luigi di maio giuseppe conte f-35

JET CONTINUO - LE PROMESSE DI GIUSEPPE CONTE A POMPEO SUGLI F-35 NON HANNO ENTUSIASMATO DI MAIO E IL MOVIMENTO 5 STELLE. TE CREDO! È UNO DEI POCHI TEMI CHE INFERVORA ANCORA LA BASE, E TIRARLO FUORI IN FASE DI COSTRUZIONE DELLA MANOVRA RISCHIA DI ESSERE UN BOOMERANG NIENTE MALE - I GRILLINI NON VOGLIONO FARE LA FINE DEL PD E MORIRE RESPONSABILI, MA “GIUSEPPI” L’AMERICANO NON HA INTENZIONE DI VENIRE MENO AGLI IMPEGNI…

f-35

1 – “GIUSEPPI” HA CAPITO CHE BISOGNA TENERSI BUONO TRUMPONE E DOPO LA COLLABORAZIONE DEI SERVIZI SUL RUSSIAGATE HA RASSICURATO MIKE POMPEO PURE SUGLI F-35 – https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/usa-jet-ldquo-giuseppi-rdquo-ha-capito-che-bisogna-tenersi-buono-215567.htm (DAGOSPIA DI DOMENICA 6 OTTOBRE 2019)

 

2 – F-35, L' IRA DI DI MAIO PER LA FUGA IN AVANTI POI IL PREMIER APRE SULLA «RINEGOZIAZIONE»

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

 

mike pompeo e giuseppe conte 4

«Io avevo accuratamente evitato di tirare fuori l' argomento quando ho incontrato Mike Pompeo proprio perché adesso il dossier è nelle mani di Giuseppe Conte e perché la mia fiducia in lui è piena. Però il programma degli F-35 va senz' altro rivisto, rimodulato. Perché...». Dietro il disappunto che Luigi Di Maio affida ai fedelissimi ieri mattina - quando la rivelazione del Corriere della Sera sulla promessa del presidente del Consiglio italiano al segretario di Stato statunitense («rispetteremo gli accordi sugli F-35») è già rimbalzata di chat in chat fino a far salire all' inverosimile la temperatura del confronto interno - c' è la marea montante che rischia di riaprire una ferita mai cicatrizzata nel Movimento 5 Stelle.

mike pompeo luigi di maio

 

f 35

Un malessere che in serata costringe il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a fare marcia indietro rispetto alle rassicurazioni fornite a Mike Pompeo con una stringata nota di Palazzo Chigi per dire che «il premier è d' accordo sulla rinegoziazione» degli F-35.

GIUSEPPE CONTE DONALD TRUMP

 

giuseppe conte donald trump 9

L' atlantismo dei pentastellati non è oggetto di dibattito come lo sarebbe stato un tempo e nessuno, men che meno nella robusta delegazione di governo, si sogna di metterlo in discussione oggi. E non tanto, o non solo, perché l' ormai celebre endorsement di Donald Trump a «Giuseppi» Conte rappresenta ancora un passepartout di prestigio per il neonato governo giallorosso in campo internazionale; quanto perché, in tempi di guerra dei dazi, aprire un altro fronte con gli Stati Uniti rischia di portare più costi che benefici.

 

elisabetta trenta

Ma la ferma opposizione all' acquisto degli F-35, come aveva ben sperimentato l' ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta durante l' avventura del precedente esecutivo, fa parte di quel bouquet storico di proposte del Movimento che scalda ancora il cuore della base. Se non ai livelli della Tav, giusto un gradino sotto. E l' apertura messa a verbale dal presidente del Consiglio durante l' ultimo incontro ai massimi livelli con gli Usa - incastonata nella complessa trattativa che riguarda, oltre ai dazi, anche il 5G - riesce a provocare una mezza rivolta.

gianluca ferrara a mosca

 

Rivolta a cui dà voce a metà pomeriggio, dopo che per tutta la giornata la brace della ribellione s' è alimentata sotto la cenere, il capogruppo M5S in commissione Esteri del Senato, Gianluca Ferrara. «Il Movimento 5 Stelle ha sempre criticato il programma militare che, così com' è, ci indebiterebbe di almeno 50 miliardi di euro per i prossimi quarant' anni». Secondo l' esponente pentastellato, da sempre termometro degli umori dell' ala ortodossa del Movimento, aggiunge poi che «un ridimensionamento di acquisto consentirebbe di liberare miliardi di euro da investire in scuole, ospedali, trasporti pubblici. I cittadini ci chiedono questo, non bombardieri strategici con capacità nucleare».

 

f 35 nello stabilimento di cameri

Eccolo, il punto. L' incrocio del dossier F-35 con la legge finanziaria. La paura, insomma, che mentre altre forze di governo (leggasi, Italia viva) puntano a lucrare consensi nel Paese smarcandosi sistematicamente da Palazzo Chigi, il M5S finisca schiacciato in quella posizione di «partito responsabile», per giunta su un tema che non scalda certo i cuori dell' opinione pubblica.

«Non possiamo fare il Pd della situazione», ammette a denti stretti un big vicino a Di Maio. Il capo politico tenta una mediazione che giocoforza lo allontana dalla linea del premier. E così lo scontro inizialmente sottotraccia viene in superficie.

 

alice martinelli da' un pezzo di parmigiano a mike pompeo e giuseppe conte la fulmina 1

«Chi ci ha fatto entrare in questo programma (degli F-35, ndr) dovrebbe essere preso a calci in c...o. È sempre la stessa storia. Ci fanno entrare in programmi fallimentari, poi ci dicono che sono sbagliati ma è tardi per uscire perché i costi sarebbero esagerati. Sono vili traditori della Patria, sono i cosiddetti esperti che danno degli inesperti ai portavoce 5 Stelle», scriveva nell' agosto del 2017 Alessandro Di Battista.

 

di battista di maio

Non poteva immaginare, all' epoca, che qualche mese dopo il Movimento sarebbe finito al governo con la Lega, che un anno dopo sarebbe nato un nuovo governo col Pd, che i due governi si sarebbero schierati a favore degli F-35 e che lui sarebbe rimasto fuori da entrambi. A osservare gli altri sostenere la tesi governista dell'«è tardi per uscire». Dalla Tav, dalla Tap, così come dagli aerei promessi l' altro giorno da Conte agli Usa.

f 35 nello stabilimento di cameri 5f 35 nello stabilimento di cameri 4f 35 nello stabilimento di cameri 2cabina di un f 35f 35 in volof 35 soldif 35, fase si atterraggioun piota della rafdelegazione del pentagono a camerif 35 1f 35 2f 35 nello stabilimento di cameri 1f 35 nello stabilimento di cameri 3

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?