ALE-DANNO CALABROLESO - È LUI IL REFERENTE POLITICO DI FRANCESCO MORELLI, CHE DOPO L’EXPLOIT ELETTORALE CHIEDE AIUTO PER RIMEDIARE UN INCARICO IN GIUNTA - È GIANNI STESSO CHE AL TELEFONO LO RASSICURA: “PER ORA SOLO UNA COMMISSIONE, MA FRA UN ANNO L’ASSESSORATO” - E SE SCOPELLITI NON MANTIENE LA PROMESSA: “GLIELA FAREMO PAGARE” - DOPO MOKBEL E DI GIROLAMO, UN ALTRO AMICO DELLA ‘NDRANGHETA TRA GLI “AMICI” DI ALEMANNO (VIDEO IN CUI ALEMANNO GARANTISCE SULLA CREDIBILITA' DI MORELLI, "E NON PER AMICIZIA")…
1- IL VIDEO IN CUI ALEMANNO FA LA CAMPAGNA ELETTORALE A FRANCESCO MORELLI
http://www.youtube.com/watch?v=nSfi4-1cR40
2- 'NDRANGHETA, AFFARI AL NORD
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Di solito, non fa il consigliere regionale in Calabria da 14.000 voti uno che «per telefonare ai mafiosi con i quali è in affari» chiama di notte da cabine pubbliche o si nasconde dietro la scheda intestata a un extracomunitario fornitagli dal boss di 'ndrangheta Giulio Lampada. E anche uno che per «passare delicate informazioni» indirettamente «a quegli stessi mafiosi» manda la moglie due chilometri lontano da casa, a spedire un fax da una tabaccheria di Reggio Calabria a un'altra tabaccheria di Roma dov'è in attesa il consigliere regionale, tendenzialmente in tribunale non fa il presidente della sezione «Misure di prevenzione» e a volte della Corte d'assise di Reggio Calabria.
Come pure stona alquanto la toga sulle spalle di un altro giudice del tribunale di Palmi uso ad accettare dai boss pacchetti-relax fatti di biglietti aerei per Milano e 9 soggiorni gratuiti in un hotel allietati da 5 prostitute dell'Est (27.000 euro in 2 anni).
Eppure è questo lo spaccato antropologico, prima che giudiziario, svelato dall'inchiesta della Procura di Milano che dal gip Giuseppe Gennari ha ottenuto l'arresto di 10 persone tra cui, oltre al 44enne Lampada, appunto il 53enne consigliere regionale pdl Francesco Morelli, ex An sostenuto in campagna elettorale dal sindaco di Roma Gianni Alemanno; e il 51enne giudice Vincenzo Giglio, della corrente di sinistra di Magistratura democratica, firmatario di sequestri per centinaia di milioni alle cosche, protagonista di iniziative antimafia «che fanno fico», e di lettere aperte (in polemica col pm Gratteri) sulla gente «finalmente stufa di vivere sotto il tacco del capobastone».
Per i pm Boccassini-Dolci-Storari il politico arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa e il magistrato in carcere per corruzione e favoreggiamento personale (aggravati dall'aver agevolato la 'ndrangheta) costituivano parte del capitale sociale di due imparentati clan non infiltrati ma radicati a Milano (perciò competente almeno in indagine): i Valle e i Lampada, imprenditori che puntavano alle concessioni dei Monopoli per le macchinette da gioco con la stessa nonchalance con la quale Lampada vantava al penalista Vincenzo Minasi (fermato ieri col collega svizzero Daniele Borelli) di aver ottenuto il battesimo del figlio in Vaticano e l'alta uniforme di «Cavaliere di San Silvestro con nomina del monsignore Tarcisio Bertone».
Ma a vario titolo nell'orbita-Lampada ecco l'altro giudice Giancarlo Giusti, indagato per corruzione giudiziaria ma non arrestato perché a fronte dei pacchetti-hotel («sono una tomba...Ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice», scherzava al telefono) non è stato trovato un suo atto «venduto»; il medico Vincenzo Giglio, omonimo e cugino del giudice, che il 10 marzo 2010 come niente fosse va dal capocentro a Reggio Calabria del servizio segreto Aisi (che fa subito rapporto) a cercare invano di sapere se sui Lampada ci siano indagini, peraltro già devastate da fughe di notizie transitate per un commercialista in rapporti con gli 007 e arrestato un anno fa, Giovanni Zumbo; l'avvocato Mario Giglio, altro cugino indagato del giudice, già capo segreteria del vicepresidente regionale Francesco Fortugno ucciso nel 2005; il maresciallo della GdF Luigi Mongelli, arrestato per corruzione.
A legare il politico Morelli (che «riceve 50.000 euro in contanti da Lampada per aiutarlo a entrare tra i concessionari nazionali dei videogiochi») e il giudice Giglio (che pubblicamente diceva di sapere appena che faccia avesse quel Lampada che invece adesso «l'eccezionale caparbietà » della Squadra Mobile di Milano documenta a casa sua almeno in 5 occasioni anche per ore) è uno scambio di interessi.
Nel 2010, infatti, nonostante l'exploit elettorale Morelli si vede negare un assessorato perché qualcuno nel suo partito mette in giro la voce (allora falsa) che sia indagato per mafia, e ha perciò disperato bisogno di poter attestare il contrario al suo referente politico nazionale, Alemanno, affinché questi richiami il presidente regionale Scopelliti al rispetto delle quote pattuite in giunta. A sua volta il giudice, che verifica e col fax in tabaccheria comunica al politico che non è indagato, poi ricorre a lui per spingere la pretesa della moglie di assurgere a un alto ruolo in Regione.
Entrambi guadagnano. Morelli, forte del non essere indagato, strappa un incarico intermedio in attesa di altre «verifiche» che Alemanno dice di dover comunque fare: il 6 maggio 2010 il sindaco spiega all'intercettato Morelli d'essere riuscito a parlare «a quattr'occhi» con Scopelliti, il quale per ora concederebbe solo la presidenza della commissione Bilancio, «però fra un anno ci sarebbe il rimpasto, si aprirebbe lo spazio per il tuo assessorato».
E gli consiglia di accettare: «Prenditi 'sta presidenza di commissione, io faccio queste verifiche eh, mi faccio associare da Gasparri e da La Russa...al primo rimpasto risolviamo il problema. Mi dispiace ma più di così non riesco perché, una volta eletto, il presidente ha il coltello dalla parte del manico, poi se continua su questa strada gliela faremo pagare presto o tardi».
E il giudice? Dal 6 aprile al 21 luglio bombarda di telefonate il politico per l'agognata promozione della moglie Alessandra Sarlo, alla fine nominata a commissario straordinario dell'Asl di Vibo Valentia (già a dicembre sciolta però per mafia) non tanto per gli sforzi profusi da Morelli, quanto come «frutto di un intervento del capogruppo pdl Luigi Fedele» che raccoglie «un impegno preso direttamente e inaspettatamente dal governatore».
Micidiali per i clan, ancora una volta, le intercettazioni. Che li captano anche a imprecare per il fatto che indagare sia il pm Boccassini, «quella paramai» (chi non impara mai a stare al suo posto) davanti alla quale «uno deve stare con gli occhi aperti a 360 gradi!». Non sono bastati.





