FRECCERO, GRASSO, SINIBALDI SULLA CHIUSURA DELLA TV DI STATO GRECA - VA IN ONDA IL FALLIMENTO DELL’EUROPA E DEI SERVIZI PUBBLICI

Marianna Rizzini per "il Foglio"

La televisione (e radio) pubblica greca chiusa dal governo di Antonis Samaras nel quadro delle privatizzazioni imposte dai vincoli con la Troika, il licenziamento dei duemila e ottocento dipendenti, l'annuncio della creazione di un nuovo ente dopo l'estate, la gente che scende in piazza e la riflessione sul filo del dilemma: atto di forza o atto di necessità, tragedia o opportunità (o entrambe le cose legate in un unicum inscindibile)?

Poi c'è il lato psicologico: che cosa succede nello spettatore messo di fronte all'idea dello "spegnimento" della tv ormai diventata personaggio abituale, voce di sottofondo, entità antropomorfa (in Grecia ci sono le tv private, ma l'annuncio della chiusura di Ert, la tv pubblica, la tv "di casa", ha creato il panico da apocalissi anche nelle famiglie non coinvolte dai licenziamenti).

"Simbolicamente è un'immagine feroce e potente, lo schermo senza segnale" - dice Carlo Freccero, direttore di Rai4 e storico facitore di tv - "come fosse il prodromo della retrocessione a un mondo pre-elettricità e pre-computer". "E' come tornare al 1940, come essere rispediti alle pagine di Charles Dickens. E' come nel nuovo telefilm americano ‘Revolution', la serie in cui un blackout elettrico fa tornare all'Ottocento gente che viveva attaccata al computer, gente non abituata alle privazioni del mondo preindustriale".

Per Freccero il risvolto "più crudele", dal punto di vista simbolico, è proprio "l'improvviso strappo, l'idea di essere privati del virtuale e dello spettacolo, considerati parte della quotidianità, cosa ancora più impensabile per le generazioni nate con la tv". Il monoscopio nero da tv che non trasmette, dice Freccero, "è l'accusa più forte contro le politiche di austerità europee: guardate come ci avete ridotti, è il sottotesto.

E' l'opposto del salto temporale degli anni Ottanta, quando eravamo, con la tv, con i telefilm, sullo stesso fuso orario dell'America. La sensazione, adesso, è di scivolare a ritroso: un angoscioso film di fantascienza". A Radio3 sono due giorni che ci si interroga sul tema della chiusura di Ert, nel corso del programma "Tutta la città ne parla", con conclusioni non univoche dei radioascoltatori e degli ospiti, critici verso la decisione greca ma anche consapevoli della necessità di "riformare" il servizio pubblico (parlano della Grecia pensando all'Italia).

Il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi pensa che il servizio pubblico "vada difeso perché è parte del pluralismo e non negazione di esso, specie in un momento di smarrimento dell'opinione pubblica: generare nuovi fenomeni di disgregazione e parcellizzazione può essere più pericoloso di un deficit di bilancio". Sinibaldi ha visto le immagini provenienti da Atene invasa dai manifestanti e ha ripensato ai tempi della chiusura di Radio Alice nel 1977: "Non è mai una buona notizia quando viene chiuso un mezzo di comunicazione.

Dopodiché il servizio pubblico va rifondato e rimotivato in una duplice direzione: ridare fiducia agli utenti, dimostrando di essere credibile e di non essere incline a sprechi, e liberarsi dal vincolo della politica. Il caso greco esalta il vincolo negativo con la politica: così come la politica non dovrebbe decidere il direttore del telegiornale, non dovrebbe neppure poter chiudere un'emittente. Mi sembra, quella greca, una misura partitica più che politica, una misura che suggella l'abbraccio mortale con la politica invece di scioglierlo".

Chi cerca un precedente "fa fatica", dice il critico Aldo Grasso: "E' avvenuto spesso il contrario: si sono viste tv ‘liberate' dall'opposizione a un governo sgradito o a un regime, ma non uno stato che chiudesse la sua tv".

"Mette sempre tristezza lo spegnimento di una tv", dice Grasso, "ma è vero che anche il servizio pubblico greco, come tutti i servizi pubblici, viveva su un paradosso incredibile: da una parte c'è un mostro creato dalla politica e tenuto in vita dalla politica, dall'altra c'è una politica che per rigenerarsi uccide quello stesso mostro, come in un lavacro simbolico.

Se non ci fosse di mezzo il dramma di più di duemila famiglie, farei il ragionamento che faccio da anni a proposito della Rai: bisognerebbe avere il coraggio di chiudere e reinventare. Spesso, purtroppo, i servizi pubblici sono irriformabili". Intanto l'Usigrai, con la Federazione nazionale della stampa, annuncia "una mobilitazione dei giornalisti italiani contro la decisione del governo greco". E Beppe Grillo, dal suo blog, si scaglia contro la Rai, "megafono" e "finanziamento occulto dei partiti".

 

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