FINI È L’AGO DELLA PATONZA - GIANFRY HA IN MANO IL DESTINO DEL BANANA: SOLO LUI, IN QUANTO PRESIDENTE DELLA GIUNTA SUL REGOLAMENTO, PUÒ DECIDERE SE E COME FAR RIVOTARE IL PROVVEDIMENTO BOCCIATO IERI - IL VOTO SUL BILANCIO NON È UNA LEGGE QUALUNQUE: SENZA RENDICONTO GENERALE SI RISCHIA LA FINE DELLA GRECIA, PERCHÉ LE DUE MANOVRE CORRETTIVE NON POSSONO ESSERE RECEPITE - LANZILLOTTA PER TUTTI: IL GOVERNO NON PUÒ NON DIMETTERSI, E SARÀ IL NUOVO GOVERNO A RIPRESENTARE I CONTI…

Fabio Martini per "La Stampa"

Per una di quelle nemesi di cui è piena la storia, il destino del governo Berlusconi questa mattina sarà in buona parte affidato alle decisioni del Presidente della Camera, quel Gianfranco Fini che politicamente parlando è stato - ed è uno - dei più decisi avversari del premier, ma che nella sua veste istituzionale è chiamato all'imparzialità più assoluta, un requisito che sinora nessuno ha messo in discussione.

Decisione delicatissima quella alla quale è chiamato Fini, anche perché a caldo, quando l'aula aveva appena bocciato il primo e decisivo articolo del Rendiconto generale dello Stato, proprio il presidente della Camera (davanti ai capigruppo) aveva annunciato: «E' un caso senza precedenti». Che fare? Si può stare per sei mesi senza rendiconto e senza aggiustamento di bilancio? O alla fine, con un gioco delle parti, si approderà ad un miracoloso escamotage che salverà capre e cavoli?

E' chiamata a deciderlo questa mattina la Giunta per il Regolamento della Camera, che però si trova in una situazione davvero originale: per effetto degli spostamenti già consumati nel corso della legislatura, maggioranza e opposizione sono in perfetto equilibrio (sei a sei) e dunque, alla fine, una decisione dovrà prenderla proprio Fini, che è al tempo stesso presidente della Camera ma anche della Giunta per il regolamento.

Ieri sera, dopo la clamorosa bocciatura, è iniziato un lavoro febbrile sia a Montecitorio che a palazzo Chigi, per studiare, da una parte i precedenti, dall'altra i possibili rattoppi. Dall'entourage del premier sono uscite le ipotesi più diverse. Quella di un maxi-emendamento. Quella di chiedere la fiducia alle Camere e poi correggere il provvedimento bocciato ieri.

Anche se probabilmente la soluzione che proporrà Gianfranco Fini è un'altra ancora: invitare il governo a deliberare di nuovo in Consiglio dei ministri l'approvazione del Rendiconto, facendo ripartire la legge dal Senato, dove era stata già approvata. Dunque, l'espediente, per quanto spericolato sia, alla fine si troverà, ma intanto quel che ieri è stato deciso a palazzo Chigi è il "corredo" concettuale e retorico che accompagnerà l'escamotage: non si può lasciare lo Stato senza rendiconto sotto il fuoco della speculazione internazionale.

Nella Giunta, le opposizioni faranno valere le ragioni politiche espresse a caldo dai big - Bersani, Casini, Di Pietro - che hanno invocato all'unisono le dimissioni del governo. Ma in questa occasione le ragioni della politica sono destinate ad essere sorrette da ragioni giuridiche e di principio, in privato riconosciute anche dai parlamentari della maggioranza.

Dice un'"autorità" in materia come Linda Lanzillotta, dell'Api, già ministro e segretario generale a palazzo Chigi: «Si è aperta una crisi istituzionale senza precedenti: senza il rendiconto del 2010 non si può procedere nemmeno all'approvazione dell'assestamento di Bilancio del 2011», che recepisce gli effetti delle manovre estive e dunque, così stando le cose, «si paralizzerebbe il funzionamento dell'Amministrazione dello Stato». Conclude Lanzillotta: «Naturalmente lo Stato non può fermarsi, ma al tempo stesso non può essere ignorato il voto del Parlamento e dunque «il governo non può non dimettersi e quello nuovo presentare il rendiconto».

Sarà questa la linea di tutta l'opposizione. Che anche stavolta terrà un filo diretto col Quirinale, che da par suo renderà impraticabili tutte le scorciatoie giuridicamente insostenibili, alcune delle quali sono state immaginate a caldo, subito dopo il voto. Come il maxiemendamento che avrebbe riassorbito il voto negativo ma violando il principio "ne bis in idem", mai votare due volte la stessa cosa.

E infatti il vertice del Pdl, che si è svolto ieri notte a palazzo Grazioli, ha scartato il maxiemendamento, ha esaminato tutte le soluzioni tecniche ma la decisione finale verrà presa questa mattina poco prima della riunione della Giunta per il regolamento.

 

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