ERAVAMO 4 NEMICI AL BAR - LE PRIMARIE STAVANO PER SALTARE, LE HA SALVATE UN CAFFÈ - FINO A VENERDÌ NOTTE, L’OFFENSIVA SULLE REGOLE DEL VOTO DEL SINDACO DI FIRENZE RISCHIAVA DI MANDARE A MONTE TUTTO E DI FAR ESPLODERE UNA BOMBA NEL PD - I PRO-CULATELLO SPERANZA E GOTOR SI SONO INCONTRATI CON I ROTTAMATORI DE SIERVO E PETROLO, CHE SONO RIUSCITI IN EXTREMIS A CONVINCERE RENZI…

Tommaso Labate per "Pubblico"

Roma, primo dicembre 2012, ore 7 e 50, temperatura sotto i dieci gradi. Fa freddo, almeno per gli standard della Capitale. A Piazza di Pietra, che sta a metà strada tra Palazzo Chigi e via Montecatini, la stradina dove Pier Luigi Bersani ha impiantato il suo centro elettorale delle primarie, non c'è praticamente nessuno. D'altronde, è sabato mattina. E i parlamentari e tutti i lavoratori del mastodontico indotto che gravita attorno alla politica, gli stessi anche animano quella piazza durante la settimana, nei week-end non ci sono. Ci sono però, a Piazza di Pietra, sabato primo dicembre, alle 7 e 50 del mattino, mal mimetizzati tra qualche passante infreddolito, quattro persone che si incontrano.

E si infilano dentro il bar «la Caffettiera », noto alle cronache politiche perché qualche anno fa - là dentro - tre colonnelli di Alleanza Nazionale (Ignazio La Russa, Mauruzio Gasparri, Altero Matteoli) vennero sorpresi da un cronista del Tempo mentre tramavano contro il loro leader, che allora era Gianfranco Fini. Di questi quattro personaggi, due - Roberto Speranza e Miguel Gotor - sono là su mandato di Pier Luigi Bersani. Gli altri due - il dirigente Rai Luigi de Siervo e il giovane dirigente del Pd Domenico Petrolo - si sono presentati all'appuntamento in quanto esponenti vicini a Matteo Renzi. Quando i quattro si incontrano, al ballottaggio delle primarie mancano ventiquattr'ore esatte. Ma le primarie, nell'esatto momento in cui i gruppetto varca la porta della «Caffettiera», sono a rischio caos. E la sfida tra Bersani e Renzi è pronta a trasformarsi in una guerra nucleare.

PROLOGO. Venerdì sera alle 20, tra i fedelissimi di Bersani, c'è ormai chi pensa che Renzi voglia «far saltare le primarie e uscire dal Pd gridando ai brogli alle 21 di domenica». Non è uno scenario campato in aria. Non foss'altro perché i segnali che arrivano da Firenze vanno praticamente tutti in questa direzione. Sono le regole, il problema. E soprattutto quelle e-mail che la fondazione renziana «Big Bang» ha inviato a oltre centomila italiani che avevano consultato il sito domenicavoto.it per votare al secondo turno, invitandoli a presentarsi ai gazebo del ballottaggio anche senza registrazione. Tra questi, anche molti ignari giornalisti hanno ricevuto questa e-mail.

Un documento di cui, infatti, dà conto prima il sito internet del Corriere Fiorentino, poi la trasmissione Piazzapulita di Corrado Formigli, su La7. Qualcuno, tra i bersaniani, dice che «questa è strategia della tensione». Pensa che l'obiettivo del fronte Renzi sia scatenare il panico ai seggi, provocare qualche rissa e poi mettere in discussione l'esito della competizione. Roberto Speranza, il capo dello staff del leader pd, mette tutto nero su bianco in una dichiarazione alle agenzie. E chiama in correità il sindaco di Firenze in persona. «È evidente che Renzi vuole sabotare il voto di domenica ».

Si va dritti verso il muro contro muro, insomma, venerdì notte. D'altronde un giorno prima, intercettato da Pubblico in un ascensore di via Teulada dopo Porta a porta, Bersani aveva lanciato un avviso ai naviganti. «Qualcuno sta facendo del sovversivismo. E se Renzi non li ferma, si va allo scazzo vero». Ma venerdì sera, come se si fosse tutti in un romanzo di Forsyth, spunta un uomo al telefono. È il portavoce di Bersani, Stefano Di Traglia.

LA TRATTATIVA.«Vi è rimasto un minimo di rispetto delle regole o no? Vi sentite ancora dentro questo partito o no?». Sono i due concetti che Di Traglia manda con un sms a due renziani che conosce bene. Uno è il giovane calabrese Domenico Petrolo, che lavora al dipartimento Cultura del Pd. L'altro è il costituzionalista Francesco Clementi. Ma se quest'ultimo respinge al mittente il tentativo di dialogo, il primo accetta di intavolare una trattativa. E risponde al messaggio di Di Traglia con un altro sms. «Chiamami, Ste'».

È Petrolo che convoca nella partita anche un'altra «colomba» del fronte Renzi, uno di quelli con cui - secondo lui - «si può ragionare»: il dirigente Rai Luigi de Siervo. I due protagonisti della contesa, nel frattempo, sono separati da qualche centinaio di chilometri. Renzi è a Firenze, non parla ma, con un tweet del giorno prima, aveva benedetto l'operazione del mail bombing. Bersani sta preparando l'intervento di chiusura della campagna elettorale, quando viene raggiunto da una telefonata di Gotor.

La cui analisi della situazione è tanto semplice quanto allarmata: «È evidente che i renziani sono divisi in due blocchi. Uno lo sta spingendo a rimanere dentro il Pd e ad essere corretto. L'altro sta provando a sabotare le primarie per portarlo a "rompere". E io, caro Pier Luigi, ho davvero paura che Matteo non sia in grado di esercitare la leadership tra i suoi». Chiudendo la telefonata, il segretario dà mandato a Speranza di incontrare gli ambasciatori renziani l'indomani. «Mi accompagni?», chiede quest'ultimo a Gotor. «Sì». L'appuntamento è per le 8 a Piazza di Pietra. Ma sono tutti lì con dieci minuti di anticipo. La posta in palio è alta, altissima. Da quel caffè dipende l'esito delle primarie. E anche la possibilità che la sfida politica si trasformi in una guerra nucleare.

IL CAFFÈ DELLE 8.Eccoli là, i quattro. I due ambasciatori bersaniani, Speranza e Gotor, da un lato. Le due «colombe» renziane, de Siervo e Petrolo, dall'altro. I secondi chiedono «garanzie » per la regolarità del voto di domenica. «Ma queste sono scontate. Di che parliamo? Il voto è già regolare», insistono i due Pier Luigi boys. La discussione arriva alle divisioni nel fronte Renzi. E il messaggio da recapitare al sindaco di Firenze è duplice.

Primo, sabotare le primarie non farà bene a nessuno. Il secondo è una domanda: c'è davvero lo spazio politico perché Renzi possa avere successo fuori dai confini del Pd? È de Siervo a chiudere il cerchio: «Proveremo a convincere Matteo ad abbandonare la guerra sulle regole. Ma non so se ce la faremo».

Ce la faranno. Infatti, qualche ora dopo, il sindaco di Firenze depone le armi proponendo via Twitter a Bersani «un caffè» a Milano, per lanciare insieme «un appello alla serenità per domani». Ma, evidentemente, il fronte dei falchi renziani (tra cui Roberto Reggi) non cede nemmeno di fronte alla resa del loro leader. Come dimostra la denuncia di presunte «irregolarità in Toscana» diramata domenica mattina, a urne aperte, da uno dei portavoce del comitato di «Matteo».

Si chiama Nicola Danti. E, strano ma vero, dopo qualche ora sparisce dalla scena. Proprio mentre il tandem di «colombe» formato da de Siervo e Petrolo manda l'ennesimo sms per rassicurare i bersaniani. Come a dire, «tranquilli, Matteo si è convinto». Non a caso, qualche ora dopo, sarà il primo a riconoscere la vittoria di Bersani. Senza mezzi termini.

 

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