renzi lotti marroni

DI COSA E' ACCUSATO LUIGI MARRONI? DI NIENTE: VIENE FATTO FUORI DA RENZI SOLO PERCHE’ HA DENUNCIATO LE PRESSIONI FATTE DA BABBO TIZIANO – L’AD DI CONSIP PERO' MINACCIA DI PARLARE. E CON LUI ANCHE CONSOLI, L’EX AD DI VENETO BANCA CONTATTATO DA PIERLUIGI BOSCHI PER ETRURIA – BELPIETRO: NE VEDREMO DELLE BELLE

 

Maurizio Belpietro per la Verità

LUIGI MARRONILUIGI MARRONI

 

Di che cosa è accusato Luigi Marroni? Di niente. Non di aver rubato e nemmeno di aver fatto male il proprio lavoro. Ciò nonostante verrà licenziato. Prima di scrivere quali siano le cause della brusca rimozione, sarà però il caso di spiegare chi sia questo tizio il cui nome, pur essendo sconosciuto, riveste una grande importanza, perché l' uomo in questione maneggia 40 miliardi di soldi dei contribuenti. Marroni è l' amministratore delegato della Consip, cioè dell' azienda pubblica che per conto dello Stato compra beni e servizi.

 

I ministeri hanno bisogno di carta o di scrivanie? Il bando lo fa la Consip, che negozia, o dovrebbe negoziare, le migliori condizioni. Bisogna trovare l' azienda che fa le pulizie nei ministeri? A trattare per spuntare il miglior prezzo è sempre Consip. Insomma, la società è, o dovrebbe essere, la centrale d' acquisto che impedisce ruberie e sprechi, accentrando le spese.

 

MATTEO E TIZIANO RENZIMATTEO E TIZIANO RENZI

Marroni sta in Consip dal giugno del 2015 e a mettercelo fu Matteo Renzi, il quale se lo portò direttamente da Firenze, come quasi tutti quelli che ha piazzato ai vertici dello Stato. L' amministratore di Consip prima di sbarcare a Roma era stato assessore alla sanità della giunta rossa della Toscana e in precedenza, dal 2004 al 2012, quando il Rottamatore si preparava alla scalata dell' azienda sanitaria del capoluogo di regione. Insomma, Marroni è renziano o per lo meno in quota Renzi.

 

CARLO RUSSOCARLO RUSSO

Non a caso a lui si rivolge Carlo Russo, un piccolo, anzi microscopico, imprenditore amico del papà di Renzi. E da qui parte il bandolo della matassa che porta al tentativo di licenziare Marroni. L' amministratore delegato subisce le pressanti sollecitazioni di Russo, ma anche qualche richiesta di Tiziano Renzi. Fra l' altro in ballo in quel momento c' è un appaltone da 2,7 miliardi di euro, un bocconcino che fa gola a molti, in particolare ad Alfredo Romeo, imprenditore napoletano specializzato in lavori per la pubblica amministrazione.

 

CARLO RUSSOCARLO RUSSO

Romeo è però nel mirino della magistratura campana per certe connessioni con gruppi non proprio trasparenti che operano nel Napoletano. Per farla breve: i pm intercettano Romeo e piazzano microspie anche nell' ufficio di Marroni. Il quale però un bel giorno smette all' improvviso di parlare, come se sapesse che c' è qualcuno in ascolto.

 

Gli investigatori ci mettono poco a capire che una gola profonda ha cantato, danneggiando l' inchiesta. Risultato: si prendono Marroni e lo confessano. Non sappiamo se l' amministratore delegato abbia cercato di negare, sta di fatto che alla fine ha vuotato il sacco e raccontato che a metterlo sul chi va là è stato il presidente di Consip, Luigi Ferrara, il quale avrebbe saputo dell' inchiesta direttamente dal comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette. Interrogato, Ferrara minimizza ma non nega l' avvertimento del capo dei caramba.

 

ALFREDO ROMEOALFREDO ROMEO

Anzi, sentendo altri testimoni vien fuori anche il nome del ministro Luca Lotti e pure quello di un altro generale dell' Arma. Insomma, uno scandalo nello scandalo. Lotti finisce indagato, gli alti ufficiali pure. A ruota segue Carlo Russo e il di lui amico Tiziano Renzi. Il caso Consip si trasforma in breve in una bomba che rischia di far saltare il potere renziano e tutto il baraccone che vi è stato costruito intorno. Per disinnescare l' esplosivo ad alto potenziale bisogna ottenere la ritrattazione dei testimoni. Devono dire che si sono sbagliati, che hanno capito male, che se c' erano dormivano.

 

VINCENZO CONSOLIVINCENZO CONSOLI

Ci provano con il sindaco di Rignano, uno dei testimoni che accusa il generale, ma lui li manda a stendere e per questo il Pd non lo ricandida. Luigi Ferrara sentito in Procura invece si rimangia tutto e i pm lo indagano per falsa testimonianza. Marroni no, non indietreggia, insiste. Nel Pd ci sperano per settimane e fanno circolare voci di sua ritrattazione, ma quello non ha nessuna intenzione di finire sulla graticola per salvare il posteriore altrui.

 

pierluigi boschi pierluigi boschi

Quindi scatta la ritorsione e vengono richieste le sue dimissioni. Non importa che non sia indagato, mentre altri, il comandante generale dei carabinieri e il ministro dello Sport, lo sono e restano tranquilli al loro posto. Non conta neppure che il ministro dell' Economia dica di Marroni che ha fatto risparmiare soldi ai contribuenti, riducendo di qualche milione le spese. Purtroppo per lui ha messo nei guai troppa gente, a cominciare dal paparino, e perciò deve fare le valigie.

 

BOSCHIBOSCHI

In realtà in questa storia chi dovrebbe fare le valigie e sparire sono altri, a cominciare dal segretario del Pd, che rischia di finire nei guai più di quanto già non sia. Perché Marroni non solo non molla, ma pare pronto a raccontare anche ciò che finora non ha detto. E non è l' unico. Sentito dalla Verità, anche Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, si dice pronto, se interrogato dall' autorità giudiziaria, a parlare dei suoi rapporti con il papà di Maria Elena Boschi a proposito di Banca Etruria.

 

Diciamo che tra l' uno e l' altro rischiamo di vederne, e soprattutto ascoltarne, delle belle. Alla prossima puntata.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”