LA CADUTA DI ABRAMO – L’INCHIESTA SU UBI GETTA UNA PESANTE OMBRA SULL’OPERATO DI BAZOLI: SI SCOPRE CHE I VERTICI DELLA BANCA ORDINARONO DI DISTRUGGERE TUTTI I DOCUMENTI E FARE SPARIRE LE TRACCE

1.QUEGLI ACCORDI SEGRETI TRA SUPER BANCHIERI CHE INGUAIANO BAZOLI
Stefano Zurlo per "il Giornale"

L o sfregio al grande vecchio del sistema bancario italiano. E la profanazione di un istituto di credito, Ubi Banca, solido come una fortezza anche in tempo di crisi.Così, fra esposti e perquisizioni, prende corpo l'indagine della Procura di Bergamo che getta un'ombra sull'operato di Giovanni Bazoli, un pezzo pregiato della storia finanziaria italiana.

Quasi un monumento vivente. E invece, superata la veneranda soglia degli ottant'anni, il fin qui immacolato Bazoli è costretto a difendersi come un qualunque banchiere rampante. Arriva davanti al teatro alla Scala, uno dei luoghi del suo impegno, e rilascia una dichiarazione che esprime il disagio per la prova inattesa:

«Ho sempre rispettato e difeso la magistratura e quindi per coerenza devo rispettarla anche nel momento in cui vengo interessato da un provvedimento che mi sorprende profondamente avendo io sempre testimoniato nella mia vita e nei miei comportamenti una totale e leale osservanza alle leggi».

Ostacolo all'attività di vigilanza. Questa l'accusa a Bazoli che riguarda i patti parasociali stipulati nel 2007, fra la componente bresciana e quella bergamasca: patti segreti che costituirebbero una sorta di peccato originale, una macchia della nascita di Ubi Banca.
Un capo d'imputazione che inevitabilmente rompe gli equilibri nei salotti della finanza italiana.

E che fa ancora più rumore perchè entra nel fiume di un'inchiesta che conta una quindicina di indagati e tocca anche la gestione spregiudicata di beni di lusso. Yacht e aerei, come quello appartenuto a Lele Mora e su cui erano saliti personaggi come Kevin Costner e Leonardo Di Caprio. Così Bazoli si trova fianco a fianco con Giampiero Pesenti, a sua volta colpito in questo secondo filone e sotto inchiesta per truffa e riciclaggio.

La sensazione è che questo pezzo dell'indagine sia più corposo dell'altro, ma nel decreto di perquisizione la procura di Bergamo non risparmia nessuno. Nemmeno le presunte manovre di Bazoli per blindare la governance dell'istituto che oggi è, per capitalizzazione, il terzo d'Italia. «Sussisterebbero - scrivono i magistrati nelle carte pubblicate dal Messaggero - patti vigenti fra l'Associazione Banca lombarda e piemontese di Brescia, facente capo a Bazoli, e l'Associazione amici di Ubi Banca, facente riferimento a Zanetti, non denunciati alle istituzioni di controllo, per determinare la governance del gruppo».

Dove Zanetti è Emilio, punto di riferimento dell'anima bergamasca di Ubi Banca.
Per la magistratura i patti segreti avrebbero imbrigliato altri soggetti estranei alle due associazioni, favorendo una gestione poco trasparente della banca. Il riferimento va naturalmente all'aumento di capitale, avvenuto nel 2011, e alla nomine dei vertici.

Ma Bazoli e gli altri dirigenti nel mirino non ci stanno: i patti non erano affatto segreti, anzi erano stati comunicati nel 2007 alla Banca d'Italia, alla Consob e al tribunale. Tutto regolare, dunque. Di più: una bolla di sapone, soffiata per spirito di vendetta.

Certo fra il 2012 e il 2013, l'opposizione interna si fa aggressiva e recapita in procura esposti e denunce. La storia del patto segreto comincia lì, dalle parole acuminate di Giorgio Jannone, ex parlamentare del Pdl e presidente delle Cartiere Pigna che si era candidato senza successo ala guida dell'istituto di credito, e di Elio Lannutti, di Adusbef.
Le minoranze, battute alle elezioni per il consiglio di sorveglianza nel 2013, e confinate in 5 poltrone sulle 23 disponibili, puntano ora alla rivincita per via giudiziaria. L'aumento di capitale, sottoscritto - in doppio regime - da migliaia di soci e azionisti, ha dato ottimi risultati: un'azione veniva pagata 3,8 euro, oggi oscilla i 5 e i 6 euro. Ieri il tonfo in Borsa, con un meno 7,74 per cento. Si spera sia solo una parentesi.

2.I VERTICI UBI BANCA: "DOVETE DISTRUGGERE TUTTI I DOCUMENTI"
Davide Vecchi per "il Fatto Quotidiano"

I massimi vertici di Ubi hanno "ordinato ai dipendenti coinvolti a vario titolo nella vicenda di distruggere interamente il dossier sia al terminale sia in copia cartacea". Lo riporta il pm di Bergamo, Fabio Pelosi, nel decreto con cui mercoledì ha disposto le perquisizioni negli uffici di Ubi Banca e Ubi leasing a Bergamo, in quelli di Giovanni Bazoli a Milano presso Intesa Sanpaolo, Giampiero Pesenti in Italcementi e nella sua abitazione privata, e negli uffici di tutti i 15 indagati, a vario titolo, per ostacolo alla vigilanza, truffa aggravata e riciclaggio.

NELLE DICIASSETTE pagine del decreto, che il Fatto ha potuto leggere, sono elencate le attività ritenute "illecite" e commesse, secondo gli inquirenti, dai vertici dell'istituto. Non c'è solamente l'acquisto di beni da parte della banca poi ceduti a prezzi irrisori, come l'aereo di Lele Mora o lo yacht finito nelle mani di Giampiero Pesenti, ma sono emersi riscontri che "evidenziano anomalie relative a affidamenti e consulenze di consistente valore,

affidate a familiari dei componenti degli organi di amministrazione, quali ad esempio quelli relativi ai rapporti tra il Banco di Brescia (facente parte del medesimo gruppo Ubi) e l'associazione centro studi "La Famiglia", beneficiaria di finanziamenti diretti e indiretti pari a circa 16 milioni di euro, per la costruzione di un complesso immobiliare, su terreni di proprietà della società Interim srl", riconducibile alla famiglia di Franco Polotti,

proprio mentre questo ricopriva la carica di presidente del consiglio di amministrazione del Banco di Brescia società controllata del Gruppo. Il nucleo speciale valutario della Guardia di finanza guidato dal comandante Giuseppe Bottillo già dall'ottobre 2013 aveva avviato le indagini e presentato due annotazioni specifiche, l'ultima l'8 maggio scorso.

Dopo aver sentito alcune persone informate sui fatti e aver acquisito documenti, hanno individuato anche l'esistenza di "fondi extra-contabili" a disposizione dei vertici della banca.

E ANCORA: "Utilizzo improprio di carte di credito aziendali" gestione di "assicurazioni". E altro. Infine l'elenco, dei beni svenduti. Non solo lo yacht di Pesenti e l'aereo di Mora, ma un lungo elenco di barche per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro: "Albacores, Uniesse 42 - Postilla, Falcon 90, Absolute, Rst 42, Riva 43, Guy Couache 22, Falcon L02 - Keoma".

 

 

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