draghi governo consiglio dei ministri

IL METODO DRAGHI: “FACCIAMO PARLARE I FATTI” - DRAGHI NON AVREBBE VOLUTO UN GOVERNO CON TANTI POLITICI, QUINDICI SU VENTITRÉ. FOSSE DIPESO DA LUI, OGNI PARTITO AVREBBE ESPRESSO UN SOLO RAPPRESENTANTE. È STATO MATTARELLA A CONSIGLIARGLI DI FOTOGRAFARE I RAPPORTI DI FORZA IN PARLAMENTO, E AVERE COSÌ UNA MAGGIORANZA PIÙ SICURA. MA NON È BASTATO A EVITARE LO PSICODRAMMA DEI CINQUESTELLE SOTTORAPPRESENTATI, CHE VIVONO COME UN AFFRONTO LA PRESENZA DI ROBERTO GAROFOLI...

Alessandro Barbera per “la Stampa”

 

IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DI MARIO DRAGHI

Per comprendere lo stile del governo Draghi val la pena partire da un dettaglio. Palazzo Chigi, ieri. La prima riunione del consiglio dei ministri - mezz' ora in tutto - sta per finire. Il premier ha appena terminato di elencare le priorità del discorso che pronuncerà in Parlamento la prossima settimana, su tutte l'emergenza sanitaria e del lavoro. Da uno dei ventitré loculi divisi dal plexiglass un ministro gli chiede quale sarà il tipo di comunicazione al quale si ispirerà. Una domanda non banale per chi, fra i tanti confermati, ha conosciuto quello vivace di Giuseppe Conte.

 

IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DI MARIO DRAGHI - LUIGI DI MAIO - ROBERTO GAROFOLI

La risposta si può riassumere così: farò parlare i fatti. Quando aprirò bocca, lo farò nel rispetto delle regole istituzionali. Un invito implicito ai colleghi a limitare la bulimia verbale. Sull'uscio di piazza Colonna non c'è un solo ministro disposto a concedersi a telecamere e taccuini. Non uno dei vecchi, non uno fra i nuovi. Si contiene persino Renato Brunetta, che ai giornalisti non si nega mai.

 

L'ex governatore della Banca centrale europea non ha mai amato parlare più del dovuto. Dopo la convocazione del capo dello Stato al Quirinale lo ha fatto in pubblico due volte. La prima per accettare l'incarico, la seconda per elencare la lista dei ministri. La terza volta sarà al Senato per il voto di fiducia, mercoledì. La quarta alla Camera, giovedì. Dopo la riunione coi colleghi, Draghi si fa accompagnare nella stessa stanza ad angolo lasciata un'ora prima da Giuseppe Conte.

IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DI MARIO DRAGHI

 

Piccola, con una loggia all'angolo fra piazza Colonna e via del Corso. Gabriele D'Annunzio l'aveva ribattezzata la «prua d'Italia». Draghi è accompagnato da una sola persona, l'appena nominato sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, il più noto dei consiglieri di Stato, costretto a lasciare il ministero del Tesoro a fine 2018 per le pressioni dei Cinque Stelle e del portavoce di Conte, Rocco Casalino. Draghi ancora non ha né un capo di gabinetto, né una segreteria, né tantomeno un portavoce.

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

 

Li sceglierà nei prossimi giorni, non prima di aver spiegato agli italiani cosa intende fare nei mesi che passerà alla prua del Belpaese. «Fino a mercoledì non farà altro», riferisce chi lo ha sentito nelle ultime ore. Ha chiesto contributi ai ministri vecchi e nuovi, e ne farà un sintesi nel discorso di insediamento. Dai resoconti riservati della riunione di ieri si intuiscono alcuni titoli. «Il nostro sarà un governo ambientalista, a iniziare dalla creazione di posti di lavoro».

 

Draghi pensa a un «buon Recovery Plan», e alle risorse che andranno proprio all'ambiente, alle emergenze sanitaria ed economica. Il primo dossier sono i trentadue miliardi del decreto Ristori. Il secondo saranno i licenziamenti: il 31 marzo scade il blocco per legge. Per ora Garofoli sarà l'unico ad aiutarlo. La sua nomina, che i Cinque Stelle vivono come un affronto, per il premier è la garanzia di una navigazione senza iceberg.

sergio mattarella e mario draghi

«Ogni volta che un mio provvedimento è capitato fra le sue mani non ha subito un intoppo o un ricorso», racconta sotto stretto anonimato uno dei ministri. Se per i grillini Garofoli rappresenta uno dei mandarini più potenti e autoreferenziali della burocrazia, per Draghi vale l'esatto opposto. Dieci anni alla direzione generale del Tesoro gli hanno insegnato che il primo alleato di chi decide devono essere i funzionari.

 

Dai primi atti si intuirà la capacità dell'ex banchiere centrale di tenere insieme una squadra eterogenea, che attorno allo stesso tavolo siede Giorgetti e Speranza, Orlando e Brunetta, le ansie del Nord che vuole superare la crisi e i timori per le varianti del virus, la paura di chi teme per il lavoro e chi ha la garanzia che nessuna pandemia glielo sottrarrà. «Veniamo da storie diverse, mi auguro questa squadra si mostri unita e che ciascuno di noi sia capace di rinunciare a qualcosa, senza interessi di parte».

 

lorenzo guerini

Più fonti raccontano Draghi non avrebbe voluto un governo con tanti politici, quindici su ventitré. Fosse dipeso da lui, ogni partito avrebbe espresso un solo rappresentante. È stato Sergio Mattarella a consigliargli di fotografare il più possibile i rapporti di forza in Parlamento, e avere così una maggioranza più sicura. Ciò non è bastato a evitare le lamentele di chi - i Cinque Stelle soprattutto - è stato avvertito solo all'ultimo dell'alchimia scelta dal presidente e dal premier. Ora Draghi è sulla prua della nave, e ci resterà fino a che quel Parlamento glielo consentirà.

 

 

roberto garofoli

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....