ALTRO CHE 11 SETTEMBRE: È DI NUOVO LUGLIO 2011 - DRAGHI DICE LE STESSE COSE DELLA LETTERINA CHE ‘LICENZIÒ’ IL GOVERNO BERLUSCONI: “SENZA RIFORME, NIENTE INVESTIMENTI” - PADOAN: ‘’ABBIAMO FATTO QUELLO CHE DOVEVAMO’’

1. DRAGHI AVVERTE I GOVERNI: “SENZA RIFORME NIENTE INVESTIMENTI”

Marco Zatterin per “La Stampa

 

draghi padoandraghi padoan

«Ognuno deve fare la propria parte, a livello europeo e nazionale». Mario Draghi ritorna sul discorso di Jackson Hole e rilancia la necessità di combinare le riforme con le politiche monetarie e quelle di bilancio, fattori che si devono «rafforzare a vicenda» se si vuol dar fiato alla ripresa nell’Eurozona. Mentre affina la sua cura per il ripristino del flusso della liquidità, il presidente della Bce ricorda: «dobbiamo impegnarci soprattutto per far ripartire gli investimenti», sennò «indeboliremo l’economia nel breve termine e comprometteremo le prospettive del lungo». Avverte che tutto si tiene, però: perché «nessuno stimolo funziona, se non viene affiancato dalle giuste azioni strutturali».

 

MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN

Sembra quasi una ultima chance quella che Draghi fa cadere sul tavolo della due giorni di vertice informale per i ministri economici europei che si apre stamane a Milano. E’ il triangolo delle politiche virtuose che deve sostenere gli investimenti, attirare i soldi nell’economia che langue. Il flusso è calato del 20% dal 2008, il miglioramento è «lento» e «non ci sarà ripresa sostenibile finché la situazione non cambia».

 

Parlando al convegno Eurofi, in cui la grande finanza si confronta a porte chiuse salvo eccezioni, l’ex governatore di Bankitalia ha invitato ad un’azione sul fronte delle regole, perché nessuno investe se il contesto è frastagliato: un mercato dove una causa di lavoro può essere risolta in un anno o tre a seconda dei paesi «toglie linfa alle imprese». Questo non esclude che, «nel contesto esistente, i governi possano trovare spazio per sostenere gli investimenti e condurre politiche di bilancio più favorevoli alla crescita, riducendo onere fiscale e spesa improduttiva». Senza lassismi. E con «un’applicazione coerente del Patto di stabilità»».

MERKEL E DRAGHI MERKEL E DRAGHI

 

Un secondo volano è «l’esigenza di diversificare le fonti di finanziamento e superare la frammentazione finanziaria». Draghi accoglie con favore l’idea del neopresidente della Commissione, Juncker, di creare un’unione dei mercati dei capitali. Insiste sull’esigenza di un mercato ben funzionante delle attività cartolarizzate (Asset-backed securities»), con regole precise che consentano alle banche di prestare senza danneggiare la capacità di bilancio. Promette che la Bce continuerà con gli strumenti non convenzional per far sì che la politica monetaria accomodante si trametta all’economia reale.

 

Oggi e domani i ministri parleranno di questo e poco altro. Stamane si comincia con l’economia che avanza come un trattore ingolfato. Anche il bollettino della Bce rileva che la congiuntura ha perso impeto e la crescita resta modesta. E’ «deludente», dice un documento preparatorio dell’Ecofin. Nel vivo si entrerà quando i ministri saranno invitati raccontare come stanno impostando i bilanci, attesi a Bruxelles per metà ottobre. «Riunione di pre-coordinamento», spiega una fonte. Molto simile a una sessione di autocoscienza, vista la minaccia di deflazione e recessione.

 

Draghi e SchaeubleDraghi e Schaeuble

Si cercano impegni da coordinare. Si troveranno piani, genere di cui non c’è penuria. In attesa di quello da 300 miliardi della Commissione, c’è un testo della presidenza italiana e uno di Francia e Germania. I ministri Schaeuble e Sapin hanno inviato il loro documento a Padoan tre giorni fa, esprimendo apprezzamento per le idee di Roma. Le loro proposte sono in linea col «Draghi-pensiero», compatibili anche col testo messo a punto da Via XX settembre che, a sua volta, ricalca il modello di Francoforte.

 

Armonia di cornice, dunque. Nella missiva, tuttavia, colpisce il richiamo agli stati perché - per «conseguire una duratura stabilizzazione dell’Eurozona» - conducano «il debito sul percorso di discesa previsto dal Patto di Stabilità». Cosa che, a vedere i numeri del bollettino Bce, l’Italia non ha ancora dimostrato di star facendo.

 

 

2. PADOAN: ABBIAMO FATTO QUEL CHE ANDAVA FATTO - IL MINISTRO: “È SCONCERTANTE CHE L’EUROPA NON SI SIA ANCORA MOSSA CONTRO LA STAGNAZIONE”

Alessandro Barbera per “la Stampa

 

In apparenza sembra uno studiato gioco delle parti. Eppure con il passare dei giorni la strategia italiana, nei fatti, diverge sempre di più dalle richieste di Banca centrale e Commissione europea. La battuta in perfetto inglese non lascia spazio a sfumature: «Quel che l’Italia doveva fare per risanare i conti l’ha fatto». È da poco passata l’ora di pranzo, a Milano si svolge uno dei tanti panel a porte chiude di Eurofi, forum che riunisce due volte l’anno in giro per l’Europa decine di uomini d’affari, banchieri, alti burocrati e politici.

jean claude junckerjean claude juncker

 

Ad ascoltare Piercarlo Padoan in prima fila ci sono, fra gli altri Ignazio Visco e Mario Monti. Da un paio d’ore le agenzie di stampa hanno battuto l’ultimo bollettino mensile di Francoforte nel quale si conferma il timore per la tenuta dei conti italiani, il rischio di sforare i target di bilancio e soprattutto la necessità di raggiungere nel 2015 il cosiddetto «obiettivo di medio-termine».

 

Per l’Italia significherebbe, di fatto, una manovra di correzione da almeno nove miliardi di euro per portare in traiettoria discendente un debito che invece continua a salire. Padoan può permettersi di usare i toni franchi che in altre sedi non userebbe. Ammette che le cose vanno male, in Europa e in Italia, e proprio per questo si dice «stupefatto» che l’Europa non abbia ancora fatto nulla per fermare la stagnazione.

 

jean claude junckerjean claude juncker

Padoan presenta a grandi linee il progetto per il rilancio della crescita che oggi formalizzerà di fronte ai colleghi dell’Ecofin riniti a Milano. Tre i pilastri: il miglioramento dell’integrazione del mercato interno, riforme strutturali sotto il monitoraggio della Commissione, una strategia di investimenti. Padoan, keynesiano mai pentito, insiste nel chiedere «un cambio di approccio radicale». Non accusa esplicitamente i tedeschi, ma è del tutto evidente che su questo lui e il collega tedesco Schaeuble sono costretti a vederla diversamente.

 

La Germania è un Paese che nonostante tutto cresce con un tasso di disoccupazione quasi fisiologico, l’Italia no. Parte di quella occupazione è figlia dei cosiddetti mini-job, impieghi sottopagati, part-time, ma che danno lavoro a persone che diversamente non sarebbero occupate. Il documento italiano la riconosce come una strategia da imitare: «Occorre allentare le restrizioni all’uso dei contratti di lavoro temporaneo».

 

ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE

I tedeschi a loro volta ammettono che in Europa c’è scarsa domanda di investimenti, e per questo all’Ecofin presenteranno un proprio piano condiviso con i francesi. Segno che qualcosa si muove, in ogni caso troppo poco rispetto agli stimoli che Padoan e Renzi pensano siano necessari per rianimare l’economia italiana.

 

Per chi guarda le cose dall’Italia, i miliardi di tagli che il governo si appresta a varare con la legge di Stabilità sembrano una contraddizione rispetto alle intenzioni espresse da Padoan. Il punto è che, nelle intenzioni di Renzi e del suo ministro dell’Economia quei tagli dovranno servire tutti a finanziare la conferma del bonus alle famiglie, ad allargare il taglio Irap, a sostenere nuove spese per l’assunzione degli insegnanti.

draghi merkel renzi hollandedraghi merkel renzi hollande

 

 Quando Padoan dice che «l’Italia ha fatto quel che doveva fare» vuol intendere che non ci saranno manovre correttive quest’anno, né tantomeno ci saranno tagli o nuove tasse per rispettare l’obiettivo di medio termine. Il riconteggio del Pil con l’introduzione di un pezzo di economia illegale ci darà una mano a far tornare i conti: il 22 settembre l’Istat renderà noto il ricalcolo più importante, quello del 2013. L’orizzonte temporale del governo è quello dei mille giorni: il senso del patto flessibilità-riforme che propone all’Europa è tutto lì.

Twitter @alexbarbera

 

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