si aggiunge: «Per i 5Stelle sarebbe suicida buttare giù Conte, dal 14-15% scenderebbero al 5%. E in ogni caso nessuno può farlo cadere perché c'è Grillo. E Grillo non fa cacciare Conte da un Dibba o da un Di Maio che non controlla più neppure i parlamentari». Senza contare che «un governissimo è impossibile»: «Che fai? Ora che Salvini sta morendo lo rianimi mettendolo dentro a un governo? Di chi è questa soluzione geniale?! E poi il Pd ha tutto l'interesse a tenersi Conte, visto che è l'unico in grado di far crescere l'intero centrosinistra».

 

E' però innegabile che l'allerta a palazzo Chigi è alto. La prova arriva dal fatto che, dopo mesi di rinvii, proprio ieri il premier ha battuto un colpo sulle crisi dell'ex Ilva e di Alitalia. Esattamente come l'aveva sollecitato a fare il Pd che, con Nicola Zingaretti e lo stesso Franceschini, negli ultimi giorni aveva invocato «una svolta».

Gualtieri Conte

Nel quartier generale dem del Nazareno, nonostante che proprio Franceschini ieri abbia amoreggiato con Di Maio («tra me e Luigi c'è perfetta sintonia», «ringrazio Dario lavoriamo in perfetta sinergia»), escludono di scaricare Conte: «Chiediamo concretezza, ma siamo leali a questo governo. Se dovesse cadere ci sarebbero solo le elezioni. Il problema, ed è serio, è tutto interno ai 5Stelle».

 

E un ministro dem mette a verbale: «Ipotesi di un esecutivo guidato da uno di noi non esiste. Franceschini a palazzo Chigi? Dario è l'ultimo che punta a terremotare il governo perché è quello più vicino a Mattarella, che non vuole tassativamente alcun giochino. E comunque il Pd non si presta: se saltasse Conte, Zingaretti andrebbe subito al voto, senza passare dal via. Anche perché Grillo non accetterebbe mai un governissimo con Meloni e Salvini...».

 

«NO AL GOVERNISSIMO»

«Certo, abbiamo sollevato alcune questioni come il Mes, i decreti sicurezza, Autostrade, Ilva e Alitalia», aggiunge un altro ministro dem, «ma perché siamo stanchi di portare soltanto la croce. Questa richiesta di chiarimento non va però confusa con la voglia di buttare giù Conte. Speriamo che il Movimento regga, la reazione di Grillo è stata chiara: Giuseppi non si tocca. E a noi va bene così. In un governissimo non avremmo mai questa centralità. Senza contare che se abbiamo una speranza alle elezioni di battere Salvini e Meloni è quella di costruire un fronte progressista ampio, con Conte che copre l'ala moderata dell'elettorato. Così come vuole Grillo. E non dimentichiamolo: sono lui e Casaleggio a fare le liste elettorali 5Stelle...».

 

Da qui a dire che Conte non rischia però ce ne corre. Perché nonostante la blindatura di Grillo, il premier deve ancora superare la partita chiave, quella del Fondo salva Stati (Mes). Su questo dossier la tattica dell'avvocato è quella di sempre: l'attendismo. Soprattutto vuole affrontare la prova della vita dopo aver incassato, a metà luglio, il recovery fund. Una cosa però è certa: né il Pd, né Italia Viva, né Leu accetteranno di rinunciare ai 36 miliardi del Mes.

roberto gualtieri e dario franceschini all'abbazia di contigliano

 

Perché i soldi del recovery arriveranno solo nel 2021 (a parte qualche spiccio), mentre quelli del Mes sono disponibili subito. E perché rinunciarvi, come dice Matteo Renzi «sarebbe una follia», visto che il prestito garantirebbe la possibilità di rifondare e rilanciare il sistema sanitario a costo zero. Anzi, con un risparmio di 6-7 miliardi. E si narra che per addolcire la pillola ai 5Stelle, Conte lavori a uno scambio: via la concessione di Autostrade a Benetton, bandiera grillina, e sì al Mes. Operazione che si potrebbe però chiudere in modo indolore con il passaggio dei Benetton in minoranza in Aspi e la revisione della concessione.

 

 

2. MES, TRAPPOLA PER LA MAGGIORANZA UN VOTO IN SENATO PER ATTIVARLO SUBITO

Annalisa Cuzzocrea e Tommaso Ciriaco per ''la Repubblica''

 

La trappola sul Mes è già piazzata. Ed è pronta a scattare mercoledì nell'Aula di Palazzo Madama, al momento del voto sulle risoluzioni che precedono il Consiglio europeo del 19 giugno. Sarà Emma Bonino a presentare un testo che chiede esplicitamente di accedere immediatamente al fondo Salva Stati. L'obiettivo è raccogliere il consenso dell'opposizione, spaccare la maggioranza conquistando alla causa i renziani e un pezzo di Pd, far implodere i cinquestelle. Il governo, in realtà, si prepara da settimane autonomamente a chiedere il Mes. Lo attiverà a luglio, dopo il via libera europeo al Recovery Fund, appena qualche altro Paese mediterraneo farà la stessa mossa.

 

giuseppe conte dario franceschini

Conte e Gualtieri aspettano solo di avere un quadro chiaro delle finanze pubbliche con l'assestamento di bilancio di fine giugno, che mostrerà l'andamento delle entrate e delle spese. Poi trarranno una conclusione ormai scontata: c'è bisogno di soldi, tanti soldi. Già adesso, ad esempio, il governo lavora a un nuovo scostamento di bilancio per rifinanziare la Cig che scade a settembre: si parla di un intervento tra i dieci e i venti miliardi. In questo quadro, i 36 miliardi a tasso zero o addirittura negativo per le spese della sanità sono considerati preziosi dal Pd e Italia Viva. Sono considerati cosa fatta da Paolo Gentiloni. E da Giuseppe Conte. Il problema è come tagliare questo traguardo senza spaccare il Movimento, a partire dal primo voto di mercoledì sul Consiglio europeo.

 

Per studiare una strategia, i vertici dei gruppi giallorossi si riuniranno oggi stesso al Senato. L'obiettivo è scrivere la risoluzione di maggioranza, tenendo conto di due esigenze: lasciare aperta la porta al Mes, non allarmare troppo l'ala radicale dei cinquestelle. «Vorrei che ci fosse una discussione non ideologica - dice Dario Franceschini - Ciò che serve per sostenere le infrastrutture, la sanità e tutto il resto è bene utilizzarlo togliendo l'aspetto ideologico». Anche i ministri 5S, in realtà, sono favorevoli o comunque rassegnati all'idea del fondo salva Stati. Il primo a esserlo è Di Maio, lo è da settimane, anche se ieri ha fatto trapelare scetticismo («uno strumento anacronistico») per tenere a bada le tensioni interne. Preoccupano in particolare i dissidenti capitanati da Barbara Lezzi.

TRENTA COSTA BONISOLI TONINELLI LEZZI GRILLO

 

Sono gli amici di Alessandro Di Battista, che ieri ha stroncato l'idea del Mes: «Sono contrario perché non fa l'interesse nazionale». Come lui, la pensano diversi senatori. E in vista della conta parlamentare di luglio rappresentano il vero rischio per Giuseppe Conte. Per adesso, comunque, c'è da sminare la risoluzione Bonino. Che impegna il governo ad «avanzare richiesta di accesso» al Mes. Forza Italia dirà sì. Lega e Fratelli d'Italia sono tentate, così spera +Europa, per mettere in difficoltà la maggioranza. Ma è già soltanto aver presentato un testo del genere a complicare la navigazione dei giallorossi.

 

Il Pd e Italia Viva, infatti, dovranno esporsi più del previsto a favore del Fondo, per evitare che schegge di maggioranza vengano tentate dalla mozione Bonino. E questo irrigidirà ancora di più il Movimento. «Ogni giorno che passa senza chiedere il Mes - dice Della Vedova - si danneggia l'Italia nel negoziato con l'Europa. Non a caso, si sono espressi a favore Gentiloni, Prodi, Letta, Sassoli. Anche Di Maio e Crimi sanno che alla fine lo chiederemo. E che loro lo voteranno. Quindi chiudiamo al più presto questa storia».

 

 

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