FASSINA RESTA FUORI DAL GOVERNO (“HA PREVALSO LA CONTINUITÀ CON MONTI”), GENTILONI ATTACCA BERSANI: “HA SNATURATO IL PD”

Monica Guerzoni per il "Corriere della Sera"

Il governo Letta non le piace, onorevole Stefano Fassina?
«È un buon compromesso per avviare la Terza Repubblica. Il frutto politico più rilevante potrebbe essere la legittimazione reciproca tra parti che si sono contrapposte negli ultimi vent'anni, con il contributo di una generazione più giovane».

Lei era in corsa, perché il suo nome è stato depennato dalla lista dei ministri?
«Cosa sia successo non lo so, ma ho dormito lo stesso. C'è un enorme lavoro da fare anche sul versante del partito, mi concentrerò su quello».

Davvero non è deluso?
«Non voglio sottrarmi, ma penso che Enrico Letta abbia dovuto comporre un puzzle difficilissimo e che il risultato sia un buon compromesso. Ci sono tante donne...».

Non penserà che siano troppe, vero?
«Al contrario, ritengo che bisognerà arrivare al cinquanta per cento. Nella situazione data Letta ha fatto un lavoro straordinario. Dopodiché la squadra economico-sociale è un elemento che mi preoccupa molto».

Direbbe così anche se ne facesse parte?
«Non ne faccio parte perché credo sia prevalso un segno di continuità col governo Monti, che una figura come la mia non poteva garantire. Il mio profilo non sarebbe stato coerente con quel team economico-sociale. Capisco la scelta di tenermi fuori».

Saccomanni non le ispira fiducia?
«Non voglio fare nomi. È una percezione, vedo un rischio... Spero che sin dai primi atti, in particolare dalla necessaria nota di aggiornamento al Def, i rischi di continuità sulle politiche di austerità e lavoro siano fugati. E spero che in Europa vada un ministro del Tesoro profondamente convinto della necessità di cambiare rotta».

Insomma, lei vede poco Pd e poca sinistra.
«Vedo poca rappresentanza di quel cambiamento di rotta sulla politica economica che abbiamo portato avanti in questi anni, prima in solitudine e oggi con tanti compagni di strada in Europa. Quella linea non è adeguatamente rappresentata».

Cosa teme?
«Se volessimo raggiungere il pareggio di bilancio nei tempi previsti ci sarebbero altre manovre pesanti da fare, altri disastri sociali e il debito pubblico salirebbe ancora. Se non vogliamo fare ulteriori danni all'economia bisogna rinegoziare a Bruxelles i nostri obiettivi
di deficit».

Darà battaglia sui provvedimenti?
«Si presenteranno degli ostacoli, a cominciare dalla restituzione dell'Imu. Le divergenze con il Pdl sono tante, non è stato un capriccio puntare al governo di cambiamento. Non ci sono state le condizioni e sosterremo Letta, con lealtà e convinzione. Però rimaniamo una Repubblica parlamentare e col gruppo del Pd contribuiremo a definire misure utili a risolvere le emergenze».

Se Letta la chiamasse come viceministro o sottosegretario?
«Voglio concentrarmi sulla ricostruzione morale e intellettuale del Pd. Per me è questa la priorità».

Da reggente? O da segretario eletto con le primarie?
«Discussione prematura. Non ho in mente nulla, sono uno che fa sempre gioco di squadra anche quando altri non lo fanno. L'assemblea nazionale deciderà le soluzioni e i tempi del congresso. L'importante è che il percorso si avvii sui binari giusti, poi la parte dei singoli è secondaria».

Orlando è ministro, lei e Orfini no... Che succederà nei «giovani turchi»?
«Il gruppo, inopportunamente definito così, è stato un'esperienza importante per dare visibilità a un punto di vista sull'agenda Monti. Ma ora siamo in un'altra fase».

Vuol dire che è ora di superare le correnti?
«Dopo le dolorosissime vicende che hanno portato alla caduta di Marini e Prodi ritengo necessario da parte di tutti superare le appartenenze e misurarsi coi problemi profondissimi del Pd. Il correntismo storico, al quale si sono aggiunti ultimamente altri pezzi, è la causa principale di quello che è avvenuto».

 

2. GENTILONI: "LA GESTIONE DI BERSANI HA SNATURATO IL PARTITO"
Francesca Schianchi per "la Stampa"

Sul voto di fiducia di oggi si aspetta un Pd compatto, perché questo governo era «una scelta necessaria». Ma questo non vuol dire che i problemi del Pd siano risolti: «L'impostazione di Bersani non ha avuto successo: bisogna tornare al Pd del Lingotto più Renzi», chiede l'ex ministro Paolo Gentiloni, uno dei renziani più autorevoli, e chi la pensa così «darà battaglia al prossimo congresso».

Quindi oggi il Pd sarà compatto sulla fiducia?
«Mi aspetto di sì, salvo singoli limitatissimi casi. Questo tipo di governo era una scelta necessaria non solo per via dell'esito delle elezioni, ma anche per gli errori che abbiamo fatto dopo il voto. Nella squadra non ci sono rospi indigeribili e c'è qualche sorpresa positiva. Ma la compattezza sulla fiducia non deve farci dimenticare che il Pd tra il 17 e il 20 aprile è stato sull'orlo dell'estinzione».

C'è stato anche un problema sulla composizione dei gruppi? I giovani scelti con le primarie sono stati accusati di essere troppo sensibili al web...
«Meglio essere sensibili al web e al territorio che ai capicorrente. Però, certo, quel meccanismo delle primarie è stato un rimedio eccezionale per mettere una toppa al fatto che non siamo riusciti a cambiare il Porcellum, non credo possa diventare un criterio permanente. Ora davvero bisogna cambiare la legge elettorale».

Parla di errori fatti dopo il voto: la resa dei conti è vicina...
«Non su posti di potere, ma sulla linea politica. Quel che è successo nel voto al capo dello Stato non è stato solo il venir meno dei principi base della vita di un partito: le origini del problema, di quei 101 franchi tiratori, sono nella campagna elettorale, nel risultato deludente, nella sua gestione...».

Insomma, l'imputato è Bersani...
«Non certo come persona, che anzi merita stima e rispetto. Ma non c'è dubbio che la linea di questi ultimi due anni abbia incrinato alcune caratteristiche che doveva avere il partito quando è nato. Il Pd deve tornare a fare il Pd: e questa responsabilità grava prima di tutto su Matteo Renzi».

Non sembra tanto intenzionato a candidarsi alla segreteria, però.
«Sicuramente escluderei che ce lo possiamo trovare come reggente. Ma chiedo anche: siamo sicuri che l'identificazione tra candidato premier e segretario contenuta nello Statuto ce la terremo? Con questo governo è venuta meno: Letta non è il segretario del Pd».

E' ora di separare i ruoli? Così, mi pare di capire, a prescindere da chi sia il reggente, Renzi potrebbe fare il candidato premier...
«Ora è il momento di sostenere il governo. Ma quando si parlerà di nuovo di elezioni, direi che non sarebbe il caso di accantonare la risorsa più competitiva che abbiamo per la sfida di governo se non coincidesse con il segretario».

Chi potrebbe essere il reggente? Si parla di Epifani.
«Epifani è una persona equilibrata, ma come lui altri possono svolgere quel ruolo. Starei solo attento a evitare un ragionamento tipo: il mondo ex Ds gestisce il partito, gli ex Margherita gestiscono il governo. Sarebbe una riedizione del rapporto che ebbe il Pds con Prodi: noi però abbiamo fatto un partito unitario».

Quindi se non si candidasse Renzi alla segreteria, i renziani presenterebbero comunque un loro candidato?
«Renziani o non renziani, quelli che pensano il Pd debba tornare a essere quello del Lingotto, più Renzi, dovranno dare battaglia al congresso esprimendo una candidatura che si riconosca nell'idea del Pd originario».

 

 

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