matteo renzi trivelle eni

FINCHÉ C'È CUPERLO C'È SPERANZA - I DUE POLITICI PIÙ MOSCI DEL PD DIVENTANO MEZZI GRILLINI: ''NON HAI LA STATURA DI UN LEADER, MA COLTIVI L'ARROGANZA DEI CAPI'' - IN 13 VOTANO CONTRO IL PREMIER E PROMETTONO BATTAGLIA ANCHE SULLE TRIVELLE. CON UN DETTAGLIO: LA LEGGE L'HANNO VOTATA LORO (E NON RENZI)

1. RENZI ATTACCA I PM

Laura Cesaretti per “il Giornale

 

Gianni Cuperlo Gianni Cuperlo

Mentre Matteo Renzi apre la Direzione del Pd a largo del Nazareno, Maria Elena Boschi - duecento metri più in là - riceve nei suoi uffici a largo Chigi i pm di Potenza che inseguono fin nei palazzi romani l' emendamento Tempa Rossa. Il premier non cambia linea, anzi la indurisce: «Se in questo Paese sbloccare le opere, quelle che producono investimenti e lavoro, è un reato, bene: io l' ho commesso. E continuerò a commetterlo, perché sbloccare gli investimenti pubblici o privati è una delle priorità di questo governo».

 

Gianni Cuperlo Gianni Cuperlo

E, come aveva già fatto domenica in tv da Lucia Annunziata, Renzi si prende tutta la responsabilità sul caso del petrolio lucano e della legge che è servita a riavviare: «un' opera bloccata dal 1989, quando c' era ancora il muro di Berlino: lo scandalo non è che si sia approvato quell' emendamento, ma che per 27 anni si siano perse opportunità». E usa parole aspre sull' operato della magistratura locale: «Chiedo loro non solo di indagare il più velocemente possibile, ma di arrivare a sentenza. Ci sono inchieste della magistratura a Potenza con la cadenza delle Olimpiadi, e non si è mai arrivati a sentenza».

 

Ne approfitta subito l' ex magistrato Michele Emiliano, governatore di Puglia e capopopolo del fronte referendario no-triv, per rinfacciargli che proprio mentre il premier parlava, una delle innumerevoli inchieste petrolifere lucane («proprio sul Centro Oli di Viggiano») è arrivata alla sentenza di condanna.

 

MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZIMICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI

«Peccato che tra quattro mesi ci sarà la prescrizione, mi stupisce che un magistrato autorevole come te non lo sappia», ribatte Renzi. Il quale, nella replica, aggiusterà il tiro: «Non è vero che ho attaccato i magistrati, ho chiesto di arrivare a sentenza. Servono quelle, non le indiscrezioni sui giornali. Se c' è un ladro, va fermato quello, non le opere.

Noi siamo a disposizione per qualsiasi chiarimento sulle scelte del governo».

 

Il clima da assedio giudiziario però ha agito come un viagra sulla minoranza interna che, alla vigilia del referendum e delle amministrative, intravede la chance di dare un calcio negli stinchi a Renzi e quindi rigetta l' invito alla compattezza - almeno in campagna elettorale - fatto nei giorni scorsi dal gruppo dirigente. E così ieri Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, leader di due delle correnti ex Pci e anti-premier, si sono presentati con facce ferocissime all' appuntamento, impegnandosi in una gara a chi le canta piú forti.

MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZIMICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI

 

Cuperlo riesce ad andare per primo al microfono e affonda: «Tu non fai le riforme che sarebbero necessarie, non ti stai mostrando in questa fase all' altezza del ruolo che ricopri. Non mostri la statura di un leader, anche se a volte coltivi l' arroganza dei capi».

 

Speranza, quando finalmente conquista il podio, tenta di superare Cuperlo a sinistra: «Prendi coscienza - grida accorato al premier - che c' è un popolo intero di sinistra che non capisce più dove stiamo andando. Ci saranno le amministrative, il referendum, e dobbiamo provare a dar loro risposta».

 

Di lì a poco i due verranno battuti con 98 voti pro Renzi contro 13 a loro favore, ma intanto la dichiarazione di guerra è sul tavolo e il premier è avvertito: in campagna elettorale la minoranza remerà contro, anche sul referendum no-triv.

roberto speranzaroberto speranza

 

Renzi ribadisce la linea pro-astensione, cita Prodi secondo cui il quesito è «un suicidio», ma lascia libertà di voto: «Volete dire sì all' abrogazione di quella norma? Fatelo». Peccato, ricorda agli esponenti della minoranza, «che l' abbiate votata voi, in Parlamento».

 

 

2. QUEI 13 NO PESANTI AL «CAPO» - CUPERLO: ARROGANTE, NON LEADER L’AGGUATO SPIAZZA IL PREMIER

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera

 

roberto speranza eugenio scalfariroberto speranza eugenio scalfari

Nella sala che si va svuotando rimbalzano ancora gli echi dello scontro tra Renzi e la minoranza, quando le mani dei contrari scattano verso l’alto. Speranza, Cuperlo, Bersani, Epifani, Stumpo, Zoggia, Agostini, Emiliano... Tredici no alla relazione di Renzi, dopo l’ordine del giorno con cui 24 esponenti dell’opposizione interna avevano messo a verbale la loro divergenza. «Coltivi l’arroganza del capo, ma ti manca la statura del leader», lo aveva punto nell’orgoglio Gianni Cuperlo. E Roberto Speranza aveva bollato come «del tutto insufficiente» la segreteria di Renzi.

 

Giornata lacerante, per i dem. Una direzione che ha scavato ancor più il solco, proprio quando il leader sperava di ricompattare il partito per respingere «l’assalto esterno». E invece l’attacco al capo arriva dalla «ditta» ed è così duro che, raccontano, Renzi proprio non se lo aspettava. «Ha subìto il colpo, abbiamo menato forte e abbiamo vinto noi» esultano le voci della minoranza, «siamo stati durissimi e Renzi, invece di asfaltarci, ha replicato balbettante...».

 

PRIMARIE PD BERSANI CON TOMMASO GIUNTELLA ALESSANDRA MORETTI ROBERTO SPERANZA jpegPRIMARIE PD BERSANI CON TOMMASO GIUNTELLA ALESSANDRA MORETTI ROBERTO SPERANZA jpeg

A conferma che «l’agguato», organizzato alla Camera in una riunione riservata all’ora di pranzo, ha spiazzato il premier ci sono gli interventi degli uomini a lui più vicini. C’è Gentiloni che addebita a Cuperlo e Speranza «la sindrome dell’usurpatore», che sta portando il Pd «al limite della possibilità di convivere».

 

E c’è il sottosegretario De Vincenti, che non è in direzione eppure chiede la parola per rivendicare come «sacrosanto» l’emendamento di Tempa Rossa, che ha costretto alle dimissioni la Guidi e messo in difficoltà la Boschi. E poi, a Cuperlo e Speranza: «Non c’è stata nessuna notte degli imbrogli».

Paolo Gentiloni Paolo Gentiloni

 

Offeso per le parole di Renzi sulle correnti ridotte «a spifferi» e per l’accusa alla sinistra di aver distrutto l’Ulivo, il solitamente dialogante Cuperlo si è spinto fino a evocare la scissione: «Mi colpisce il tono e il luogo che hai scelto per dire queste cose, la scuola di formazione del Pd... Hai chiesto il voto per fare il segretario, ma non lo fai e spingi qualcuno a uscire. E io sento il peso di stare in un partito che sembra aver perso le proprie ragioni».

 

Speranza non è stato più tenero quando ha detto «avevamo un partito senza primarie, ora rischiamo di restare con le primarie senza più il partito». Tanta veemenza si spiega anche con gli umori scatenati dall’inchiesta su affari e petrolio. «Nella mia regione su questa roba c’è la rivoluzione francese», ha detto ai suoi Speranza, che è nato in Basilicata e deve scacciare i sospetti che qualcuno al governo lavori per gli «affari di famiglia».

 

claudio de vincenticlaudio de vincenti

Renzi, nella replica, è stato attento a non soffiare su un incendio ormai divampato, tanto da stupire tutti con un grazie ai predecessori, «Walter, Pier Luigi, Dario, Guglielmo». Ma Emiliano ha menato fendenti fino a sera. Il leader lo ha spronato a studiare? E il presidente della Puglia lo ha accusato di parlare «come i petrolieri».

 

Alla fine, quando è toccato a lui respingere le «critiche cattive» sul giglio magico come «una enclave che decide per i fatti propri», Renzi si è rimboccato stancamente le maniche e, pur apprezzando «la franchezza di Gianni», ha definito «profondamente ingiusto questo spararsi addosso». E poi, con un mix esplosivo di rabbia e affetto, si è rivolto a Emiliano: «Io un venditore di pentole? Michele, non hai bisogno di frasi tanto volgari... Tu sei meglio di così».

 

 

 

 

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