maurizio leo

FISCO INFERNO PER IL GOVERNO DEI PATRIOTI – IL MEF CORRE AI RIPARI SUL PASTICCIO DEGLI ACCONTI IRPEF, CALCOLATI CON LE VECCHIE QUATTRO ALIQUOTE ANZICHÉ CON LE TRE NUOVE PREVISTE DALL’ULTIMA RIFORMA – IL VICEMINISTRO MELONIANO, MAURIZIO LEO, DEVE METTERCI UNA PEZZA CON UN INTERVENTO DA 250 MILIONI DI EURO, PER EVITARE PENALIZZAZIONI AI CONTRIBUENTI IN VISTA DELLA PROSSIMA DICHIARAZIONE DEI REDDITI, DOPO LA DENUNCIA DELLA CGIL…

Estratto dell’articolo di Paolo Baroni per “La Stampa”

 

MAURIZIO LEO GIORGIA MELONI

Sul pasticcio dei prossimi acconti Irpef, calcolati con le vecchie 4 aliquote Irpef anziché con le tre nuove previste dall’ultima riforma, il governo corre ai ripari. Dopo la denuncia della Cgil, che ha segnalato il rischio che lavoratori dipendenti e pensionati chiamati a presentare il modello 730 debbano pagare da 75 a 260 euro in più, sarebbe in arrivo un intervento del governo, per un ammontare di circa 250 milioni di euro.

 

A quanto apprende l'agenzia Agi, infatti, il vice ministro dell'Economia Maurizio Leo sarebbe pronto ad effettuare questo correttivo. L'obiettivo del governo, viene riferito, sarebbe quello di fare in modo che non ci siano in alcun modo penalizzazioni per i contribuenti.

 

ACCONTO IRPEF - SIMULAZIONE CGIL

Nei giorni scorsi la Cgil aveva denunciato che per il calcolo degli acconti relativi ai periodi d'imposta 2024 e 2025 si continueranno ad applicare aliquote e detrazioni non più in vigore dal 2024. Già in fase di redazione del provvedimento sarebbero stati sollevati dei dubbi da parte dei tecnici sulla copertura del provvedimento [...]

 

«Relativamente all'applicazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, sono pervenute segnalazioni da parte di alcuni Caf, riportate anche dagli organi di stampa, in merito a un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti che verrebbero gravati dell’onere di versare l’acconto Iperf per l'anno 2025 anche in mancanza di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto» spiega in una nota il ministero dell’Economia dandola sua versione dei fatti.

 

MAURIZIO LEO - GIANCARLO GIORGETTI - FOTO LAPRESSE

In particolare, il predetto maggior onere fiscale deriverebbe, secondo l'interpretazione riportata dai CAF, dall’applicazione della disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 216, che, prevedendo la riduzione dal 25 al 23 per cento dell'aliquota Irpef per i redditi da 15.000 a 28.000 euro e l’innalzamento della detrazione di lavoro dipendente da 1.880 euro a 1.955 euro, ha stabilito che tali interventi non si applicano per la determinazione degli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025 per i quali si deve considerare la disciplina in vigore per l’anno 2023.

 

RIFORMA DEL FISCO

Al riguardo, il Mef «premette che l'incongruenza evidenziata dai Caf deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati in una prima fase modificati in via temporanea, per un solo periodo d'imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025.

 

Inoltre, si fa presente che con la disposizione in questione si intendeva sterilizzare gli effetti delle modifiche alla disciplina Irpef soltanto in relazione agli acconti dovuti dai soggetti la cui dichiarazione dei redditi evidenziava una differenza a debito di Irpef, in quanto percettori di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto».

 

[...]

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni foto lapresse.

«C’è stato un errore: da qui a giugno si sistema l'errore. Questo è quello che deve fare un paese civile» ha spiegato ieri il presidente della commissione Attività produttive della Camera Alberto Gusmeroli (Lega) intervistato da Restart su Rai3 ammettendo che l’esecutivo ed il Parlamento nell’approvare il decreto legislativo del 2023 che faceva partire il primo modulo della riforma fiscale si sono «dimenticati di una norma precedente». [...]

maurizio leo conferenza programmatica fdi pescaraIRPEF - TASSE

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…